Giustizia per Stefano Cucchi! Carabinieri condannati

Il caso Stefano Cucchi ha coinvolto i media e la politica per gli scorsi 13 anni. Oggi, la Corte di Cassazione ha condannato i due responsabili a 12 anni.

Una vicenda infinita, durata ben 13 anni e che si è finalmente conclusa con il trionfo della giustizia. Il caso di Stefano Cucchi è stato uno dei più controversi degli ultimi anni. 

Invii, rinvii, contro rinvii, il caso Cucchi ha visto un innumerevole quantità di processi, tanto che tutto è ricominciato da zero nel 2015 quando sono uscite fuori nuove prove contro gli imputati. 

Oggi, la Corte di Cassazione ha finalmente chiuso il dossier, condannando in via definitiva i due carabinieri responsabili della morte di Stefano Cucchi. I due, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, sono stati condannati a 12 anni di reclusione

Il caso, dunque, è chiuso. 

La vicenda di Stefano Cucchi, però, ha causato un’incredibile esplosione mediatica, diventando soggetto di inchieste giornalistiche, programmi televisivi e persino un film di Netflix, Sulla mia Pelle. 

Se volete sapere di più su questo film, uscito prima ancora della confessione di Francesco Tedesco (che vedremo più avanti nel dettaglio), vi lasciamo questa recensione di Violetta Rocks:

Vedremo in questo articolo come è andata l’intera vicenda, dai primi processi alla “riesumazione” del caso. Per riassumere tutto in poche frasi, però, citiamo direttamente l’Avvocato Fabio Anselmo, che su Facebook ha scritto:

Stefano Cucchi è stato ucciso dai due carabinieri che lo arrestarono la notte tra il 15 e 16 ottobre 2009. Questa sentenza la dedichiamo ai medici legali Arbarello e Cattaneo che parlarono di caduta probabilmente accidentale e di lesioni lievi.

Ora i responsabili dell’omicidio di Stefano saranno incarcerati.

Fabio Anselmo è il compagno di Ilaria Cucchi, sorella della vittima, il quale ha trattato personalmente il caso seguendolo molto da vicino. 

Anselmo è famoso anche per aver seguito i casi Giuseppe D’Uva e Michele Ferulli, per i quali ha ottenuto molta fama nel mondo giudiziario italiano. 

Oltre ai due responsabili dell’omicidio, però, vi sono altri due carabinieri coinvolti, Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, accusati di falso e che subiranno un altro processo d’appello. I due, al momento, sono condannati rispettivamente a quattro anni due anni e mezzo di reclusione.

Si vedrà se questa sentenza verrà anch’essa confermata o meno. Il nuovo processo per i due accusati di calunnia sarà fra pochi giorni, il 7 aprile

La sentenza per Di Bernardo e D’Alessandro, i due carabinieri assassini, è quella di omicidio preterintenzionale di Stefano Cucchi, ancora fermamente negata da entrambi. Raffaele D’Alessandro, infatti, dice di rispettare la sentenza nell’animo in quanto carabiniere ma di essere amareggiato perché non è un assassino

I due, la notte scorsa, si sono consegnati ai loro colleghi carabinieri, venendo poi trasportati a Ezio Andolfato di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), sede del Carcere militare giudiziario, ove sconteranno la loro pena per i prossimi 12 anni. 

Caso Stefano Cucchi: i commenti della famiglia

Tutti i membri della famiglia di Stefano Cucchi hanno, comprensibilmente, lottato per anni affinché giustizia venisse fatta. La più feroce di queste battaglie è stata certamente combattuta da Ilaria Cucchi, la sorella della vittima e, come dicevamo, la compagna di uno degli avvocati che hanno seguito il processo. 

Facile capire, dunque, perché Ilaria Cucchi sia stata una delle prime ad esprimere serenità a seguito della sentenza definitiva della Cassazione. Le sue parole dimostrano la fatica dei lunghi anni di lotta, ma anche la placidità di chi ha vinto:

A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Ora possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di coloro che ce l’hanno portato via.

Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui.

Proprio dall’avvocato Maccioni arrivano anche le parole della madre di Stefano Cucchi, molto più brevi e concise, segno della stanchezza provata. “Finalmente è arrivata la giustizia”, dice Rita Calore, mamma del ragazzo ucciso brutalmente 13 anni fa. 

La famiglia, ora, potrà essere finalmente lasciata sola con il suo dolore e con la soddisfazione che Stefano ha ottenuto ciò che si meritava, ovvero la giustizia. 

Caso Stefano Cucchi: i commenti della Cassazione

Sebbene Raffaele D’Alessandro non si definisca assassino, come abbiamo accennato all’inizio di questo articolo, i giudici della Corte di Cassazione sono di tutt’altro avviso

Dopo aver attentamente analizzato il caso e tutte le sue variabili, nonché tutte le sentenze di assoluzione dei carabinieri emesse dalle corti precedenti, il commento di Tommaso Epidendio, Pg della Cassazione, è stato il seguente: 

Davvero si può ritenere che questo numero impressionate di soggetti abbia congiurato contro i carabinieri? […] E’ stato una punizione corporale di straordinaria gravità, caratterizzata da una evidente mancanza di proporzione con l’atteggiamento non collaborativo del Cucchi.

Epidendio, infatti, riprende tutte le “prove” mostrate dai media che hanno coperto la faccenda che, come vedremo, erano stato completamente ignorate dal sistema giudiziario nei processi dei primi anni. 

Autopsie, testimonianze dei medici, prove fotografiche… tutto scomparso dalle sentenze che assolvevano i carabinieri “perché il fatto non sussisteva”. 

Per Stefano Cucchi la giustizia consisteva anche in questo, valutare oggettivamente e ponderatamente la situazione senza esprimere una sentenza “politica”. 

Non solo, ma il Pg Epidendio ha anche chiesto la conferma dell’aggravante per i due imputati le cui azioni, oltre che illegali, erano anche sproporzionate ed ingiustificate rispetto all’atteggiamento di Cucchi. 

Caso Stefano Cucchi: i commenti dell’Arma dei Carabinieri

In ultimo, un commento estremamente importante è quello dato dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, il quale ha espresso tutta la solidarietà alla famiglia Cucchi e esprime il suo rammarico per i due responsabili che hanno macchiato in questo modo l’Ordine. 

La sentenza emessa oggi dalla Corte di Cassazione sancisce le responsabilità di due dei quattro carabinieri coinvolti, a diverso titolo, nella vicenda della drammatica morte di Stefano Cucchi. Una sentenza che ci addolora, perché i comportamenti accertati contraddicono i valori e i principi ai quali chi veste la nostra uniforme deve, sempre e comunque, ispirare il proprio agire.

Siamo vicini alla famiglia Cucchi, cui condividiamo il dolore e ai quali chiediamo di accogliere la nostra profonda sofferenza e il nostro rammarico. Ora che la giustizia ha definitamente terminato il suo corso, saranno sollecitamente conclusi, con il massimo rigore, i coerenti procedimenti disciplinari e amministrativi a carico dei militari condannati.

Non sappiamo se queste parole sono solamente frutto di retorica oppure di rispetto verso la sentenza e l’autorità della Corte di Cassazione. Un messaggio di cordoglio così lungo, tuttavia, fa sperare che l’Arma implementi veri cambiamenti e non solamente promesse vacue. 

D’altro canto, molti membri influenti dell’Arma avevano mostrato la loro solidarietà verso i carabinieri accusati, definendoli innocenti e chiamando per la loro assoluzione definitiva. 

Nei 13 anni di processi, però, le prove a sfavore degli accusati sono diventate talmente insormontabili che era impossibile nascondere l’evidenza senza lasciar trasparire un commento di parte verso le forze dell’ordine. 

In effetti, il caso Cucchi è stato lungo e travagliato anche per la difficoltà di reperire prove e testimonianze oggettive. Cerchiamo dunque di capire com’è andata la vicenda tentando l’impossibile impresa di riassumere 13 anni di processi in poche righe. 

Caso Stefano Cucchi: un processo travagliato

Tutto iniziò il 15 ottobre 2009, quando Stefano Cucchi venne arrestato per possesso di stupefacenti a Roma. 7 giorni dopo, Stefano Cucchi moriva all’ospedale Pertini a causa (ora lo sappiamo per certo) dei pestaggi subiti alla caserma dei Carabinieri. 

La lenta macchina della giustizia si iniziò a muovere, con delle prime sentenze contro i medici e gli infermieri del Pertini, accusati di “Abbandono di persona incapace”. Nel 2013, la Corte d’Assise assolveva i carabinieri ritenuti oggi i responsabili del pestaggio. 

Nel 2014, tutti gli imputati vennero assolti, sia medici che carabinieri, nel processo della Corte d’Appello. 

Una vicenda che sembrava finita venne riaperta nel 2015 sulla deposizione della Corte di Assise di nuovi elementi che avrebbero provato il pestaggio a morte di Cucchi da parte dei Carabinieri. 

Nel 2016, però, la Corte d’Appello assolse nuovamente tutti gli imputati, e qualche mese dopo venne effettuato l’incidente probatorio di ciò che avvenne quella notte. I medici coinvolti conclusero che Cucchi era morto per un improvviso attacco di epilessia

Nel 2017, quindi, la Procura di Roma chiude nuovamente il caso assolvendo tutti. La causa del decesso sarebbe stata una “causa di forza maggiore” dovuta all’attacco di epilessia improvviso che avrebbe colpito Cucchi. 

Dopo un nuovo processo ai medici del Pertini, accusati questa volta di omicidio di Stefano Cucchi, il caso sembrava davvero chiuso e la morte dell’architetto 31enne sarebbe rimasta irrisolta. 

Caso Stefano Cucchi: la svolta

La vera svolta, però, arrivò quando il carabiniere Francesco Tedesco confessò le sue azioni e testimoniò le azioni degli altri membri dell’Arma coinvolti nel pestaggio. Era il 2019, e Tedesco si rivolse ad Ilaria Cucchi dicendole “Mi dispiace”. 

In seguito, altri due anni di processi, questa volta decisamente a sfavore degli imputati, finché Tedesco non fu condannato a due anni e mezzo di reclusione per falso mentre D’Alessandro e Di Bernardo ottennero 13 anni di prigione dalla Corte d’Appello di Roma. 

La sentenza, rinviata nuovamente a giudizio, è stata confermata oggi dalla Cassazione anche se accorciata a 12 anni per gli imputati, mettendo fine al lungo e faticoso processo Cucchi. 

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