Mondiale in Qatar: cartellino rosso per l’impatto ambientale (non solo aria condizionata)

L'aria condizionata negli stadi in Qatar per i mondiali di calcio rischia di creare problemi sotto tutti i punti di vista.

Anche se il mondiale di calcio 2022 in Qatar è appena iniziato, una cosa è già certa, ovvero che la grande ambizione del Qatar di migliorare la propria immagine e di assicurarsi potenti alleati internazionali anche attraverso lo sport si sta rivelando sempre meno realizzabile.

Nelle ultime ore, è un nuovo report dell’associazione a cui è affidato il controllo delle emissioni durante il mondiale (Carbon Market Watch), ad aver creato un nuovo motivo di polemiche.

Perché gli stadi in Qatar e la troppa aria condizionata rischiano di pesare a lungo sull’impatto ambientale (e sui calciatori)

Il Qatar è un piccolo stato fra potenti e grandi nazioni, che dopo il tentativo iraniano di conquista del Kwait nel 1990, ha intrapreso una serie di tentativi e di operazioni di marketing volte ad assicurarsi l’appoggio delle grandi potenze internazionali, in un processo che è passato anche attraverso lo sport.

L’operazione di sportwashing compiuta dal Qatar negli ultimi vent’anni si spiega dunque in questo modo. Ciò a cui forse il Qatar non era però preparato era l’attenzione con cui ogni sua mossa sarebbe stata studiata dall’esterno.

Le accuse di violazione dei diritti umani hanno infatti travolto il Qatar, e hanno dato vita a numerose manifestazioni che invitano al boicottaggio del mondiale. Ora però a queste accuse se ne aggiungono altre, di tipo ambientalista ed energetico.

Il Qatar aveva infatti assicurato un mondiale “carbon neutral“, ovvero con un impatto ambientale nullo o quasi. Tuttavia, alcune indagini più accurate hanno sollevato diversi dubbi sull’effettiva sincerità di queste dichiarazioni.

Ciò che bisogna inoltre tenere presente, in primo luogo, è come viene calcolato l’impatto ambientale totale degli stadi. Il calcolo funziona così: si prende il numero di giorni del torneo (dunque 28) e lo si divide per la durata che si suppone avranno gli stadi nel tempo.

Partendo da questo numero, gli organizzatori hanno riportato che la coppa del mondo costerà, in termini di emissioni, circa 0,2 megatonnellate di diossido di carbonio.

Ora, considerando che a Doha prima del mondiale si trovava un solo stadio, che il calcio non è particolarmente sviluppato in quella parte del mondo e che il Qatar è un paese piuttosto piccolo, si può supporre facilmente che i quattro stadi da 40.000 spettatori l’uno non verranno usati troppo spesso da qatarioti.

In questo modo, l’impatto totale arriva a 1,6 megatonnellate, secondo le stime di Carbon Market Watch.

Ma non è tutto: oltre all’impatto dovuto alla costruzione degli stati, ora è emerso anche come l’utilizzo dell’aria condizionata negli stadi non si dimostri affatto consapevole o attento alle problematiche ambientali.

L’aria condizionata è infatti sempre tenuta fra i 17 e i 20 gradi, nonostante all’esterno (tra l’altro, bisogna ricordare che gli stadi sono a tetto scoperto) le temperature si collochino fra i 17 e i 30 gradi.

Si potrebbe obiettare che correre 90 minuti a 30 gradi è insostenibile; vero, ma queste temperature troppo basse rischiano di volgersi a sfavore degli stessi calciatori, come dimostra il fatto che sia Sommer che Ervedi (Svizzera) si siano ammalati proprio per questa ragione.

Che dire poi dei tifosi equadoregni, che hanno lamentato il troppo freddo sugli spalti? Insomma, questa politica si sta dimostrando inadeguata da tutti i punti di vista.

Non solo aria condizionata: come questo mondiale si sta rivelando una continua contraddizione

L’impatto ambientale degli stadi e dell’aria condizionata non è però l’unico motivo che sta lasciando perplessi gli ambientalisti di tutto il mondo: il Qatar ha infatti deciso di costruire in mezzo al deserto la più grande coltivazione di suolo erboso al mondo, destinata proprio agli stadi.

L’idea di un’enorme e soffice tappeto erboso nel bel mezzo del deserto arabico è già di per se assurda, ma forse la supera in follia la pretesa che questa vegetazione avrebbe assorbito parte delle emissioni generate dal mondiale stesso.

Ciò che è veramente preoccupante di tutta questione, oltre ovviamente all’impatto ambientale in se, è però il grado di opacità e di spregiudicatezza con cui è stato portato avanti.

L’idea che sembra emergere sia dalla violazione dei diritti umani che da questi dati, infatti, è che nel momento in cui c’è la disponibilità economica, tutto il resto possa passare in secondo piano, essere perdonato o ignorato.

In un momento di crisi energetica e ambientale, in cui milioni di persone nell’ultimo anno hanno perso la vita o il lavoro a causa di eventi climatici estremi (dovuti per lo più al riscaldamento delle temperature globali), o si ritrovano in seria difficoltà nel pagare le bollette, il comportamento del Qatar è dunque un vero e proprio schiaffo morale.

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