Elena Cecchettin, sorella di Giulia, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ha inviato una lettera intensa al Corriere della Sera. Il suo appello è chiaro: la sua famiglia deve essere l’ultima a piangere un femminicidio, lo Stato deve fare qualcosa.
Omicidio Giulia Cecchettin: la lettera della sorella Elena
Sabato 18 novembre, a distanza di una settimana esatta dalla scomparsa, il corpo di Giulia Cecchettin è stato ritrovato nei pressi del lago di Barcis, in Friuli Venezia Giulia. Ad ucciderla senza pietà è stato l’ex fidanzato Filippo Turetta, lo stesso che sosteneva di amarla più di ogni altra cosa. Il ragazzo, però, non si è suicidato come credevano in molti, ma ha proseguito la sua fuga verso la Germania. Fortunatamente, è stato arrestato nelle prime ore di domenica 19 novembre e presto verrà estradato in Italia.
Dopo il ritrovamento del corpo di Giulia, la sorella Elena ha scritto una lettera al Corriere della Sera, uno sfogo dal sapore amaro, ma anche un appello alle istituzioni, affinché la sua sia l’ultima famiglia a piangere un femminicidio. “Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro“, ha scritto la Cecchettin. Ha proseguito:
La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura. Viene spesso detto non tutti gli uomini. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista.
L’appello di Elena Cecchettin alle istituzioni
La lettera della sorella di Giulia si conclude con un appello alle istituzioni. La speranza della famiglia Cecchettin è che la morte della famigliare non sia vana, che le autorità facciano qualcosa per dire davvero basta alla violenza contro le donne. Si legge:
Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto.
Elena ha concluso la sua lettera citando ancora una volta, come già fatto dal suo profilo social, le parole dell’attivista peruviana Cristina Torres Caceres.