Italia: l’economia preoccupa

Come vi ho sempre detto in altre occasioni, è sempre interessante dare un occhio al sito dell’Istat, l’Istituto Italiano di Statistica.

Come vi ho sempre detto in altre occasioni, è sempre interessante dare un occhio al sito dell’Istat, l’Istituto Italiano di Statistica.

Una brevissima parentesi, obiettivamente il sito dell’Istat potrebbe essere fatto meglio, non è agevole la consultazione, ma nulla ci possiamo fare se non segnalarlo.

Torniamo a noi, comunque, consultando il sito dell’Istat veniamo a conoscenza di tanti dati importanti e soprattutto veniamo a conoscenza dell’andamento economico e sociale della nostra Italia.

Naturalmente poi i dati vanno analizzati, non dobbiamo fermarci alla superficie, prendo ad esempio proprio un recente report riguardante il reddito disponibile delle famiglie.

Ovviamente il dato si riferisce all’anno appena trascorso, nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie italiane è aumentato del 4,7%.

Bene, anzi benissimo! Verrebbe da dire, ma attenzione, capite che non basta guardare alla variazione del reddito disponibile per capire se le famiglie italiane sono diventate un po’ più ricche, perché ovviamente dobbiamo fare i conti con l’aumento dei prezzi.

Allora dobbiamo cercare il dato sulla variazione del potere di acquisto, ed ecco infatti la doccia fredda, il potere d’acquisto delle famiglie italiane nel 2023 è diminuito dello 0,5%.

Quindi, parlando terra terra, diciamo che le famiglie italiane hanno aumentato il loro reddito, ma comunque si sono impoverite perché i prezzi sono aumentati ancora di più.

Non solo, ma quel -0,5% a me, naturalmente è solo una mia sensazione, sembra finanche troppo contenuto, a mio avviso la perdita di potere d’acquisto delle famiglie italiane nel 2023 è stato ben maggiore.

Volete un altro esempio?

Sapete che una componente importante del Pil è dato dai consumi, quindi se i consumi aumentano è un fattore positivo per i nostri conti pubblici ed ecco infatti che nel 2023 la spesa per consumi finali è aumentata del 6,5%.

Anche in questo caso verrebbe da dire: bene! Bella notizia.

Sì, ma è importante capire se i consumi sono aumentati a causa dell’inflazione, ed infatti ecco la doccia fredda, perché in corrispondenza dell’aumento dei consumi si riscontra una riduzione della propensione al risparmio.

Era il 7,8% ora è del 6,3%. Quindi gli italiani risparmiano di meno, aumentano i consumi perché sono aumentati i prezzi.

Ma ora chiediamoci:

E’ un dato negativo quello registrato dalla propensione al risparmio scesa al 6,3%?

Non è negativo è pessimo. Perlomeno per l’Italia. Sappiamo infatti che uno dei vanti degli italiani era la loro importante propensione al risparmio, ebbene una propensione al risparmio del 6,3% è il tasso più basso mai riscontrato.

Insomma l’inflazione ci ha impoverito, il reddito delle famiglie italiane, naturalmente mediamente, non è aumento quanto l’inflazione.

Risultato: ci siamo impoveriti. Ma d’altronde sono giunto ad una conclusione ovvia.

Vediamo ora se l’anno in corso è partito bene e magari ci sono buone notizie, sono arrivati proprio oggi i dati sulla produzione industriale di gennaio. Leggo proprio dal sito dell’Istat:

A gennaio si stima, per il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, un calo congiunturale sia in valore (-3,1%) sia in volume (-2,6%).

Si registrano diminuzioni della stessa intensità per valori e volumi ( 2,4%) sul mercato interno e flessioni più accentuate dei valori (-4,5%) rispetto ai volumi (-2,8%) sul mercato estero.

Quindi fatturato dell’industria male, male per quanto riguarda il mercato interno (-2,4%), ma peggio ancora per quello estero (-4,5%).

Se abbiamo avuto un calo congiunturale, magari è andata meglio su base tendenziale, macché!

La flessione in valore è stata a gennaio del 3,6%, 3,4% in meno sul mercato interno e 3,9% in meno sul mercato estero.

Ci consoliamo, ma solo parzialmente per quanto riguarda i servizi che hanno registra un incremento congiunturale sia in valore (+1,6%) sia in volume (+1,7%). Incrementi ancora maggiori su base tendenziale aumentati in valore del 3,6% ed in volume del 3,8%.

Ricordo però che la produzione industriale ha un peso nettamente maggiore rispetto a quella dei servizi, quindi il calo della produzione industriale sia congiunturale che tendenziale è certamente preoccupante perché ci dice che questo momento di debolezza sia destinato a proseguire ancora.

Per concludere due parole anche sulla decisione della Bce di lasciare i tassi invariati, decisione ampiamente prevista e quindi che non ha destato alcuna sorpresa.

Così come non ha destato alcuna sorpresa in pratica l’annuncio che nella riunione di giugno si procederà al primo taglio dei tassi.

Presumibilmente di un quarto di punto percentuale.

L’euribor a un mese che spesso viene utilizzato come base per il calcolo degli interessi applicati ai mutui a tasso variabile al momento è rimasto su valori mediamente elevati il 3,87%, auguriamoci di vederlo scendere al più presto.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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