Economia Italia: 2023 in chiaroscuro

Fine febbraio ed ecco che arriva la seconda stima per quanto riguarda la variazione del Pil e del debito pubblico registrata lo scorso anno.

Fine febbraio ed ecco che arriva la seconda stima per quanto riguarda la variazione del Pil e del debito pubblico registrata lo scorso anno.

Non è ancora il dato definitivo che avremo a fine marzo, ma certamente il dato definitivo non potrà discostarsi molto da quello annunciato oggi.

Ed allora abbiamo avuto notizie in chiaroscuro, alcune positive ed altre negative, quali hanno prevalso? La risposta la lascio a voi.

Cominciamo dal dato sul Pil. La crescita del Pil italiano nel 2023 è risultato dello 0,9% un dato superiore alla precedente stima e superiore alle attese.

Oddio, stiamo parlando di un dato migliore delle attese di un decimo di punto percentuale, nulla di eclatante, ma come si dice, piuttosto di niente è meglio … piuttosto.

Ricordiamo infatti che nella prima stima, comunicata dall’Istat alla fine di gennaio la crescita del nostro Pil si attestava ad un +0,7%, ma il Nadef aveva previsto uno crescita dello 0,8%.

Lo so stiamo parlando di variazioni infinitesime, ma questa non è una caratteristica soltanto dell’l’Italia, la crescita asfittica riguarda tutti i Paesi europei.

E passiamo ora al deficit. Un dato decisamente peggiore delle aspettative, il rapporto deficit/pil, infatti si è attestato al 7,2%, certo in miglioramento rispetto all’anno precedente, ma questo dato non si deve raffrontare con gli anni dal 2020 al 2022, che per i noti motivi sono risultati assolutamente anomali.

Il dato va raffrontato con le previsioni della Nadef che erano per un ben più modesto 5,3%. Cos’è accaduto? Perché le previsioni si sono dimostrate così errate.

L’avete capito, è la solita storia, il Superbonus.

Il Superbonus si rivela oggi ancor più di ieri un buco nero difficile da quantificare. Queste le parole del Ministro dell’economia Giorgetti «I numeri ci dicono che l’emorragia dell’irresponsabile stagione del Superbonus ha avuto un effetto pesante sul 2023, andando purtroppo oltre le già pessimistiche prospettive. Con la non semplice chiusura di quella stagione, la finanza pubblica dal 2024 intraprende un sentiero di ragionevole sostenibilità».

Insomma non è neppure detto che il Superbonus abbia terminato i suoi effetti deleteri sui conti pubblici, anche se ovviamente il peggio è alle spalle.

E passiamo al dato che forse era più atteso, quello sul debito pubblico.

Il rapporto debito/Pil si è attestato al 137,3% in calo dal precedente 140,5%.

Sempre in miglioramento, ma ancora negativo anche il saldo primario, quello che noi invochiamo sempre per dimostrare che facciamo i sacrifici.

E’ vero che per diversi anni abbiamo avuto un saldo primario positivo, ma questo appena trascorso è il quarto anno di fila nel quale registriamo un saldo primario negativo che, nel 2023, si è attestato a -70,9 miliardi di euro, insomma il 3,4% del Pil.

Il dato sul debito pubblico è risultato tuttavia migliore rispetto al Nadef anche perché è stata rivista al rialzo la crescita del nostro Pil nel 2022.

Infine un ultimo dato, quello riguardante la pressione fiscale che nel 2023 è rimasta invariata al 42,5%, poiché l’aumento delle entrate (+6,3%) è risultato uguale all’aumento del Pil a prezzi correnti.

Ricordiamo infatti che il Pil reale deve essere depurato dall’inflazione altrimenti risulterebbe una crescita che non è reale, ma semplicemente determinata appunto dall’aumento dei prezzi.

Tuttavia per calcolare la pressione fiscale dovremmo fare il rapporto fra le entrate fiscali ed il Pil, ma le entrate fiscali sono al lordo dell’inflazione, quindi non vanno raffrontate con il Pil reale, bensì con il Pil a prezzi correnti ossia al lordo dell’inflazione.

E quindi come detto la pressione fiscale è rimasta invariata al 42,5%.

Questo dato io lo reputo negativo, non solo perché il 42,5% di pressione fiscale lo trovo davvero un’esagerazione, ma perché nel 2023 il Governo ci ha sbandierato in continuazione provvedimenti che avrebbero dovuto ridurre la pressione fiscale.

In altre parole, è vero che ci sono state decurtazioni per quanto riguarda l’Irpef, ma se la pressione fiscale è rimasta invariata significa che ciò che ci hanno dato con una mano con l’altra ce lo hanno tolto.

Ed eccoci quindi alle considerazioni finali.

Il primo vero esercizio da parte del Governo Meloni come detto ha numeri in chiaroscuro, certamente ha ereditato alcune criticità, in particolare il fardello del Superbonus, tuttavia è innegabile che ci aspettavamo numeri migliori, se andiamo a vedere infatti le previsioni fatte ad inizio anno abbiamo dovuto più volte rivederle al ribasso.

Come ho detto poi la tanto sbandierata riduzione della pressione fiscale non c’è stata.

Ed innegabilmente gli anni che abbiamo davanti saranno più problematici, soprattutto per l’entrata in vigore del nuovo Patto di stabilità, quindi un deficit al 7,2% come abbiamo fatto nel 2023 lo possiamo solo sognare nel 2024.

Certo per vedere il bicchiere mezzo pieno dobbiamo anche ricordare che nell’anno in corso il Superbonus peserà molto meno e certamente, perlomeno nella seconda metà dell’anno dovrebbe cominciare una serie di riduzioni dei tassi di interesse.

E tassi più bassi non solo ci permetteranno di ridurre la spesa per interessi sui titoli del nostro debito pubblico, ma soprattutto danno un certo impulso all’economia favorendo gli investimenti.

Ed allora … stiamo a vedere.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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