Privacy e smartphone: sicuro di essere tutelato?

Lo smartphone è lo strumento con il quale si passa la maggior parte del tempo. Per questo le aziende hanno capito che l'unico modo per comprendere le abitudini delle persone, è spiarle nella loro quotidianità. Attenzione alle autorizzazioni delle applicazioni scaricate nel telefono: potresti aver autorizzato a spiarti senza volerlo. Il tutto tramite l'uso del microfono del cellulare che funziona come registratore anche quando non si parla al telefono.

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Di pochi giorni fa, è la notizia che il garante della Privacy ha avviato un’istruttoria riguardo gli smartphone, praticamente tutti, che consentono le registrazioni tramite il microfono delle conversazioni dei possessori degli stessi, al fine di attuare una politica di profilazione dati che poi vengono rivenduti ad aziende che sono sempre in cerca di nuovi clienti.

Dove tutto ha inizio: problemi di privacy con il download delle applicazioni

Ogni volta che scarichiamo un’applicazione, tra le varie richieste che ci vengono fatte dall’applicazione stessa, vi è quella relativa ai dati in rubrica, ovvero dei contatti che abbiamo salvato nel cellulare.

Ogni smartphone, per funzionare ha bisogno che le applicazioni scaricate abbiano accesso alle funzionalità del sistema.

Ad esempio, l’applicazione Instagram, per funzionare correttamente ha bisogno di accedere alla rubrica dei contatti del telefono.

Altre applicazioni, necessitano invece dei servizi di geolocalizzazione in quanto improntate sulla ricerca di locali o attività da fare all’esterno.

Insomma, tutte o quasi le applicazioni che abbiamo installate sul telefono, per essere funzionanti richiedono l’accesso ai nostri dati, che siano i nostri contatti in rubrica o la posizione in cui siamo.

Problemi con le richieste dati: violazione della privacy?

I problemi con le applicazioni iniziano a sorgere nel momento in cui ci vengono richieste informazioni e, dunque, dati, che non sono attinenti l’utilizzo dell’applicazione medesima.

Un esempio potrebbe essere un’applicazione che utilizziamo come sveglia mattutina che, per essere installata, richiede l’utilizzo del microfono o di accedere alla rubrica dati.

Non vi è in questo caso una “coerenza” della richiesta che viene fatta, rispetto all’utilizzo cui l’applicazione è destinata: in questo caso la sveglia.

Ma perché dobbiamo stare attenti quando un’app che scarichiamo per un determinato utilizzo, ci chiede l’autorizzazione a prendere i nostri dati (contatti della rubrica telefonica, accesso alle foto etc) che nulla hanno a che vedere con l’utilizzo cui l’applicazione è destinata?

Semplice, perché non sappiamo dove vanno a finire quei dati, ovvero dove vengono salvati (il più delle volte in server localizzati all’estero in Paesi dove ci sono meno controlli e la legislazione è più elastica) e a chi vengono rivenduti e per quali scopi.

Non a caso la nuova frontiera del mercato è l’accesso ai dati degli utenti, milioni di dati che rappresentano l’oro digitale.

Occhio al microfono: smartphone vs privacy

E adesso veniamo al focus del problema.

Cosa succede quando diamo l’autorizzazione all’utilizzo del microfono del nostro cellulare?

Ma soprattutto, può un telefono registrare ciò che diciamo anche quando non siamo impegnati in una chiamata o videochiamata e, dunque, a telefono inattivo?

La risposta in quest’ultimo caso è si.

In generale, le due domande sono interconnesse nel senso che, una volta che concediamo ad un’applicazione di avere accesso al microfono, succede che gli spalanchiamo una porta di accesso alle nostre vite e acconsentiamo, a nostra insaputa, di essere spiati nella vita di tutti i giorni.

Semplice, il tutto passa dal microfono.

Microfono dello smartphone: una spia in tasca

Allora la prossima domanda sarà: ma se non parlo con nessuno e lo tengo in tasca, come fa il microfono a registrare ciò che dico?

Anche in questo caso, il microfono funge da spia in quanto non è necessario che sia in corso una conversazione con un interlocutore e questo perché è sufficiente aver dato l’autorizzazione ad utilizzare il microfono, nel momento in cui scarichiamo un’applicazione.

I nostri smartphone, forse gli strumenti più utilizzati nella storia dell’umanità per la loro poliedricità e la facilità d’uso, sono in realtà (anche) delle spie che vengono utilizzate per “monitorare” le nostre vite.

In questo caso, il monitoraggio avverrebbe per fini commerciali, ovvero per consentire alle aziende, cui i dati vengono venduti, di impostare le rispettive campagne pubblicitarie il più possibile tarate sul mercato di riferimento, ovvero: le persone.

Primo passo per la privacy: attenti a ciò che autorizzate

Come per molte cose che ci riguardano, siamo noi ad avere in mano le redini del gioco.

Ciò significa che anche nel caso degli smartphone, e delle applicazioni che installiamo, abbiamo la possibilità di evitare di essere spiati.

Si ma come?

Niente di più facile, anche per chi non è molto pratico.

Basterà seguire le istruzioni presenti nei rispettivi link, a seconda della tipologia di telefono utilizzato ovvero con sistema operativo iOs oppure Android.

Perché disattivare il microfono è così importante?

Disattivare il microfono o, ancora meglio, non concedere a priori l’autorizzazione a qualsivoglia applicazione di poter aver accesso al microfono, risulta essere una strategia vincente per la tutela della propria privacy.

Quanto meno risulta essere un piccolo argine rispetto ad una situazione generale dove, per svariati motivi, i nostri dati circolano in rete a prescindere.

Ma di certo, poter fare qualcosa nel nostro piccolo per evitare di regalare porzioni della nostra privacy a non si sa chi o quale azienda, rappresenta una piccola arma che abbiamo ancora a nostra disposizione per arginare un fenomeno irreversibile.

Bisogna sapere che nell’era della tecnologia, e dell’interconnessione, a farla da padrone sono i nostri dati, i dati e le informazioni di tutti noi.

Una miniera d’oro o meglio una miniera digitale da cui le aziende vogliono attingere per vendere i propri prodotti o per tracciare le abitudini dei consumatori secondo standard sempre più precisi, in maniera tale da proporre prodotti in linea con i desideri della gente.

Questa si chiama profilazione.

Profilazione dati: di cosa si tratta

I nostri dati rappresentano un valore per le aziende che fanno di tutto per poter ottenere maggiori informazioni possibili sugli utenti in rete e anche su quelli che in rete navigano poco.

In pratica la profilazione dati non è altro che una raccolta e successiva elaborazione dei dati al fine di creare delle categorie di utenti che vengono distinte le une dalle altre in base ai comportamenti degli utenti stessi.

Effettuata questa classificazione in base alla raccolta dei dati, è possibile strutturare campagne pubblicitarie sempre più specifiche e con target precisi, in grado di arrivare alle persone che, ad esempio, verso un determinato prodotto o categoria merceologica hanno mostrato interesse.

La nuova frontiera del merchandising si gioca proprio su questo terreno dove i dati rappresentano un valore per le aziende in quando dai dati riescono a comprendere i comportamenti delle persone, le loro abitudini di spesa, i luoghi che frequentano più spesso e via dicendo.

Microfono attivo: via libera alla raccolta dei dati

Quando parliamo al telefono con un nostro interlocutore o semplicemente quando il telefono è inattivo perché non lo stiamo usando, le conversazioni che facciamo con altre persone presenti nel medesimo ambiente vengono registrate dal microfono.

Queste registrazioni confluiscono in una banca dati e sono a disposizione dell’azienda di turno per gli usi più disparati.

Spesso ci sarà capitato di conversare con un amico a proposito di un viaggio che ci sarebbe piaciuto fare o di un paio di scarpe che avremmo voluto comprare.

In seguito, inspiegabilmente (anzi no visto che i motivi son ostati esplicati nel presente articolo) ci appariva sul cellulare una pubblicità proprio di quel paio di scarpe o di offerte verso quella specifica meta oggetto della nostra precedente conversazione.

Ebbene, non era un caso e nemmeno una coincidenza isolata.

Era il nostro cellulare che, una volta prese le informazioni necessarie, tramite le aziende di merchandising, ci riproponeva sotto forma di messaggio o di pagina Facebook o altro ciò che, fino a poco tempo prima, era stato oggetto della nostra discussione.

Mistero svelato: altro che coincidenze

Insomma, il mistero è stato svelato e non ci sono affatto coincidenze in tutto questo.

Il nostro smartphone è, in questo caso, una vera e propria spia in quanto registra tutto ciò che diciamo ad uso e consumo delle aziende più disparate.

Ma c'è di peggio.

Finire nei database dei call-center che insistentemente ci chiamano, e che non rispondono mai alle domande su come hanno avuto il nostro numero.

finire direttamente nel dark web, ovvero quella rete internet in cui vengono acquistati dati per falsificare documenti d’identità al fine di commettere reati.

Oppure dati che vengono utilizzati per identificare possibili obiettivi sensibili per campagne di phishing (metodo che gli hacker utilizzano per rubare dati delle carte di credito o debito on-line).

Insomma, l’utilizzo di tutte queste informazioni che, ricordiamolo, provengono dal microfono del nostro cellulare, dà luogo ad una serie di situazioni che spesso hanno a che fare con la criminalità si internet.

Il Garante della privacy: dalla parte dei cittadini

Riavvolgendo il nastro dell’intera questione, si arriva al punto da cui tutto è nato, ovvero un’indagine condotta pochi giorni fa dal garante della Privacy, che ha allertato i cittadini sul fatto che i tramite il microfono dei cellulari, vengono raccolti dati.

I dati raccolti, così come vengono rivenduti alle aziende, possono finire in mano a gruppi criminali all’interno della rete per gli usi più disparati (spesso illeciti).

Ebbene il Garante della Privacy, in collaborazione con il Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche, ha appena avviato un’istruttoria volta ad indagare su molte di queste applicazioni che richiedono l’autorizzazione all’utilizzo del microfono, pur offrendo servizi che nulla hanno a che vedere con l’utilizzo del microfono.

Si cerca di capire se l’informativa che viene data ai clienti una volta che scaricano l’app, sia chiara e trasparente.

Il tutto nell’ottica di un uso più consapevole non solo dello smartphone in generale ma soprattutto delle applicazioni in esso contenute che, spesso, rappresentano un pericolo per la nostra privacy a favore di aziende o, peggio, di gruppi criminali senza scrupoli che operano nel “sottobosco” della rete internet.