L’influenza dei social network nella vita di tutti noi è palesemente innegabile! Oggi è quasi impensabile non utilizzare i social come strumento quotidiano di comunicazione. Il web tiene il passo dietro i cambiamenti, sempre costanti e repentini. Di recente, infatti, c’è un fenomeno social che sta prendendo piede ogni giorno di più. Stiamo parlando di una vera e propria rivoluzione della comunicazione interattiva, un nuovo modo di trasmettere il proprio messaggio: il boom delle challenge!
Sarà capitato ad ognuno di noi, durante la giornata, mentre utilizziamo i nostri social, (primo fra tutti Instagram) di imbatterci nella visualizzazione delle cosiddette “sfide online”. Per capire come si è giunti al boom delle challenge, al punto tale che personaggi influenti e aziende hanno scelto di farne utilizzo, dobbiamo procedere per step così da conoscerne le dinamiche e i meccanismi.
Boom delle challenge: cosa sono e come nascono
La parola “Challenge” proveniente dall’inglese ha comunemente il significato di sfida. Questo termine, che è entrato con estrema facilità nel nostro lessico, offre una prima ed essenziale interpretazione del fenomeno social. Con il boom delle challenge intendiamo l’insieme di tutte quelle “competizioni”, contrassegnate con il simbolo #, nate tra gli utenti.
Di solito, la sfida viene lanciata da un content creator, ossia una persona che conosce molto bene le tecniche comunicative dei social e le utilizza per creare un contenuto stimolante per gli altri. La challenge si propone generalmente con la realizzazione di un brevissimo video/post, accompagnato da semplici linee guida, invitando gli altri a ripetere le stesse azioni, mettendo alla prova le capacità degli utenti stessi.
Queste sfide social sono comparse già tempo fa, ma solo adesso hanno raggiunto il successo. Per risalire alla prima challenge dobbiamo, infatti, tornare indietro con la memoria e soffermarci all’estate 2014. Quell’anno imperversò su YouTube la prima e storica challenge: la “Ice bucket challenge” che nacque però per il raggiungimento di uno scopo benefico, a New York.
L’Ice Bucket Challenge divenne in poco tempo un fenomeno non solo televisivo (grazie al sostegno di alcuni famosi giocatori di baseball) ma anche social tanto da mandare in tilt Twitter, creando appunto il primo boom delle challenge.
L’Ice bucket challenge consisteva nel versarsi una secchiata di acqua ghiacciata mentre qualcuno nel frattempo filmava. Di seguito, il protagonista della challenge indicava altri 3 nomi. In questo modo la challenge si rinnovava di volta in volta, creando una vera e propria catena di solidarietà. Oggi però la challenge assume una connotazione diversa: lo scopo benefico ha lasciato lo spazio a quello goliardico.
Attualmente sono poche le challenge che perseguono uno scopo solidale, l’intenzione è più quella di ottenere la riconoscibilità sui social network, intrattenendo gli utenti con leggerezza.
Boom delle challenge: i requisiti per la challenge perfetta
Ma cosa bisogna fare per realizzare una challenge? Il segreto della challenge di successo non esiste ma, osservando con attenzione ciò che ci viene proposto su Instagram e Tik Tok, possiamo evidenziare alcune caratteristiche che renderanno la challenge, sicuramente un fenomeno molto virale. In primo luogo è importante:
- Scegliere l’obiettivo di partenza: pensando ad un contenuto che migliori il proprio engagement, senza proporre qualcosa di troppo complicato.
- Stabilire la linea temporale: ovvero il tempo necessario per preparare e diffondere poi la challenge su Instagram o Tik Tok.
- Fare una selezione dei partecipanti: iniziando con un po’ di promozione, giocando di anticipo, per realizzare già un passaparola sulla rete.
- Analizzare i gusti degli utenti: proponendo al pubblico, composto da follower e seguaci, qualcosa che attiri l’attenzione, evitando così di essere totalmente ignorati.
- Inviare delle newsletter: per rafforzare il rapporto di fidelizzazione con gli utenti e aggiornarli sulle novità.
Il primo punto del nostro elenco è un requisito fondamentale, per realizzare una challenge coinvolgente. Nell’obiettivo iniziale ci sono infatti anche i motivi principali per cui si decide di lanciare una challenge, che possiamo sintetizzare in 3 ragioni:
- Desiderio di aumentare i follower, ossia il numero di utenti;
- Migliorare il coinvolgimento dei post, con lo scopo di interessare e divertire gli utenti;
- Bisogno di creare la propria autorevolezza affermandosi con una precisa identità su tutti i canali social.
Se la challenge accontenterà appieno le richieste esigenti del pubblico verrà rei-condivisa, rei-postata da tutti sui propri social network ed entrerà di diritto a far parte del già citato “boom delle challenge”.
Boom delle challenge: perché ha conquistato gli adolescenti
Un’osservazione più scrupolosa e vicina del fenomeno, ci mostra come il boom delle challenge abbia in realtà trovato terreno fertile, per diffondersi, tra i giovanissimi, che sono costantemente connessi. Alcuni studi scientifici, infatti, hanno riportato che la componente dell’intrattenimento sia la caratteristica che più cattura l’attenzione dei teenagers.
Le challenge, che come ricordiamo sono dei brevi video diventati in poco tempo virali, raccolgono moltissime visualizzazioni da parte degli adolescenti. I ragazzi sono affascinati da questi video, li cercano e li riproducono tra le più famose piattaforme: YouTube e TikTok.
Un altro elemento importante da sottolineare è il processo di identificazione che si innesca. In questa fase delicata, che ognuno di noi ha vissuto, si cerca di trovare i punti di unione con gli altri, per sentirsi parte integrante del gruppo. Le challenge, quindi, riescono in pochi istanti a far combaciare le passioni, gli stimoli e interessi in un pubblico assai diversificato; e lo fa posizionandosi sulla linea della sfida e del gioco.
Le competizioni via social, attivate dalle challenge, fanno molto gola ai giovanissimi, che si sentono spronati a voler superare i propri limiti, senza tener conto dei reali rischi nel compiere alcune azioni. L’ altra faccia della medaglia, infatti, ci rivela come in alcuni casi sia presente non solo l’ideale di appartenenza al gruppo ma anche la pressione psicologica di alcuni, nel non riuscire a portare a termine la challenge.
Come abbiamo già anticipato, la caratteristica della facile fruibilità alla challenge è la carica essenziale per renderla virale. Quanto più semplice appare la challenge tanto più noteremo adolescenti emularne le movenze. La sfida più importante per i teenagers è quello di raggiungere la notorietà a tutti i costi, proponendo un contenuto che sia visto molto di più rispetto quello degli altri.
Nascono quindi delle challenge di tendenza, una lotta a colpi di views, decretando gli eventuali vincitori e perdenti. Nel nuovo gergo giovanile, infatti, chi propone una challenge oramai passata di moda è da considerare come uno “sfigato” che diffonde “video cringe” (ossia di scarso interesse).
Boom delle challenge: i rischi nascosti dietro l’angolo
Le ultime news riportate dai quotidiani ci rendono consapevoli, mostrandoci una realtà non molto piacevole. Difatti, è in netto aumento il numero di persone che purtroppo perdono la vita a causa di una challenge svolta in modo estremo e pericoloso. I genitori sono dunque molto allarmati perché nonostante la vigilanza e l’impostazione del “Parental control” sui dispositivi elettronici è quasi certamente impossibile tenere d’occhio 24 ore su 24 i propri figli. Che fare in questi casi?
In unione con la scuola sono nate alcune iniziate volte a dare ai ragazzi tutti gli strumenti necessari per sfuggire alle persuasioni online delle challenge pericolose. Si stimolano gli adolescenti a praticare sport oppure a prediligere attività in cui prevalgono la collaborazione e lo spirito di squadra.
Anche la pressione psicologica può essere eliminata dando la possibilità ai ragazzi di esprimersi liberamente, guidandoli nella riflessione, senza preconcetti e atteggiamenti censori.
Il boom delle challenge estreme o anche “sfide social di coraggio” sono azioni che possono portare anche a conseguenze molto drastiche e irrimediabili. Ultimamente, i casi di cronaca hanno fatto luce su due tipi di challenge: la BlackOut Challenge e Hanging Challenge che spingerebbero “il partecipante” a stringersi una cintura attorno al collo e resistere il più possibile.
Nel video realizzato per Save the Children da Alessio Burcet, famoso su YouTube con il nome di Pika Palindromo, ci sono dei consigli utili soprattutto per contrastare il fenomeno nella sua accezione negativa.
Non ci sono evidenze ancora della presenza in TikTok (o in altri social) di questo fenomeno e quanto sia effettivamente diffusa, ma le challenges estreme creano suggestione nei ragazzi e nelle ragazze fino ad indurli ad azioni di autolesionismo, come: lo sporgersi dai palazzi, dai cornicioni, dalle finestre, scattando selfie pericolosi…
La mente dei ragazzi viene abilmente manipolata da persone all’apparenza affabili che influenzano negativamente interi gruppi di adolescenti attraverso i messaggi ad hoc.
Boom delle challenge: come i genitori possono intervenire
Il boom delle challenge può essere arginato come fenomeno, tra i più piccoli limitando l’accesso ad alcuni social network ai ragazzi con età inferiore ai 14 anni. Save the children, associazione che da anni è in prima linea per la tutela degli indifesi, ha esposto un vademecum sul proprio sito per dare alcuni consigli che qui riportiamo per intero:
- Occorre non dare per scontato il grado di autonomia che possono avere nell’uso delle tecnologie digitali e non avere paura di stabilire regole anche sulla condivisione delle attività e sui tempi di utilizzo.
- La gestione della propria identità online va supportata, soprattutto agli inizi della loro vita social, sempre cercando di non risultare invadenti.
- Parlare, interessarsi e prevenire sono le parole chiave, dunque, per evitare di trovarsi coinvolti in situazioni rischiose. Sebbene la pratica di verificare i contenuti a cui nostro figlio/figlia ha accesso possa essere un comportamento consigliabile nel caso dei più piccoli, facendone sempre oggetto di dialogo e come pretesto per spunti educativi, ciò potrebbe anche essere inutile e controproducente con gli adolescenti più grandi. Inutile per il moltiplicarsi di spazi, canali e “luoghi” virtuali a cui è possibile accedere con particolari abilità informatiche; controproducente perché allontana, lede la privacy a cui hanno diritto e soprattutto interferisce con una dinamica educativa basata sulla responsabilizzazione, la progressiva autonomia e la fiducia.
- Gli adolescenti vanno supportati nel riconoscimento e nella gestione delle proprie emozioni, nello sviluppo di autonomia, responsabilità e senso etico. Devono imparare ad esercitare il proprio pensiero critico anche quando sono online, quando cioè provare empatia per l’altro è più difficile, perché scatta un meccanismo di de-responsabilizzazione e di distacco. Devono sapere che se si ritrovano in una situazione più grande di loro, possono chiedere aiuto e possono chiederlo e riceverlo anche se si sono messi nei guai.
I social sono un potente mezzo, per questa ragione bisogna fare attenzione e utilizzarli con consapevolezza e criteri.