Il Digital Divide in Italia: la situazione nel nostro paese e piani di intervento

Il Digital Divide è una tematica che coinvolge tutto il mondo: vediamo la situazione nel nostro paese e cosa possiamo fare per migliorare.

Digital Divide ovvero “divario digitale” è una terminologia che dalla metà degli anni ’90, a seguito dello sviluppo sempre più dilagante della connettività internet nel nostro paese e nel resto del mondo, assume una rilevanza sempre più attuale di grande interesse. Il termine definisce un fenomeno che, su piani differenti, evidenzia le diseguaglianze sociali in relazione alla possibilità di avere accesso ai servizi Internet e a tutte le opportunità di sviluppo e crescita, sia economica che culturale, ad essi collegate.

Sin dall’avvento di Internet, infatti, sono emerse le prime disparità nell’accesso alle nuove tecnologie di connettività, disparità che si sarebbero poi esasperate negli anni successivi e che avrebbero creato diseguaglianze, economiche e sociali, sempre più ampie rallentando lo sviluppo e la competitività di interi paesi o di fasce di popolazione residenti in aree digitalmente disagiate. Oggi, con una società sempre più interconnessa e in presenza di un contesto sociale sempre più competitivo, il Digital Divide continua a rappresentare un tema di grande attualità e sul cui abbattimento il nostro paese rileva ancora significativi ritardi.

Anche l’Italia deve, quindi, fare i conti con il Digital Divide e con una situazione che, da diversi anni, e nonostante gli ingenti investimenti, non è ancora stata risolta in modo definitivo. Nel nostro paese, in particolare, il divario digitale si manifesta in diversi modi, risultando una problematica sia di natura geografica che di tipo sociale, con criticità da risolvere quanto prima.

Una finestra sul Digital Divide

Il Digital Divide è una tematica che coinvolge tutto il mondo: le differenti modalità di accesso alla banda larga e ai servizi digitali, infatti, sono elementi che, in un modo o in un altro, possono condizionare le varie economie mondiali e le opportunità di sviluppo, sia nel breve che nel lungo periodo.

L’impossibilità di sfruttare le nuove tecnologie in modo completo è un fattore che incide negativamente sulla crescita, e questo a tutti i livelli. Per l’Italia, Paese nel quale, da anni, il Digital Divide è un tema centrale per lo sviluppo economico e sociale, vale lo stesso discorso.

Su scala globale l’ONU ha da tempo fissato l’obiettivo di portare l’accesso ad Internet a tutta la popolazione mondiale. Nonostante gli sforzi fatti, però, la strada per raggiungere questo target è ancora molto lunga. L’ultimo rapporto ITU, infatti, evidenzia come ci siano, secondo una stima fatta nel 2022, 5,3 miliardi di persone al mondo che hanno accesso e utilizzano Internet.

Si tratta di una crescita significativa rispetto al 2019 (+24%) ma che conferma come una percentuale ancora molto elevata della popolazione mondiale non sia ancora in grado di sfruttare i vantaggi dell’accesso ai servizi digitali offerti dalle nuove tecnologie. Gli oltre 5 miliardi di individui che utilizzano Internet, infatti, rappresentano circa il 66% della popolazione mondiale. Abbiamo quindi, ancora un terzo della popolazione che risulta essere digitalmente discriminata.

Bisogna considerare, inoltre, che le modalità d’accesso ad Internet e al mondo digitale possono cambiare in modo significativo da Paese a Paese e che, anche all’interno di una ben precisa area geografica, ci possono essere diverse limitazioni, di natura economica e/o sociale, nell’accesso ad una connettività adeguata e con alte prestazioni.

Il rapporto dell’ITU, inoltre, illustra la situazione in Italia.

In particolare, si evidenzia come nel nostro Paese Internet venga utilizzato dal 75% della popolazione.

Su base fascia d’età, rileviamo, invece, come il 76% della totalità degli utenti digitali ha una età compresa tra i 25 e i 74 anni mentre, considerando l’età tra i 15 e i 24 anni, la percentuale sale all’93% come era auspicabile attendersi.

In relazione, invece, alla diffusione delle connessioni di rete fissa in Italia, il recente Osservatorio sulle comunicazioni di AGCOM ci fornisce un quadro chiaro. Si osservi, infatti, come gli accessi alla rete sono stati quasi 20 milioni a dicembre 2022 (in leggero calo rispetto a dicembre 2018) e come la percentuale di diffusione della banda ultra-larga, sebbene in crescita, sia, in modo preoccupante, ancora limitata. Secondo i dati AGCOM, di seguito riportiamo le numeriche percentuali in Italia, differenziate per tipologia di connettività:

  • il 51,7% avviene tramite rete FTTC

  • il 22% avviene tramite ADSL

  • il 17,5% avviene tramite rete FTTH

  • l’8,9% avviene tramite rete FWA

Su base annua, si osservi, crescono in modo significativo le connessioni FTTH (+4,2 punti) e le connessioni in fibra mista come la FTTC (+0,7 punti) e la FWA (+0,4 punti).

Preoccupante risulta la ancora bassa e trascurabile percentuale di connettività FTTH la cui crescita su base annua rimane molto bassa per competere a livello europeo e globale sul tema delle prestazioni e della capacità delle nuove reti abilitanti alla digitalizzazione di un Paese come il nostro.

Da sottolineare è la crescita della diffusione delle reti mobili attraverso una sempre più massiva diffusione del 5G che, grazie alla tecnica del Dynamic Spectrum Sharing (che prevede l’utilizzo dell’infrastruttura 4G), è disponibile per una percentuale compresa tra il 96% e il 99,7% della popolazione. Ancora indietro, invece, è la diffusione del 5G SA (la rete in tecnologia 5G che non sfrutta l’infrastruttura 4G) e che risulta, purtroppo, disponibile per poco più del 7% della popolazione italiana.

Piani di sviluppo ed interventi

Per contrastare il Digital Divide è necessaria una precisa pianificazione e un piano di investimenti strutturato che sia determinante, in primis, a colmare il divario infrastrutturale ad oggi ancora significativo.

In Italia, sul tema infrastrutturale, si sta lavorando a dei piani di sviluppo delle reti pensati proprio per superare la barriera discriminatoria negli ambiti della digitalizzazione e dell’inclusione che oggi il Digital Divide rappresenta. Gli interventi previsti si articolano in due diversi piani: il Piano Italia 5G e il Piano Italia a 1 Giga.

Con il primo si punta a sostenere la diffusione della rete 5G nel nostro Paese (con un particolare riferimento al 5G SA, senza il riutilizzo dell’infrastruttura del 4G).

Nel secondo, invece, si punta alla diffusione della fibra ottica FTTH, tecnologia di riferimento per il futuro delle connessioni di rete fissa e per l’accesso alla banda ultra-larga.

Entrambi i piani di sviluppo sono parte integrante della Strategia italiana per la Banda Ultra Larga – Verso la Gigabit Society, in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Complessivamente, si prevedono investimenti per più di 5 miliardi di euro di stanziamenti pubblici finalizzati al raggiungimento di questo sfidante obiettivo entro il 2026.

Il Digital Divide, però, non è solo una questione infrastrutturale ma anche sociale ed economica. In molti casi, infatti, l’impossibilità di accedere alla rete e ai servizi digitali è legata a barriere culturali e formative e/o a limitazioni economiche. Per le fasce deboli della popolazione, anche nelle aree in cui il 5G e la fibra sono disponibili, utilizzare Internet non è così scontato.

Nel nostro Paese, negli ultimi anni, sono stati avviati tutta una serie di interventi per supportare l’adozione di connessioni in banda ultra-larga (da almeno 30 Mbps di velocità massima in download). È il caso del Piano Voucher per la connettività che, con la Fase 1, garantiva alle famiglie in difficoltà economica (con ISEE inferiore a 20.000 euro) la possibilità di ottenere un voucher di 500 euro per la copertura dei costi della connessione Internet e l’acquisto di un PC o un tablet.

Il programma prevedeva anche una Fase 2, con un voucher ridotto a 200 euro (utilizzabile solo per coprire i costi della connessione) e un tetto ISEE più alto. La Fase 2 per le famiglie non è, però, mai partita, in quanto le risorse disponibili all’implementazione di questa seconda fase di sostegno sono, invece, state concentrate sulla digitalizzazione delle imprese italiane che hanno così avuto la possibilità di sfruttare un apposito voucher per coprire i costi della connessione Internet in banda ultra-larga.

Gli interventi a sostegno dell’inclusione digitale in favore di cittadini e imprese sono, in Italia, ancora estremamente modesti e poco efficaci. Sarebbe necessaria una maggiore attenzione e una più cospicua destinazione di fondi per favorire l’utilizzo degli strumenti digitali a disposizione così da ridurre ulteriormente il divario ad oggi ancora presente.

Ostacoli da superare: Cultura Digitale e Re-Skilling

Per arrivare alla “Digital Inclusion” ci sono, quindi, vari aspetti da considerare. Non si tratta, infatti, solo di una questione geografica. Con gli investimenti infrastrutturali, infatti, è possibile portare Internet ad alta velocità in quelle aree che oggi devono accontentarsi di una rete ADSL da pochi Mbps in download e di una rete mobile limitata o assente del tutto. I piani di intervento sopra descritti, Piano Italia 5G e Piano Italia a 1G, stanno proprio operando in questo senso.

Ci sono, però, tanti altri ostacoli da superare, tra cui la necessità di un’adeguata formazione digitale che rappresenta un aspetto centrale per superare il Digital Divide. Si rende quindi necessario garantire ai cittadini la possibilità di poter contare sulle competenze funzionali all’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito formativo, in quello lavorativo e in quello privato. Da ciò si comprende come lo sviluppo di una Cultura Digitale avanzata rappresenta un aspetto centrale per il futuro, in Italia come in altri Paesi.

Abbiamo poi un altro aspetto da considerare per sostenere il programma di abbattimento del divario digitale. Si tratta del Re-Skilling e, quindi, di un’iniziativa mirata a sviluppare competenze significativamente differenti rispetto a quelle attuali, soprattutto in ambito formativo e lavorativo, con l’obiettivo di fornire agli individui gli strumenti adatti per poter gestire e convivere con la trasformazione digitale in atto.

Il programma di Re-Skilling non può che partire dalle fasce d’età più giovani e, quindi, dalla scuola. Per il contrasto al Digital Divide, infatti, la scuola dovrebbe garantire la possibilità agli studenti di poter apprendere gli elementi basilari che contraddistinguono una società digitale, approfondendo anche le tematiche inerenti all’etica e alla consapevolezza associate all’utilizzo degli strumenti digitali con i quali si dovranno confrontare. Per fare tutto ciò è necessario rinnovare i programmi didattici anche, e soprattutto, con l’obiettivo di formare adeguatamente, e non in modo inconsapevole, le future generazioni negli ambiti del digitale.

Naturalmente, il programma di formazione non può non coinvolgere la società a più livelli, è quindi di fondamentale importanza tenere nella dovuta considerazione anche la necessità di migliorare le competenze digitali dei lavoratori, soprattutto per quelle fasce d’età che hanno completato il loro percorso formativo prima dello sviluppo delle tecnologie di connettività alla base di una moderna società digitale.

Abbattimento del Digital Divide e Smart Education/Working

Il superamento del Digital Divide, quindi, è un progetto che si articola a più livelli con criticità di natura geografica, economica e sociale. È quindi necessario intervenire su queste problematiche e tentare di risolverle entro i prossimi 3 anni in modo da consentire a tutta la società la possibilità di accedere alle nuove tecnologie digitali entro il 2026, non ultime quelle che si basano sull’IA tema, quest’ultimo, che affronteremo in uno dei prossimi articoli della nostra rubrica.

Da quest’esigenza deriva la necessità di rendere “smart” sia il settore dell’educazione che quello del lavoro, integrando progressivamente tutti i servizi digitali disponibili e garantendo un accesso completo per tutti i cittadini. Questa trasformazione non si deve però limitare al lavoro e allo studio da remoto (un tema di grande attualità nel corso della pandemia), si deve integrare anche, e soprattutto, nelle realtà formative e lavorative in presenza così da favorire l’inclusione e non l’isolamento.

La Smart Education e lo Smart Working vanno, infatti, ben oltre al semplice svolgimento di attività da remoto, in video-conferenza. Si tratta di una sintesi tra le attività tradizionali, di formazione e lavoro, e le risorse digitali messe a disposizione dalle nuove tecnologie. Questo percorso deve rendere più efficiente la formazione e il lavoro anche in presenza.

Ad oggi, il Digital Divide (di tipo geografico, culturale e/o economico) rappresenta ancora un ostacolo da abbattere per poter raggiungere gli obiettivi di Smart Education e Smart Working (a loro volta legati alla promozione di una cultura digitale e al completamento di un processo di re-skilling della popolazione italiana).

L’Italia dei prossimi anni con la Full Digital Inclusion

L’obiettivo ultimo dei progetti mirati al superamento del “Divario Digitale” in Italia è rappresentato dalla Full Digital Inclusion. Si tratta della costruzione di una società in cui tutti gli individui avranno la possibilità di accedere, in modo completo e senza limitazioni, alle risorse garantite dalle tecnologie digitali, potendo contare anche sulle competenze necessarie per gestirle.

L’abbattimento del “Divario Digitale” porterà tutti noi a far parte di una Società interconnessa che pone al centro l’individuo all’interno di un eco-sistema digitale che abbatterà ogni discriminazione e porterà inclusione e benessere se, parallelamente allo sviluppo delle reti, si adottano gli interventi descritti nei precedenti paragrafi in modo strutturato e consapevole.

A tale scopo, assumono particolare importanza i progetti di “formazione” e “re-skilling” necessari per avere cittadini in grado di utilizzare al meglio le nuove tecnologie digitali a cui avranno accesso.

Conseguenza della “Digital Inclusion” sarà la creazione di contesti cittadini digitali che si realizzeranno e prenderanno forma con le “Smart Cities”.

Se ne parla da anni ma nel nostro paese, ad oggi, siamo ben lontani da avere disponibili progetti basati su tecnologie digitali e IoT applicate al territorio urbano in modo diffuso.

I fondi del PNRR, anche i questo caso, potrebbero essere orientati verso investimenti che possano portare a progettare le nostre città del futuro ecosostenibili, interconnesse con il territorio e i cittadini, energicamente efficienti, con elevati standard di sostenibilità, vivibilità e dinamismo economico.

Il tutto dovrà, però, necessariamente essere supportato dalle infrastrutture necessarie a rendere realizzabili i progetti e i piani di investimento previsti.

Se guardiamo intorno a noi, nel resto del mondo abbiamo già esempi concreti di città che hanno preso la strada del “full digital” diventando sempre più interconnesse con i propri cittadini, il territorio e l’economia, alcuni esempi sono: Singapore, New York, Oslo, Helsinki, Copenaghen ma, soprattutto, Zurigo, Losanna e Ginevra in Svizzera. L’Italia è indietro e deve recuperare lo svantaggio.

Redazione Trend-online.com
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