Vino italiano, sale l'export

Era un dato sperato, atteso e fortemente voluto. Il vino italiano a differenza di molti prodotti che con la crisi hanno visto un calo vertiginoso, regge, anzi cresce nel suo fatturato e vola letteralmente all’estero regalando respiro ai produttori e a tutti coloro che hanno duramente lavorano nel settore e che temevano perdite.

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Il vino italiano, ricco comparto del nostro paese, fronteggia la crisi e vola con l’export. 

Ma facciamo un passo indietro, negli ultimi dieci anni il settore del vino è cresciuto in modo esponenziale. Secondo Datamonitor (azienda che internazionale che fornisce analisi di mercato sui consumi) il settore del vino manterrà questa crescita in salita anche nei prossimi dieci anni.

E’ quanto di più roseo potessimo aspettarci come previsione.

Secondo i dati sull’Osservatorio del vino, i risultati più interessanti dividono il comparto in quattro settori di analisi:

  • superfici vitate
  • produzione
  • consumi
  • import/export

Superfici vitate e vino

Secondo i dati del 2020 il mercato del vino per superficie vitata è letteralmente in mano alla Spagna che copre 960.578 ettari di coltivazione destinando la maggior parte della sua superfice alla vitis vinifera e alla produzione di vini di qualità oltre che a quelli da tavola. 

Segue la Francia, storicamente grande produttrice di vino. 

Fin qui tutto regolare, quello che ci sorprende è invece la Cina. Sì avete sentito bene, la Cina, che non è nota per la produzione di vino di qualità, ma con 300.000 ettari di superficie vitata, è cresciuta in dodici anni dal 2004 al 2016 del 72% affermandosi principalmente nella produzione di uve da tavola. 

In questa classifica l’Italia, storica patria del vino dopo la Francia, arriva quarta. Anche l’India destina i suoi terreni alla produzione di uva, e come per la Cina per lo più da tavola. 

La Nuova Zelanda già da diversi decenni sul mercato mantiene la crescita costante.  

New entry la Russia, grande consumatrice, che comincia a interessarsi anche ad una produzione locale, sfruttando le conoscenze di enologi provenienti dall’Europa per trovare i terreni dalle caratteristiche pedoclimatiche più votati.

I produttori di vino

La classifica dei paesi produttori “più produttivi” resta in mano all’Italia, che già nel 2018 raggiungeva 55 milioni di ettolitri prodotti. Seconda la Francia con 49 milioni, terza la Spagna. 

Tra i paesi “emergenti” nel settore restano costanti gli Stati Uniti con la California in testa, mentre qui la Cina cala, complice la politica Americana sui dazi e la storica concorrenza straniera di paesi come il nostro e come la Francia con maison di lusso e vini blasonati irripetibili.

I consumi del vino

Chi sono i paesi che comprano di più?

I migliori consumatori vedono tra i paesi in testa la Cina con 27 miliardi di litri consumati attualmente (il paese con il miglior fatturato enologico). 

Con una prospettiva quasi di raddoppio prevista nei prossimi dieci anni, ovvero un’ipotesi di spesa nel vino pari a 57 miliardi, la Cina potrebbe diventare il maggior consumatore di litri di vino nel mondo.

In Cina si acquista di tutto anche i rosati che altrove hanno avuto una leggera flessione.

Chi domina la scena invece nello specifico consumo di vini bianchi sono gli Stati Uniti, seguiti dal Canada, Giappone, Repubblica Ceca e Paesi Bassi.

Le bollicine hanno successo in Italia, Stati Uniti, Inghilterra, Giappone, Belgio, Brasile e Polonia.

I rossi oltre che in Cina soprattutto negli Stati Uniti.

Se entriamo nel dettaglio per Regioni l’Italia, vede la Lombardia come la regione con il maggior consumo di vino, seguita dal Lazio e dal Veneto. La Puglia sta migliorando la sua performance, si pensa che diventerà anche per consumi molto promettente.

Il dato sull’età incide relativamente, ma è curioso. Il consumatore italiano medio ha più di 65 anni pari al 26% del totale, seguito dagli ultra quarantenni tra i 45 e i 54 anni con il 20%. Il 19% è coperto tra i 28 e 34 anni. Il restante è misto. Il maggior consumo di vino è domestico durante i pasti, seguono il settore Horeca e la GDO.

Previsioni interessanti ci dicono che potrebbero essere Polonia, Russia, Messico e Svezia i paesi in crescita di consumo nei prossimi anni. Anche gli Stati Uniti prevedono un +12% al pari con la Germania. Unica in calo probabilmente la Francia con un -6,5%. Mentre l’Italia crescerà di un +6%.

Import e Export

Quali sono i paesi che esportano di più? 

I maggiori esportatori sono Italia e Francia. 

La Spagna nonostante abbia vini meno costosi anche se di tutto rispetto, non riesce a competere con i grandi nomi Italiani e Francesi, storicamente ineguagliabili. 

Orgoglio del Made in Italy nel mondo: Chianti, Brunello di Montalcino, Barolo restano imbattibili. Così come Champagne, Borgogna e Bordeaux si contendono l’export Made in France. 

In Italia il Chianti Docg nel 2019 secondo il Consorzio Vino Chianti ha ufficializzato un milione di bottiglie in più vendute nel mondo il 6,3%. Una crescita che si sostiene in costante salita dal 2013, merito del marketing ma diciamolo anche dell’impegno dei produttori nella qualità del prodotto.

Chi compra di più questi prodotti? 

Gli Stati Uniti sono i migliori importatori nonostante producano in casa in zone come Napa Valley o Mendocino Chardonnay e Pinot Noir, o nell’Oregon e nel Washington State con il Cabernet sauvignon. Coprono il 17 % degli acquisti, poi vengono Cina e Inghilterra

Complice l’aumento dei dazi, nel 2019 ad esempio (in anticipo sull’applicazione dei dazi) è stato registrato un accumulo di scorte da parte degli statunitensi pari a 5.5 miliardi di importazioni.

Le bollicine provenienti dalle cave della zona di Reims della Francia vincono su tutti e anche sugli spumanti italiani metodo classico che in ogni caso riscuotono il loro successo oltre che in Italia anche nell’est Europa difendendosi bene.

La Spagna terza nell’export, vende comunque bene, ma più vino sfuso e l’Inghilterra è il primo compratore dello stesso.

Chi importa il vino Italiano?

Tra il 2018 e il 2019 in primis gli Stati Uniti. Vengono poi la Svizzera, il Canada, il Giappone, la Cina, la Norvegia, l’Australia, la Corea del Sud, Brasile e addirittura Hong Kong.

Se pensiamo che la Cina sia un buon partito, lo è certamente perché è ancora da “conquistare”. In Cina negli stessi anni di riferimento, abbiamo coperto solo il 6% del mercato di importazione. Per capirci l’Australia copre con i suoi vini il 35% dei consumi cinesi, superando anche di gran lunga i francesi e il loro Champagne. 

Chi ad esempio ha ridotto l’importazione di vino italiano è la Germania che ha visto un calo del suo Pil negli ultimi 6 anni. Oltre ad essere di manica “stretta” - il prezzo medio che un tedesco è disposto a pagare per una bottiglia di vino è di poco più di 3,00 euro, questo per noi è il prezzo medio di un vino da tavola e non certo di una Docg o di una Doc - è la crisi, la contrazione dei consumi il fattore determinante.

Chi promette bene sono paesi “nuovi”, scarsamente propensi all’acquisto di vini negli anni passati, oggi grazie a buoni accordi internazionali, si affacciano al mercato e possono essere “terra di conquista” appetibile, come ad esempio la Corea del Sud e l’Est Europa. 

Soprattutto in questi ultimi paesi si concentra la vendita di Prosecco italiano che ha registrato un vero e proprio boom di vendite. Ma il Prosecco prodotto da vitigno glera, piace ovunque e registra un +17% di esportazioni, forse grazie anche alla versatilità del prodotto che permette anche piacevoli abbinamenti con i cocktail.

Una nota positiva la registra anche l’Asti Spumante da anni, uno dei vini tra i più venduti al mondo, che insieme al Moscato d’Asti chiude il 2020 con 91 milioni e 590 mila bottiglie vendute rispetto alle 84 milioni di bottiglie dell’anno precedente. + 8,4 % con gli Stati Uniti che ne hanno comprato 28 milioni. Anche l’Europa ama l’Asti spumante +55% di acquisti, prima tra tutti l’Inghilterra. La Russia ne ha comprate 11 milioni.

Chi sale e chi scende

Le previsioni rincuorano i produttori Italiani e i consumatori. Il vino Italiano piace e resta in cima anche grazie alle venite online, ma soprattutto ai rapporti internazionali tra i paesi.

Nei prossimi anni i paesi che verranno penalizzati nella vendita del vino saranno la Francia e la Germania che prevedono una riduzione della spesa da parte dei rispettivi consumatori. Anche Spagna e Portogallo potrebbero calare. Si ipotizzano flessioni anche del 16% nei prossimi quattro anni.

Di poco caleranno gli Stati Uniti, con un punto percentuale, mentre saliranno più del doppio i Cinesi, che raggiungeranno almeno il 20% nel mondo. Quindi occhi puntati verso l’Asia.

Infine, una piccola nicchia interessante che merita una particolare attenzione è il mondo del vino biologico e biodinamico anche loro in crescita. 

La richiesta di biologico è aumentata, così come la sua produzione, siamo intorno al 5% del vigneto mondiale certificato bio.

Italia, Francia e Spagna producono di questo 5%, il 72% del totale, di cui l’Italia è per estensione la protagonista. I migliori mercati destinatari sono i paesi del nord Europa, Finlandia e Svezia e sempre gli Stati Uniti molto attenti al tema naturale.

Per chiudere è curioso anche come da noi un Amarone spopoli (vino che raggiunge mediamente i 15% di gradazione alcolica) mentre in Nuova Zelanda la tendenza stia nella bassa gradazione alcolica e come la Svezia punti al vino analcolico. 

Ci sono anche l’equosolidale amato dagli Inglesi e l’ecosostenibile prediletto da Spagnoli e Portoghesi.

E come diceva Leonardo da Vinci:

Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni.

Anche a noi il vino piace, viviamo in un paese bellissimo dove lo produciamo e siamo orgogliosi che il nostro vino piaccia anche al resto del mondo. 

Visti questi numeri non ci resta che brindare!