Criptovalute: sempre più Paesi vogliono la loro! E l’Italia?

In risposta alla vertiginosa crescita di criptovalute e stablecoin, diversi Stati hanno deciso di creare la propria valuta digitale. Quali sono?

Le nuove tecnologie stanno radicalmente modificando l’economia globale, in particolare per quanto riguarda il settore finanziario. Chi negli ultimi anni, per esempio, non ha mai sentito parlare di criptovalute?

Come riportato sul sito di Borsa Italiana,

In risposta alla vertiginosa crescita delle monete digitali, alcuni Paesi hanno deciso di creare la propria valuta digitale di Stato.

Perché sono nate le criptovalute?

Le criptovalute sono nate come risposta a chi desiderava un metodo di pagamento digitale semplice, veloce e globale, utilizzabile da chiunque nel mondo senza essere vincolato a un conto corrente.

A causa delle loro proprietà intrinseche, però, le criptovalute attualmente non possono essere utilizzare effettivamente nelle transazioni, ma solamente essere detenute come strumento finanziario. Solo in El Salvador i Bitcoin hanno corso legale.

Per superare questo problema sono nate le stablecoin come Tether, valute digitali gestite da privati che detengono la liquidità emessa da una banca centrale o il suo equivalente in contanti, riflettendo in tal modo il valore delle valute legali. Sono state soprattutto loro che hanno acceso un campanello d’allarme nelle banche centrali: le aziende private si stanno organizzando per offrire ai cittadini un servizio che è sempre stato esclusivo delle istituzioni pubbliche, ovvero un mezzo di pagamento stabile.

Cosa sono le valute digitali di Stato?

Central bank digital currency, ovvero valuta digitale della banca centrale, è il nome dato alle valute digitali di Stato, che, oltre ad avere dei bassi costi di transazione e di mantenimento, potrebbero limitare le attività illecite e migliorare l’inclusione finanziaria, in quanto ogni utente avrebbe la possibilità di effettuare pagamenti digitali utilizzando solamente uno smartphone connesso a Internet (non sarebbe invece necessario avere un conto bancario, come accade oggi).

Secondo Hyun Song Shin, consigliere economico e capo della ricerca della Banca dei regolamenti internazionali

Per quanto riguarda i rischi, anche le valute digitali di Stato non ne sono immuni. Ogni sistema centralizzato risulta infatti costantemente in pericolo dal punto di vista della sicurezza informatica e, al contempo, non esistono ancora delle norme aggiornate per questa nuova forma di moneta.

Qual è la differenza tra criptovalute e valute digitali?

È importante sottolineare come le valute digitali delle banche centrali non siano uno strumento alternativo alle criptovalute: le due nuove forme di moneta sembrano destinate a convivere nei Paesi che non vieteranno le criptovalute.

A differenza delle criptovalute, che, poiché non presentano un valore intrinseco e non sono supportate da un’istituzione affidabile, sono soggette a delle significative oscillazioni, le valute digitali di Stato non sono caratterizzate dalla volatilità e hanno anzi un valore pari a quello del contante corrispondente. Inoltre, in quanto emesse dalle banche centrali o commerciali, risultano stabili alle variazioni dei mercati finanziari. Le valute digitali delle banche centrali si presentano quindi simili alle stablecoin.

A differenza delle critovalute, infine, le valute digitali di Stato non permettono di mantenere l’anonimato durante le transazioni.

Il fine ultimo di privati e governi, ovvero di criptovalute e valute digitali della banche centrali, risulta però essere lo stesso: imporre il proprio mezzo di pagamento, condizionando gli scambi commerciali e acquistando potere. Le maggiori piattaforme big tech, per esempio Facebook e Amazon, mirano infatti a lanciare la propria valuta digitale per andare oltre i confini nazionali, minando in questo modo la forza delle più importanti monete, come il dollaro e l’euro, e quindi gli Stati e le economie collegate, che di conseguenza puntano a difendersi e contrattaccare. Lo scontro iniziato nel 2021 tra le diverse tipologie di valuta digitale sembra destinato a durare nel tempo.

Quali Paesi vogliono lanciare la loro valuta digitale?

Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, le ragioni che hanno portato all’aumento dell’interesse per le valute digitali delle banche centrali sono quindi sostanzialmente tre, come riportato nella sua relazione annuale del giugno del 2021: l’attenzione attirata dalle criptovalute, l’arrivo delle stablecoin e l’ingresso delle società big tech nel mondo della finanza.

Nel 2020, solamente trentacinque Paesi si erano mostrati interessati a sviluppare una propria valuta digitale. In meno di due anni, il loro numero è quasi triplicato, arrivando a novanta.

A oggi, già nove Stati hanno adottato la loro valuta digitale. Otto di questi, ovvero, Bahamas, Antigua e Barbuda, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Montserrat, Dominica e Grenada, si trovano nei Caraibi. A essi si aggiunge un Paese africano, la Nigeria.

Anche il Giappone intende lanciare il suo yen digitale nel 2022. Il piano è supportato da circa settanta aziende nipponiche, tra le quali si trovano anche le tre banche principali del Paese.

Altre nazioni, come la Svezia, l’Ucraina, la Cina e la Corea del Sud, hanno lanciato un progetto pilota per la loro valuta digitale della banca centrale e si stanno preparando per il debutto ufficiale.

Alcuni progetti sono infine in fase di sviluppo nell’Unione europea, così come in Russia, Canada, Australia, Brasile e Venezuela. Stati Uniti e Inghilterra sono invece più in ritardo per quanto riguarda le valute digitali di Stato.

Quali valute digitali di Stato sono già in circolazione?

Il Sand dollar, lanciato nell’ottobre del 2020, è la valuta digitale delle Bahamas. L’obiettivo del Paese è di cessare l’utilizzo degli assegni entro il 2024, in quanto le transazioni digitali rappresenterebbero un’alternativa migliore per i consumatori.

Nei Caraibi, dove la moneta corrente è il dollaro dei Caraibi orientali e le nazioni insulari gestiscono comunemente la Banca centrale dei Caraibi orientali, è stato sviluppato un progetto basato su blockchain, DCash, che ha l’obiettivo di supportare la crescita economica e le opportunità commerciali dell’area mediante un sistema di pagamento più sicuro, conveniente e veloce per tutti.

Il DCash è stato sviluppato con la fintech internazionale Bitt e presentato nel marzo del 2021. Può essere usato anche se non si possiede un conto bancario, permettendo ai cittadini di pagare digitalmente, in tempo reale e senza commissioni.

L’e-naira è stata sviluppata dalla Nigeria in tre anni e ha debuttato nell’ottobre del 2021. Al momento il suo utilizzo è limitato ai titolari di un conto corrente, ma Bitt, che ha supportato il Paese nel lancio della valuta digitale, ha l’obiettivo di consentire in futuro anche a coloro che non hanno un conto di usarla.

A che punto è la Cina?

La Cina sta lavorando allo sviluppo di una valuta digitale già dal 2014, ma essa ancora non è stata completamente rilasciata.

È stata però recentemente diffusa un’app per il wallet dello yuan digitale, attualmente funzionante in undici città, che permette di effettuare delle transazioni anche quando offline e interessa 140 milioni di cittadini. I pagamenti telematici con la valuta digitale di Stato sono stati resi disponibili anche alle delegazioni straniere arrivate nel Paese per i Giochi olimpici invernali di Pechino del 2022.

La banca centrale cinese si appresta comunque a lanciare il proprio yuan digitale nel 2022. La valuta digitale di Stato sarà disponibile anche per coloro che non sono in possesso di un conto corrente.

Per potenziare al massimo l’e-yuan, la Banca centrale cinese si è assicurata il pieno controllo dei flussi. Inoltre, i codici QR dei pagamenti di Tencent (WeChat, il WhatsApp del Paese) e Alipay (Alibaba, leader nel commercio elettronico) sono stati unificati, mentre sono state vietate le criptovalute.

Secondo il piano del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, l’economia digitale, che vedrà l’e-yuan al suo centro, arriverà a essere pari al 10% del prodotto interno lordo del Paese entro il 2025.

Quando arriverà l’euro digitale?

Per quanto riguarda l’Italia, anche la nostra penisola sarà interessata dall’emissione dell’euro digitale, che potrebbe essere finalizzata nel giro di quattro anni, ovvero entro il 2026. La fase di sperimentazione della valuta digitale europea è iniziata nel 2021.

L’euro digitale, proprio come la carta moneta, sarà accessibile a tutti i cittadini e a tutte le imprese, verrà emesso dalla Banca centrale europea e avrà lo stesso valore del contante (un euro sarà tale sia digitale che fisico).

Sono diversi i motivi che hanno portato la Banca centrale europea alla scelta di lanciare l’euro digitale, ma il principale è stata la creazione di Libra, e di conseguenza di Diem, la criptovaluta di Facebook che mira a far concorrenza al Bitcoin. Qualora negli Stati Uniti venisse effettivamente autorizzata Diem, potrebbero infatti aumentare esponenzialmente in tutto il mondo le transazioni in dollari e, di riflesso, l’euro potrebbe parzialmente perdere la sua forza.

La nuova moneta elettronica affiancherà il contante, senza sostituirlo, ma puntando al contempo a ridurre il suo utilizzo per cercare una parziale soluzione a problematiche come riciclaggio ed evasione.

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