Accesso atti in comune: la guida su come fare e costi

Come chiedere accesso agli atti in comune, a chi rivolgersi e quanto costa? Una guida per rispondere a queste domande.

Ogni cittadino ha il diritto di accedere agli atti della Pubblica Amministrazione e prendere visione dei documenti amministrativi, se ne fa richiesta anche di ottenerne una copia.

Tale documentazione può essere interna o esterna al Comune e, naturalmente, nella disponibilità della PA. Alcune tipologie non possono essere visionate, come ad esempio quelli coperti da segreto di Stato o per cui la legge prevede un divieto di diffusione e divulgazione o perché sono oggetto di sequestro giudiziario.

Fare un elenco esaustivo di ciò che è possibile consultare sarebbe impossibile, data la vastità e la diversità degli atti pubblici, ci limiteremo a fornire le informazioni necessarie per effettuare la richiesta in modo corretto. Ecco allora, tempi, modi e costi della procedura

Come fare richiesta di accesso agli atti step by step 

Per accedere ai documenti del Comune è innanzitutto necessario informarsi presso ufficio del distretto di residenza; qui sarò possibile prendere visione della modalità giusta da utilizzare per richiedere i documenti di interesse. In generale le amministrazioni si avvalgono di una specifica modulistica. La domanda, debitamente compilata, deve essere sottoscritta dall’interessato e può essere presentata in tre modalità: consegnata personalmente inviata per posta inviata per via telematica, attraverso la propria casella di Pec.

Presentata e ottenuta la disponibilità di accedere, come fare per prenderne visione? Nell’atto di accoglimento della domanda sono presenti tutte le indicazioni necessarie: l’ufficio e la sede presso cui rivolgersi, il periodo di tempo disponibile per prenderne visione o ottenere una copia, solitamente non inferiore a quindici giorni.

Cosa sapere, invece, in merito ai costi? Buone notizie, l’esame e la semplice visione della documentazione amministrativa è sempre gratuita, se la richiesta però include anche il rilascio di una copia sarà necessario pagare una cifra corrispondente al costo di riproduzione.

Per quanto riguarda le tempistiche, il tempo necessario per la sola visione va solitamente dai 15 ai 30 giorni dopo la richiesta.

Quando la Pubblica Amministrazione esamina la domanda e la accoglie comunica al richiedente a quale ufficio rivolgersi e quanti giorni ha a disposizione. Il termine è variabile ma non può mai essere inferiore a 15 giorni; se il richiedente non esercita il suo diritto entro la data stabilita la richiesta scadrà e dovrà presentarne una nuova.

Leggi anche: Cambio di residenza online, come si fa e documenti necessari

Tipi di accesso agli atti

Atti, documenti e certificazioni  della PA sono diversi in base all’oggetto e alla funzione e per ogni categoria esistono tre tipi diversi di accesso, come dice la legge italiana:

  • documentale;
  • civico;
  • generalizzato (cosiddetto Foia).

Approfondiamo le differenze tra i tre e come funzionano. Quando si richiedono atti di tipo documentale ci si riferisce a quelli che hanno un pubblico interesse. Per questa tipologia è necessario presentare una domanda specifica e il soggetto richiedente deve avere un interesse diretto alla questione collegata all’atto richiesto.

Quello civico, invece, riguarda i documenti che secondo legge sono pubblicati sui siti internet delle amministrazioni consentendo dunque a chiunque ne abbia interesse di poterne prendere visione, senza dover fare domanda né motivare l’istanza. Sono pubblici e fruibili gratuitamente da parte di ogni cittadino.

Infine, l’accesso generalizzato (cosiddetto Foia, Freedom of Information Act) il più recente introdotto dal decreto legislativo n. 97/2016. Qui è precisato che il cittadino non è tenuto a fornire alcuna motivazione.

Accesso formale e informale

In base alla natura del documento che si vuole visionare parliamo di accesso formale e informale. Quest’ultima è possibile quando non vi è una contro parte interessata, dunque basta anche solo una richiesta verbale all’ufficio dell’amministrazione competente, quindi in modo informale.

Vi sono documenti per cui è invece necessaria una procedura formale all’amministrazione. Ad esempio è previsto quando sorgono dubbi sulla legittimazione del richiedente e sulla sua identità, quando sorgano dubbi sull’accessibilità o anche quando non si può escludere la presenza di controinteressati.

In ogni caso, per qualunque tipo il richiedente deve indicare gli estremi dell’atto richiesto, specificare e comprovare il proprio interesse, dimostrare la propria identità.

L’amministrazione competente può rispondere entro 30 giorni di tempo. Se dopo averla esaminata risulta irregolare o incompleta, l’amministrazione, entro dieci giorni, lo comunica al richiedente con raccomandata con avviso di ricevimento.

Cosa fare in caso di rifiuto

L’ufficio pubblico può quindi rifiutare la domanda del richiedente se ritiene che sia irregolare o non completa. E se il cittadino non è d’accordo cosa può fare? In tal caso ha la possibilità di presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale o chiedere che sia riesaminata la sua domanda.

Se riceve un rifiuto parziale o totale o se non riceve risposta alcuna allo scadere del termine per provvedere, ha diritto a presentare un’istanza di riesame.

Nel caso l’amministrazione si rifiuti di rilasciare un certificato anagrafico – ipotesi assai frequente – il cittadino può fare ricorso al Prefetto competente del territorio entro trenta giorni.

La normativa italiana

Prima del 1990 la procedura di accesso non era così immediato, vigeva infatti la regola della segretezza prevista nell’art. 15 del D.P.R. n. 3 del 1957. Il nostro Paese inoltre non aveva una vera e propria norma generale al riguardo se non in sporadiche disposizioni.

Nel 1992 è stato emanato il primo D.P.R. che ha indicato le prime modalità di accesso e i casi di esclusione del diritto. In seguito nel 2005 la prima la legge che sancisce la competenza esclusiva del giudice amministrativo per quel che concerne le controversie sul tema.

Il D.P.R. n. 184 del 2006 “Regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi” sostituisce definitivamente il precedente del 1992. Da qui l’evoluzione normativa è stata sempre più ampliata per assicurare libertà di consultazione su tutto il territorio nazionale.

Il decreto legislativo n. 33 del 2013 “Testo unico per la trasparenza amministrativa nelle P.A.” introduce l’accesso civico semplice con lo scopo di permettere a chiunque di accedere a tutti quei dati ed informazioni che le amministrazioni devono per legge pubblicare sui propri siti internet istituzionali.

Ed infine la cosiddetta Riforma Madia ha portato all’emanazione del d.lgs n. 97/2016 che modificando il precedente decreto legislativo introduce l’accesso civico generalizzato o universale.

È una riforma molto importante perché viene ampliato in maniera consistente il regime di consultazione previsto dal precedente decreto legislativo. Il cittadino ha quindi modo di visionare dati e informazioni i in modo semplice e immediato.

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