Le migliori docuserie italiane targate Netflix, ecco i titoli da non perdere

Ecco le migliori docuserie italiane su Nextflix (e non solo), da non perdere: storie che hanno segnato il nostro Paese e spaccato a metà l'opinione pubblica.

Se siete amanti delle docuserie e degli eventi che hanno scosso il nostro Paese e spaccato in due l’opinione pubblica, allora siete nel posto giusto, al momento giusto. In questo breve articolo andremo a scoprire quali sono le migliori docuserie italiane targate Nextflix (e non solo), da non perdere assolutamente. 

Le migliori docuserie italiane su Netflix – WANNA

Wanna è disponibile su Netflix dallo scorso 21 settembre ed è una docuserie di quattro episodi che tratta della storia della regina italiana delle televendite: Wanna Marchi. Il piccolo documentario mostra la sua ascesa e il suo rovinoso declino, tutto davanti alle telecamere, insieme alla figlia Stefania Nobile, che negli anni era diventata collaboratrice della madre. 

Wanna entrò nelle case e nel cuore degli italiani fin da subito vendendo cosmetici e prodotti dimagranti. Ciò che contraddistingueva la Marchi dagli altri televenditori era il modo di fare: era davvero molto aggressiva e diretta, tanto diretta che nel 2022 sarebbe stata accusata di body shaming per i troppi “lardosa” urlati in diretta alle sue potenziali acquirenti. 

Nonostante il personaggio bizzarro e il modo di fare discutibile, Wanna era diventata la top player delle televendite, ma il successo non durò molto, perché così come salì in paradiso, cadde all’inferno grazie ad una nuova tipologia di prodotto venduta, o meglio, non-prodotto: la fortuna

Le creme “sciogli pancia” o contro le rughe lasciano spazio al sale contro il malocchio e agli amuleti porta fortuna, venduti con l’aiuto del Maestro di vita Do Nascimento.

Questa nuova geniale macchina da soldi, però, si rivelò nel tempo una vera e propria truffa a danni di centinaia di migliaia di persone e si concluse con l’arresto di madre e figlia e la fuga in Brasile del Mago.

Nel corso dei quattro episodi della docuserie vengono intervistati ex collaboratori, fornitori, centralinisti e clienti truffati, ma anche le stesse Stefania Nobile e Vanna Marchi; vengono mostrati, poi, i filmati di archivio di Rai, Mediaset, Telemontecarlo, delle piccole emittenti private e dell’inchiesta di Striscia la Notizia, fino al processo che la vede costretta a scontare nove anni e sei mesi di carcere.

Leggi anche: Wanna Marchi, arriva su Netflix la serie tv sulla vita: uscita e anticipazioni

SanPa: Luci e tenebre di San Patrignano

SanPa è una docuserie disponibile su Netflix dal 2021 in cui viene raccontata, in cinque episodi, la discussa storia della comunità di recupero di San Patrignano, che fu fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli. In questo documentario si ripercorre la storia della comunità dal ’78 al ’95, anno in cui lo stesso Muccioli morì.

In questi anni l’Italia stava combattendo contro un mostro che si portava via ogni giorno tanti, troppi ragazzi: l’eroina. Muccioli decise di mettere in piedi SanPa per salvare la vita a questi giovani, ma la comunità fu da subito al centro della bufera mediatica e processuale per i metodi attraverso cui i pazienti venivano tenuti lontani dalla droga. 

Al centro di tutto c’era lui: Muccioli, uomo tanto amato, quanto discusso. Mentre da un lato era elogiato per il suo continuare a lottare contro le droghe e per garantire ai giovani caduti nel baratro dell’eroina un pieno reintegro nella società, dall’altro era aspramente criticato per i metodi usati: le catene

SanPa: Luci e tenebre di San Patrignano riporta ben 25 testimonianze, anche degli stessi ospiti della comunità, ma non solo poiché la completano le 180 ore di interviste analizzate con le immagini provenienti da 51 archivi differenti, per raccontare la storia in modo fattuale e preciso. 

Guardare SanPa è sicuramente un’occasione unica per rivivere o per entrare a conoscenza di una storia che ha segnato un’epoca del nostro Paese.

Solo su Netflix la docuserie italiana Vendetta: Guerra nell’antimafia

Anche Vendetta è disponibile dal 2021 su Netflix ed è una docuserie incentrata sulla mafia, o meglio, sulla guerra nell’antimafia, in cui si raccontano le battaglie umane e processuali di Pino Maniaci, giornalista e fondatore dell’emittente TV Telejato, dove si denunciano i fatti di criminalità organizzata, e l’ex magistrato Silvana Saguto, Presidente della sezione Misure di Prevenzione e uno dei giudici più importanti sempre in prima linea nella lotta contro la mafia in Sicilia. 

Nella docuserie viene mostrato come le vite dei due si intrecciano nel 2013, dopo che lo stesso Maniaci inizia a condurre inchieste su alcuni episodi di corruzione che riguardavano rappresentanti della magistratura siciliana. Nello specifico, le inchieste si incentravano su alcuni comportamenti della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, con un focus sulla Saguto. 

Maniaci ha accusato l’ex magistrato di aver sequestrato beni (aziende) indebitamente, sempre sventolando la bandiera dell’operazione antimafia e anticorruzione, e addebitando compensi elevatissimi per l’amministrazione degli stessi, che solitamente toccava a qualche amico o conoscente. Nelle inchieste di Maniaci, inoltre, viene accusata l’ex magistrato di aver portato diverse aziende in bancarotta grazie anche al marito e ad alcuni collaboratori. 

Il giornalista di Telejato ribattezza questo cerchio come “la mafia dell’antimafia”, ma viene a sua volta accusato dalla Saguto di favorire la Mafia che lui stesso attaccava nei servizi e nelle inchieste. La procura di Palermo accusa nel 2016 entrambi i personaggi:

  • Maniaci per diffamazione ed estorsione, accusandolo di aver utilizzato un “metodo a tenaglia”, con l’obiettivo di calunniare o celebrare personaggi politici o mafiosi, dietro pagamenti in denaro;
  • a carico della Saguto, invece, c’erano ben 39 capi d’accusa, tra cui abuso d’ufficio, appropriazione indebita e corruzione. 

L’intento della docuserie è quello di fornire una visione oggettiva sull’accaduto, dai suoi esordi, alla conclusione delle indagini con i successivi verdetti di primo grado. Oggi la Saguto è stata condannata in Appello a 8 anni e 10 mesi, mentre Maniaci ha dovuto scontare una condanna di 1 anno e 5 mesi per diffamazione, mentre è stato assolto dall’accusa di estorsione.

Veleno su Prime

Veleno è una docuserie visibile su Prime e non su Netflix, ma racconta anch’essa una storia che ha shockato il nostro Paese, spaccando a metà l’opinione pubblica, anche perché i protagonisti dell’accaduto sono dei bambini.

Il documentario è tratto dal podcast che potete trovare su Spotify, con la voce di Pablo Trincia, e riporta la storia dei Diavoli della Bassa modenese, una serie di fatti avvenuti tra il 1997 e il 1998 nei paesi di Mirandola e Massa Finalese, seguendo e ricostruendo tutto l’iter investigativo e processuale.

Quando parliamo di “Diavoli della Bassa modenese” o “pedofili della bassa modenese” ci riferiamo a quella presunta setta che avrebbe organizzato dei riti satanici in chiese e cimiteri in cui sarebbero stati molestati e assassinati bambini. Tutto parte dal racconto di un bambino, chiamato nella docuserie il “bambino 0”, che parlò di cimiteri, abusi e riti. 

Dal bambino 0, poi, i racconti escono dalla bocca di un secondo bambino, poi, di un terzo, un quarto, fino ad arrivare a 16 bambini di età compresa tra 0 e 12 anni, che raccontavano tutti la stessa storia e che, di conseguenza, vennero allontanati dalle famiglie, senza mai farvi ritorno, mentre 20 persone furono accusate.  

La verità processuale, però, stabilì che non ci furono mai stati né riti satanici né omicidi di bambini, inoltre, venne ipotizzato che le tecniche di interrogatorio utilizzate dalle psicologhe sui bambini avessero portato ad una costruzione di ricordi falsati. 

Veleno ha spaccato in due l’opinione pubblica, anche perché alcuni bambini dichiararono anni dopo che tutto quello che avevano raccontato in tenera età alle psicologhe fu solo frutto di fantasia. 

La docuserie è composta in cinque episodi, in cui vengono riportati filmati di archivio, interviste ai genitori biologici dei piccoli e alle famiglie affidatarie, nonché interviste ai bambini, ormai adulti. 

Leggi anche: Alessandro Borghi è Rocco Siffredi in Supersex: tutto sulla nuova serie tv e quando esce

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