La Russia invade l’Ucraina: in Italia il pane costa di più!

La Russia attacca l'Ucraina: una guerra geograficamente lontana da noi, ma i cui effetti economici si fanno sentire anche in Italia. Sul prezzo del pane.

La Russia attacca l’Ucraina: una guerra geograficamente lontana da noi, ma i cui effetti economici si fanno sentire anche in Italia. Sul prezzo del pane. La mossa di Vladimir Putin ha pesantemente condizionato le materie prime: il Wti è arrivato ad essere a scambiato a 97,04 dollari al barile, registrando un +5,3%; mentre il brent ha raggiunto i massimi dal 2014, arrivando a sfiorare i 102,48 dollari al barile. Preoccupazioni anche per il prezzo del gas, che è riuscito a raggiungere quota 87,45 euro al Mwh, registrando un +9%.

Questi costi andranno ad impattare sulle tasche dei consumatori ogni giorno. Basti pensare alla benzina o al gasolio, quando andiamo a fare rifornimento. O più semplicemente alle bollette di gas ed energia elettrica, che, quasi sicuramente, continueranno a lievitare. Ma è un’altra notizia a preoccupare in queste ore: i prezzi del grano. In un solo giorno hanno subìto un aumento del 5,7%, raggiungendo quota 9,34 dollari a bushel, il valore più alto registrato nel corso degli ultimi nove anni. E come molti ben sapranno, questo andrà ad incidere direttamente sul costo del pane.

Inizia la guerra del pane?

Stiamo parlando di dati particolarmente allarmanti, anche perché si riflettono direttamente sulle tasche dei consumatori quotidianamente. Ma anche perché si vanno ad inserire all’interno di un contesto internazionale di particolare tensione, che va a complicare ancora di più il quadro generale. È necessario ricordare che i prezzi del grano hanno raggiunto gli stessi valori che erano stati registrati nel corso degli anni in cui ci sono state le cosiddette rivolte del pane, che avevano visto coinvolti principalmente i alcuni paesi del Nord Africa, tra i quali c’erano Egitto, Tunisia ed Algeria.

La miccia, che ha fatto innescare ulteriore i prezzi del grano, è l’attacco della Russia all’Ucraina: i valori sono lievitati del 5,7% nel corso di una sola giornata. Si è toccato il valore massimo da nove anni a questa parte: 9,34 dollari a bushel, che era lo stesso livello raggiunto quando erano scoppiate le drammatiche rivolte del pane nel nord Africa. Ricordiamo, infatti, che l’Ucraina e la Russia sono importanti esportatori di grano. Tunisia, Algeria ed Egitto dipendono – per il grano – proprio dalle importazioni dei due paesi entrati in guerra. Questi dati sono stati estrapolati direttamente da un’analisi effettuata alla chiusura del mercato future della borsa merci di Chicago, che, come molti nostri lettori ben sapranno, rappresenta uno dei riferimenti mondiali per il mercato delle materie prime agricole. I dati, che sono stati analizzati, mettono in evidenza il rischio che possano esserci delle speculazioni e delle carestie, che potrebbero provocare delle tensioni sociali e portare a nuovi flussi migratori verso l’Italia. E tutto per un pezzo di pane.

Gli aumenti dei prezzi non interessano solo il pane!

Non è solo e soltanto il grano a vedere crescere le proprie quotazioni. Non dovremo temere, quindi, semplicemente un rincaro del costo del pane. Le quotazioni delle materie prime, in continua ascesa, interessano anche i prodotti base per l’alimentazione degli animali. La soia, ad esempio, ha raggiunto il livello massimo dal 2012 e il mais ha raggiunto il massimo da otto mesi. L’Ucraina gioca un ruolo molto importante sul fronte agricolo, basti pensare che produce qualcosa come 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale, ponendosi al quinto posto tra i produttori mondiali. Per rimanere sul tema del pane, l’Ucraina produce qualcosa come 25 tonnellate di grano tenero che serve per produrlo, ponendosi al settimo posto tra i produttori mondiali. La Russia, invece, è il principale esportatore mondiale di grano.

La guerra scoppiata tra queste due nazioni, importanti produttrici di grano, preoccupa i mercati. Il rischio è che le spedizioni dalla Russia vengano frenate, mentre siano bloccate quella ucraine dai porti del Mar Nero. Questo comporterebbe un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali, con il conseguente rischio di registrare una forte inflazione sui beni di consumo primario.

Questa emergenza mondiale di materie prime ha un impatto diretto anche in Italia. Il nostro paese arriva ad importare il 64% del proprio fabbisogno di grano, che viene regolarmente utilizzato per la produzione di biscotti e pane. Viene importato, inoltre, il 53% del mais, che viene utilizzato per alimentare il bestiame. Stando ad una stima redatta dalla Coldiretti, l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais, arrivando a coprire il 20% del mais ed il 5% del grano necessario per la produzione di pane e biscotti.

Italia, un importatore obbligato

Ma perché il nostro paese dipende così tanto dalle importazioni di grano e mais? La risposta deve essere cercata nei compensi troppo bassi riconosciuti agli agricoltori, che si sono ritrovati costretti a ridurre di quasi un terzo la produzione di mais nel corso degli ultimi dieci anni. Nello stesso periodo è anche scomparso un campo di grano su cinque: sono stati persi qualcosa come mezzo milione di ettari coltivati. Il motivo? Le industrie, con una politica a tratti miope e poco lungimirante, hanno continuato ad acquistare in modo speculativo sul mercato mondiale, invece che preferire la costruzione di una filiera nazionale.

La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri – ha affermato Ettore Prandini, presidente della Coldiretti -. Nell’immediato occorre quindi garantire la sostenibilità finanziaria delle stalle con prezzi giusti che consentano agli allevatori di continuare a lavorare.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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