Cucinare in balcone in condominio: attenti al regolamento!

Quando si può cucinare sul balcone, quali immissioni sono tollerabili e in che modo influisce il regolamento di condominio, il codice civile e il decoro.

Soprattutto con l’inoltrarsi della bella stagione a chi ha la fortuna di avere un bel balcone spazioso viene la voglia di cucinare all’aperto. I limiti però sono molti, soprattutto per chi vive in un condominio, dove potrebbero essere chiamati in campo non solo le regole del buonsenso ma anche il regolamento condominiale.

Pensiamo al caso di chi, appassionato di fritti, o di verdure bollite, che notoriamente producono un odore piuttosto intenso e persistente, pensi bene di cuocerli all’aperto con effluvi sgradevoli a danno dei vicini. 

I casi, come vedremo, sono tanti e  diversi e per tutti la risposta se si possa cucinare oppure no è la stessa: dipende. Infatti bisogna considerare la situazione in cui ci si trova, il tipo di condominio, l’orario e così via. Ecco cosa sapere al riguardo. 

Cucinare sul balcone: quali sono le criticità

Il principale problema del cucinare sul balcone, soprattutto se abitiamo in un condominio è legato al fastidio che potremmo provocare ai vicini. Probabilmente, non tanto in riferimento ai rumori, a meno che decidiamo di farlo durante la notte o al mattino presto, quanto con riferimento agli odori, e nel caso utilizziamo un barbecue anche per i fumi prodotti. Si tratta in effetti di questioni che potrebbero essere sollevate non solo da parte dei nostri condomini, ma anche dai nostri dirimpettai, se il nostro palazzo è piuttosto vicino alle loro finestre.

Non imporre ad altri le conseguenze negative delle nostre attività domestiche, anche se fatte al riparo del nostro giardino, infatti costituisce una delle regole che stanno alla base dei rapporti di buon vicinato. Questo però, non significa che dobbiamo annullare la nostra presenza e arrivare al punto di escludere qualsiasi tipo di immissione. Dobbiamo in effetti farlo secondo il buon senso.

Altro problema potrebbe essere legato al rispetto del decoro architettonico dell’edificio in cui viviamo. Così come vale per chi voglia prendere il sole sul proprio terrazzo, anche per tutte le altre attività che sono esposte alla vista degli estranei ci dobbiamo adeguare alla forma ed evitare comportamenti non in linea col luogo in cui ci troviamo.

Quando gli odori della nostra cucina sono tollerabili

Come detto noi, pur avendo un obbligo generico di non infastidire i vicini e in particolare gli altri abitanti del nostro condominio, non lo abbiamo di astenerci da qualsiasi tipo di immissione. L’articolo 844 del codice civile dice che:

” Il proprietario del fondo non può impedire le immissioni di fumo, calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità,”

Questa norma in sostanza ci autorizzerebbe a cucinare sul nostro balcone, purché non provochiamo agli altri abitanti del condominio dei fastidi che siano intollerabili. La tollerabilità verrà valutata, o in modo diretto, cioè col vigile o un tecnico che si presenti sul posto e annusi l’aria, oppure anche con l’utilizzo di apparecchi.

Nel caso di immissioni legittime il vicino le dovrà subire, senza nulla poter chiedere. Tra quelle intollerabili, poi si dovrà valutare se il comportamento da cui derivino sia qualcosa che merita una protezione prioritario rispetto al diritto del vicino. Probabilmente nel nostro caso, il diritto a friggere all’aperto non potrà mai essere uno dei diritti superiori tutelati su tutto.

Da sottolineare, poi che qui si parla sempre di immissioni indirette. Per esempio, del fatto che l’odore sia stato portato dal vento. Non potrà mai essere scusabile il vicino che per esempio con un ventilatore si adoperi per far entrare nella finestra del dirimpettaio la puzza prodotta dal cavolfiore che ha sul fuoco.

Posso chiedere il risarcimento se il mio vicino continua a cucinare sul balcone?

In questo caso la risposta non è univoca. In linea di massima, nel momento in cui le immissioni siano non solo intollerabili, ma anche non giustificabili da un interesse superiore esiste il diritto ad ottenere una giusta compensazione, che viene decisa da un giudice. Le valutazioni però sono molte, e in genere entrano in gioco anche quelle sul luogo dove si svolgono i fatti, e sui comportamenti tenuti normalmente dagli altri vicini.

Difficile pretendere un risarcimento nel caso in cui quasi tutti i componenti del condominio abbiano l’abitudine di utilizzare il loro balcone per cucinare, o nel caso noi stessi abbiamo più volte partecipato a grigliate in compagnia della famiglia che adesso contestiamo.

La giurisprudenza in realtà su questioni di questo tipo si è appostata su una posizione piuttosto cauta. Con la sentenza numero 892 del 2017 il Tribunale di Vicenza ha deciso che:

“Il danno che deriva dalle immissioni di fumo del barbecue del vicino non dà diritto ad un risarcimento.”

Qui si parla di fumo, ma la questione è estensibile anche al caso degli odori che secondo questo giudice non rientrano tra i danni tanto gravi a meritare di essere compensati con un esborso di denaro. 

Attenzione, però se si tratta di qualcosa di illegittimo e intollerabile, il vicino non sarà costretto a subire in silenzio, Avrà comunque diritto che queste immissioni cessino. Le alternative a questo punto sono, o di interrompere l’attività incriminata oppure di adottare degli accorgimenti che la rendano innocua. Tra questi eventualmente il giudice potrebbe chiedere che siano realizzate delle schermature.

Quando cucinare sul balcone è vietato dal regolamento di condominio

Non c’è nulla da fare invece nelle ipotesi in cui abitiamo in un condominio e il regolamento espressamente escluda che si possa cucinare sul balcone. Ci riferiamo a quell’accordo approvato dall’assemblea e accettato a maggioranza da tutti i condomini con il quale sono gestiti, sia l’uso delle parti comuni, sia la regolamentazione dei rapporti tra vicini. Si tratta di un atto che ha la priorità sulla legge, salvi i casi in cui contenga disposizioni illegali.

Questo significa che un divieto di fare qualcosa contenuto in questo documento va rispettato, anche se in generale la legge lo autorizza. Gli altri condomini dopo avere chiesto di interrompere quell’attività, averne discusso in assemblea e avere incaricato l’amministratore di far ragionare il vicino indisciplinato, potranno rivolgersi a un giudice che imporrà di adeguarsi alle regole comuni.

Da tenere presente, in queste ipotesi che vanno esaminati con esattezza i termini usati nel regolamento. Un conto è dire che non possono essere prodotti fumi, o non possono essere fatte grigliate, altro vietare in modo espresso di cucinare qualsiasi cosa. Evidente, però che trattandosi della necessità di convivere, probabilmente sarebbe opportuno trovare un punto di incontro, evitando di essere troppo puntigliosi nel fare valere i propri diritti.

Quando cucinare sul balcone è contrario al decoro

Potrebbe neppure essere necessario la presenza di una norma specifica nel regolamento del condomino per impedirci di cucinare sul nostro balcone privato. I nostri vicini, infatti potrebbero tirare in ballo il decoro: quell’insieme di regole non scritte e di contenuto piuttosto vago che impongono di tenere in alcuni luoghi un comportamento sobrio e dignitoso. Chiaramente dipende dal tipo di edificio in cui abitiamo, dalla zona della città e anche da quello che è considerato normale da chi ci abita a fianco.

Non potremo però mai installare una cucina da campo in un edificio storico, nel centro città, a meno che si tratti di una delle tipiche case di tipo popolare, che ancora occupano alcune delle maggiori città italiane. In questo caso il divieto vale non solo se non c’è un regolamento ma anche se abitiamo in un edificio interamente di nostra proprietà. Non è escluso che di propria iniziativa o su segnalazione di altri, i vigili urbani potrebbero anche appiopparci una multa.

Quando è possibile cucinare sul terrazzo condominiale

Questioni ancora diverse sono quelle che riguardano i barbecue installati e usati sui terrazzi condominiali. Qui il problema deriva dal fatto che si tratta di aree che appartengono a tutti i condomini, ognuno dei quali ha il diritto di farne un uso pieno, ma calibrandolo in modo da consentire un analogo uso anche a tutti gli altri, eventualmente anche in contemporanea.

In linea di massima è possibile cucinare in questi luoghi, se si ha l’accortezza di non monopolizzare tutto lo spazio a disposizione e di non infastidire gli altri, magari affumicando le lenzuola stese dalla dirimpettaia. Un limite potrebbe anche in questo caso essere dato dal regolamento di condominio. 

Che si tratti di divieti espressi, o del rispetto di giorni o orari, qui le regole vanno rispettate, e le uniche deroghe possono essere concesse solo dall’assemblea. Violare un divieto di questo tipo significa, non solo inimicarsi i vicini, innescando spesso uno spirale di incomprensioni e di dispetti, ma anche correre il rischio di essere portati davanti a un giudice che oltre ad imporre di astenersi dal tenere quel comportamento ci addebiterà le spese del giudizio.  

Si può installare una cucina sul balcone?

Qui i problemi si complicano, perché probabilmente si renderà necessario fare dei lavori in muratura.  Per fare quelli avremo bisogno di un permesso o di una concessione edilizia da parte del comune, senza il quale probabilmente saremo sanzionati per abuso edilizio, con poi la possibilità di sanare l’irregolarità o l’obbligo di rimuovere il nuovo manufatto.

Vivendo in un condomino, anche quello non potrebbe essere sufficiente, perché delle modifiche fatte sulla facciata o in parti, comunque, ben visibili dell’edifico devono essere autorizzate dall’assemblea. Anche qui il decoro del palazzo o il suo pregio architettonico potrebbero esserci sfavorevoli.

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