Elezioni storiche nei Paesi Bassi

L’esito delle elezioni nei Paesi Bassi va certamente analizzato perché potrebbe rivelarsi di importanza addirittura storica.

L’esito delle elezioni nei Paesi Bassi va certamente analizzato perché potrebbe rivelarsi di importanza addirittura storica, vi potrà sembrare un’esagerazione, ma qualora la storia dell’Europa dovesse andare in una certa direzione, potrebbe essere proprio questo evento a risultare il punto di svolta.

Detto in maniera semplice nei Paesi Bassi a vincere le elezioni è stato un partito anti europeista. Ma naturalmente occorre approfondire maggiormente l’analisi del voto, partendo dalle premesse.

Nei Paesi Bassi vige una legge elettorale estremamente proporzionale, insomma come nella nostra prima repubblica.

Questo naturalmente porta ad una moltiplicazione di partiti ed a Governi di coalizione molto compositi.

Alla fine naturalmente scaturivano esecutivi che, a seconda dell’esito elettorale, potevamo ritenere fossero di centro destra o di centrosinistra.

Insomma i due principali partiti li potevamo ritenere moderati, diciamo socialdemocratici da una parte e liberaldemocratici dall’altra, ovviamente quale che fosse il partito che elettoralmente sopravanzava comunque non raggiungeva la maggioranza assoluta e per formare un Governo doveva coalizzarsi con partiti minori, diciamo meno moderati.

Ebbene se c’era un aspetto che i due partiti principali condividevano era una rigorosa attenzione alla finanza pubblica, quindi potremmo dire che costante dei Governi era il mantenimento di una politica che potremmo definire rigorista.

Quando da noi si è cominciato a definire frugali alcuni Stati europei spesso ci riferivamo alla Germania, ma soltanto per le dimensioni ed il peso del Paese, nella realtà ad essere frugali per eccellenza sono proprio i Paesi Bassi, non per altro Maastricht si trova proprio nei Paesi Bassi.

Quindi, insomma, per parlare terra terra i Paesi Bassi hanno sempre, o meglio quasi sempre, rispettato i parametri di Maastricht, è vero che dal 2011 al 2016 hanno sforato il parametro del debito su Pil che, come noto, è fissato al 60%, ma, tanto per capirci, il loro debito pubblico in rapporto al Pil è sempre rimasto al di sotto del 70%.

E nonostante la sospensione del Patto di stabilità, e quindi la possibilità di ricorrere ad un aumento robusto della spesa pubblica, anche in questi ultimi anni il loro debito pubblico è sempre rimasto molto contenuto, oggi è intorno al 50% del Pil.

Il rovescio della medaglia è che i Paesi Bassi hanno un debito privato certamente molto considerevole ed ovviamente i cittadini che da tantissimi anni si sono sentiti dire dai loro governanti, ripeto senza distinzione fra centrodestra e centrosinistra, che occorreva mantenere sotto controllo la finanza pubblica, hanno visto in questi ultimi anni, anche causa inflazione, diminuire in maniera sensibile il loro tenore di vita.

Insomma agli olandesi vedere che altri Paesi in questi anni aumentavano enormemente il loro debito pubblico, mentre il loro Governo teneva ancora stretti i cordoni della Borsa, certamente non ha fatto piacere.

In particolare la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’approvazione da parte dell’Unione europea del cosiddetto Next Generation Eu, ossia il piano europeo di 724 miliardi che prevedeva prestiti e sovvenzioni.

Ebbene gli olandesi hanno ritenuto questo l’ennesimo regalo fatto ai cosiddetti Paesi sciuponi, quelli del sud Europa, insomma ritengono che in questa Europa loro abbiano da perdere.

Occorre poi sottolineare un altro aspetto, questa volta interno. I Paesi Bassi sono stati quelli che maggiormente hanno sostenuto le politiche cosiddette green.

Ebbene il chiaro fallimento di queste politiche ha creato un tumultuoso malcontento fra la popolazione, in particolare quella rurale.

Ed ecco che i partiti anti sistema hanno ottenuto un sempre maggiore favore da parte della popolazione, in particolare il PVV il Partito per la Libertà fondato e guidato da Geert Wilders.

Naturalmente Wilders è osteggiato da tutti, avendo proposto la cosiddetta Nexit, ossia Nederland exit, cioè l’uscita dei Paesi Bassi dalla Unione europea e conseguentemente dall’euro, Wilders viene visto come una minaccia da Bruxelles, al punto che immediatamente si stanno creando le condizioni per impedirgli di governare.

Il fatto è che la democraticissima Unione europea non si vergogna neppure di dire delle cose che solo nei Paesi dittatoriali si possono ascoltare.

Sentite come il nostro giornale Repubblica inizia un articolo dal titolo: Olanda, la ragnatela europea per sfiancare Wilders e spingerlo a fallire

Una rete di protezione. Un pressing che parte dalle istituzioni europee di Bruxelles e attraverso anche il Quartier generale della Nato. Per evitare che in Olanda nasca un governo guidato dal leader sovranista di estrema destra, Geert Wilders. I risultati delle elezioni nei Paesi Bassi stanno infatti inquietando l’Ue e l’Alleanza Atlantica. Perché le posizioni del vincitore virtuale della tornata elettorale sono incompatibili con l’integrazione europea e con la linea occidentale di aiuto all’Ucraina.

E’ impressionante, dicono chiaramente nero su bianco che ad un partito che ha vinto chiaramente una competizione democratica sia impedito di governare.

Impressionante!

Avevano fatto di tutto anche prima delle elezioni per impedire la vittoria del Partito della Libertà, figuratevi che ancora il giorno prima delle elezioni sentite cosa dicevano i sondaggisti:

Ma chi arriverà primo e guiderà la formazione del nuovo esecutivo olandese? Si sfidano per la prima posizione almeno 4 partiti: l’unione di Verdi e Socialdemocratici guidata da Frans Timmermans, il PVV capitanato dal redivivo Wilders, i liberali del VVD orfani di Rutte e la novità del NSC di Pieter Omtzigt.

Capito? Dicevano che ci sarebbe stato un testa a testa fra quattro partiti e mettevano al primo posto i socialdemocratici di Timmermans che era stato richiamato in Patria proprio per sconfiggere Wilders.

Timmermans aveva così dato le dimissioni da vicepresidente della Commissione europea per tornare in patria e candidarsi Premier per il partito Socialdemocratico che in queste elezioni si è coalizzato con i Verdi.

Ebbene sapete qual è stato l’esito delle elezioni, ossia il Partito per la Libertà di Wilders ha ottenuto il 23,70% dei voti, staccatissimi i Socialdemocratici in coalizione con i verdi al 15,56%, poi il Partito popolare dell’ex Premier Rutte al 15,25%, al quarto posto il Nuovo Contratto Sociale, un partito che si presentava per la prima volta alle elezioni con il 12,89%.

Ebbene dato che è letteralmente impossibile sbagliare un sondaggio di oltre 8 punti percentuali, non resta che una sola ipotesi, ossia i sondaggisti erano in malafede ed hanno cercato di sminuire quella che certamente era una vittoria netta del partito di Wilders.

Un sondaggio favorevole, infatti, spinge ulteriormente l’elettorato a premiare chi gode del favore del pronostico. Insomma hanno cercato in tutti i modi di evitare quello che poteva addirittura diventare un plebiscito.

Ma ora, per concludere, anche se non escludo la possibilità di fare un ulteriore video partendo da queste elezioni, mi sento in dovere di fare una considerazione che ritengo importante.

Ebbene se i media mainstream, in maniera spudorata, descrivono Wilders ed il suo partito nelle maniere più spregiative, è normale, non stiamo parlando di informazione, per cui ogni volta che si pronuncia il nome Wilders o Partito per la libertà, si attribuiscono gli aggettivi più infamanti, quello più usato è ultradestra.

Ebbene, come dicevo se questa disinformazione avviene dalla stampa mainstream, tutto normale, purtroppo però ho sentito parlare di estrema destra ed ultradestra a proposito di Wilders e del suo Partito anche dall’informazione cosiddetta alternativa, e questo non è accettabile.

Wilders ed il suo partito al massimo sono dei liberali non sono certamente di destra, la destra è statalista lui è assolutamente contrario allo statalismo.

Un’ultima cosa, sapete Wilders chi definisce come suo idolo? Oriana Fallaci.

Comunque vedremo quali saranno gli sviluppi dopo queste importantissime elezioni, e certamente tornerò a parlarne.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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