Come e quando nascono le rivoluzioni

La parola rivoluzione evoca in noi un radicale cambiamento politico e sociale attuato in maniera violenta, ma il termine deriva dal latino “revolutio”.

La parola rivoluzione evoca in noi un radicale cambiamento politico e sociale attuato in maniera violenta, ma il termine deriva dal latino “revolutio” che significa rivolgimento, quindi nel suo significato proprio dovremmo intenderlo semplicemente come “grande cambiamento”, non solo quindi come quello di violenta sommossa popolare.

È inevitabile però, che quando usiamo il termine rivoluzione la nostra mente si rivolga inevitabilmente alla Rivoluzione francese del 1789 e quella russa del 1917 che furono rivoluzioni violente, non semplicemente dei radicali cambiamenti.

Ho voluto citare le date di queste due rivoluzioni proprio perché così ci vengono insegnate a scuola (o almeno le si insegnava in questo modo quando andavo a scuola io), tuttavia spesso, anzi sempre, si sorvolava sulle motivazioni profonde che avevano portato poi quei popoli a ribellarsi verso il potere, impersonificato dal Re in Francia, e dallo Zar in Russia.

Ebbene ora chiediamoci: perché scoppiarono queste rivoluzioni?

Come voi certamente sapete, non sono uno storico e non ho neppure la presunzione di avere una preparazione specifica in materia, ma a me sembra logico ritenere che tutte le rivoluzioni al mondo siano scoppiate per un unico motivo, ed è quello economico.

Usando un’iperbole, direi semplicemente che il popolo si ribella … quando ha fame.

Quindi potremmo dire che le motivazioni delle rivoluzioni vadano cercate nel peggioramento delle condizioni di vita della popolazione negli anni precedenti.

Nel caso della rivoluzione francese, alcuni si spingono a dire che la stessa di fatto cominciò nel 1710/1720 insomma sessanta o settant’anni prima, e su cosa basano quell’affermazione che sembra obiettivamente azzardata?

Sul fatto che a partire da quegli anni i governi, valutando preoccupante la situazione economica, cominciarono a proporre misure sempre più emergenziali per contrastare appunto la situazione che si faceva sempre più critica.

Misure che, visto l’esito finale, si rivelarono sempre inefficaci.

Qualcuno di voi potrà dirmi … se la storia si ripete questa è una pessima notizia, se infatti attualmente le misure emergenziali sono in atto a partire dal 2007/2008, insomma da una quindicina di anni, prima di arrivare a far scoppiare una rivoluzione ci vogliono ancora almeno una cinquantina d’anni, un lasso di tempo eccessivo per parecchi di noi.

Ok, è vero, cosa posso rispondere. Beh posso senza dubbio dire che è vero che le misure economiche che vengono definite non convenzionali (insomma di fatto assolutamente straordinarie), sono in vigore da una quindicina d’anni, ma è anche evidente che la crisi delle finanze pubbliche è iniziata ben prima. 

Ecco questo è il termine fondamentale per capire il tutto, le finanze pubbliche.

Ora so che molti di voi potranno essere delusi, ma io ho il dovere di dire “il vero” anche a costo dell’impopolarità, diffidate sempre dai populisti, coloro che vi consolano e rassicurano raccontandovi che la soluzione ai vostri problemi è semplice ed a portata di mano.

E soprattutto coloro che vi dicono che “lo Stato”, sarebbe più corretto dire l’Amministrazione Pubblica, sia in grado di risolvere i problemi di tutti noi. 

Se queste persone sono in buona fede o sono ignoranti o sono ingenui, se invece sono in malafede, ovviamente lo fanno solo per un loro tornaconto personale, sfruttando appunto la popolarità che conseguono in questo modo.

Loro hanno trovato così la maniera di risolvere i loro problemi, non i vostri!

Certo a tutti noi fa piacere sentirsi rassicurati, sentire che la soluzione di tutti i nostri problemi è dietro l’angolo e basta svoltare per trovarci in un mondo paradisiaco nel quale tutti viviamo bene ed in pace.

Purtroppo non è così!

Sarebbe così se qualcuno fosse in grado di “creare” qualcosa di materiale, qualcosa che abbia un valore, perché se qualcuno fosse in grado di creare qualcosa di materiale poi troverebbe logico anche regalare ciò che ha creato, visto che può ricrearlo a piacimento.

Ma nessuno è in grado di creare qualcosa di valore, nemmeno lo Stato. Dobbiamo rassegnarci a questo fatto che oltretutto è banalmente logico.

Detto questo, ovviamente, ognuno di noi deve battersi per cercare di vivere in una società più equa, più giusta, sapendo però che ognuno di noi, per primo, sia conscio che soltanto il lavoro, quindi la fatica, può davvero permetterci di migliorare la nostra società e lasciare ai nostri figli un mondo migliore.

Ma torniamo alle rivoluzioni, perché c’è un altro aspetto fondamentale che le caratterizza.

Non è un paradosso: se infatti, come ho detto, le rivoluzioni vengono fatte per motivi economici, esse stesse hanno bisogno di essere finanziate.

La narrazione che il popolo affamato, armato di soli forconi, assalti i palazzi del potere facendo giustizia sommaria è, appunto, solo una narrazione.

Si dice che la rivoluzione russa venne finanziata con soldi che arrivavano dalla Svizzera, luogo nel quale Lenin si trovava da alcuni anni in esilio. 

Furono quindi le Banche svizzere a finanziare la Rivoluzione d’ottobre? 

Certamente non scopriremo mai chi inviò dei bonifici, ma è molto probabile che i bolscevichi ebbero aiuti dall’estero.

Ed infine molti mi chiedono perché gli italiani siano così remissivi ed accettano senza mai dissentire anche le restrizioni più umilianti. 

Certo è vero e questo non va ad onore del nostro popolo. Io do, a questo fenomeno, una lettura di questo tipo.

Dalla caduta dell’Impero romano l’Italia non è mai stata unita, certo tutti sapevano cos’era l’Italia, intendo dire geograficamente, ma non cosa fossero gli italiani. Troppi anni di sottomissioni ci hanno ridotto così.

E quindi siamo arrivati a pensare che non fossimo noi a determinare il nostro destino, al massimo avremmo potuto adeguarci alla situazione in essere.

Da qui anche il luogo comune nei riguardi del popolo italiano, sempre in grado di cavarsela in ogni situazione perché capace di adeguarsi allo status quo imperante.

Insomma gli italiani sembra non si espongano mai in prima persona, lasciano ad altri il protagonismo per poi adeguarsi alla situazione che viene a crearsi.

Un comportamento non certo da popolo fiero e dignitoso, ma atto a “tirare a campare”. La fierezza la lasciamo agli altri a noi interessa stare al mondo il più possibile.

Non vorrei esser stato troppo duro nei confronti degli italiani, che per altro hanno meriti tali che possono senza dubbio essere considerati unici al mondo in quasi tutti i campi. Ritengo sia superfluo ricordare il gran numero di persone di straordinario ingegno che hanno avuto i natali in Italia.

Nessun altro Paese al mondo può vantarsi di un simile primato.

E questo, lo voglio ribadire a gran voce.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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