Cos’è questa storia della RAM finta sugli smartphone? Facciamo chiarezza

Si sente sempre più parlare di una RAM espandibile per gli smartphone: funziona o è inutile? La verità sta nel mezzo.

Nella tecnologia la memoria è importante. Il progresso si mostra agli utenti finali soprattutto con un ingrandimento: i numeri salgono col tempo. Molti valori numerici di oggi sono almeno dieci volte più grandi di quelli di inizio millennio.

A volte, però, questo elemento viene sfruttato per marketing. Numeri gonfiati ad arte per dare l’impressione di grandezza al cliente, che così compra, attratto da un potenziamento che non c’è o è troppo blando per fare la differenza. Non è una fregatura, ma ci va comunque vicina.

Oggi, per esempio, si sente parlare sempre più di memoria RAM espandibile “virtualmente” sugli smartphone. Ma cosa significa? Anche questo è un numero gonfiato? Vediamo il vero senso della RAM virtuale sui telefoni e quanto effettivamente risulta utile.

L’esempio dei Megapixel e i numeri “vanità”

L’esempio fotografico fa al caso nostro. Chi conserva un vecchio telefonino non-smart, o una fotocamera compatta digitale dei primi 2000, può leggere i numeri dell’epoca dei Megapixel, ossia la quantità di pixel che compongono una foto. Di norma, più ce ne sono, più la foto dettagliata.

I primi telefonini con le foto e i più economici avevano il minimo sindacale di 0,3 Megapixel; quelli più pretenziosi 1,3 o forse 2. Le fotocamere compatte, prima 5 e poi 8.

Tutte queste cifre oggi sono superate. Qualsiasi telefono scatta a 12 o 16 Megapixel originali (da anni), e le macchine fotografiche anche oltre i 20 Megapixel. E questo ha rappresentato un’evoluzione tecnologia indiscutibile: prima la quantità di MPX era troppo ridotta per produrre scatti soddisfacenti, che incorporassero la giusta luce, i giusti dettagli, gli elementi in lontananza. Salire era indispensabile.

Qualcuno si sarà sorpreso leggendo di 12 o 16 Megapixel perché in tutte le pubblicità ne vengono declamati molti di più: fotocamere da 48,64 e addirittura 108. In realtà la lente originale scatta sempre a 12 o 16. I Megapixel nelle pubblicità sono aumentati a livello “virtuale”, cioè tramite software. Non sarebbe possibile mettere una lente che assorba tanti pixel in uno smartphone – anzi, a volte nemmeno nelle fotocamere digitali professionali!

Tramite alcune operazioni la fotocamera del telefono assorbe più dettagli, ma in modo artefatto e sovrapposto; poi li mescola e crea un’immagine con tantissimi pixel, ma tutti meno dettagliati di un pixel vero. E alla fine l’immagine è solo poco più bella dello scatto semplice da originale, ma molto più pesante e lenta. Nell’uso quotidiano non serve a nulla, la userete una volta l’anno, lo scatto originale non ne ha bisogno: è solo un numero di “vanità”.

Ecco la verità: come funziona la RAM espandibile

Ci sono comparti tecnologici in cui la quantità è tutto, come la memoria di archiviazione. Inutile che ci giriamo intorno: 512 GB è il quadruplo di 128 GB e quindi è quattro volte quello spazio. In quei casi, il numero non nasconde nessun segreto. Ma la RAM è una questione diversa.

RAM sta per Random Access Memory, una sorta di memoria a “breve termine”, che il dispositivo sfrutta per contenere i dati dei programmi mentre sono aperti; quando li chiude, quella memoria torna a liberarsi. Anche per la RAM, se confrontassimo coi numeri di vent’anni fa, vedremmo crescite enormi – da 512 MB ad almeno 8 GB, sedici volte tanto.

In generale, averne di più è meglio, perché c’è più memoria di calcolo da sfruttare: uno smartphone con più RAM saprà mantenere più app aperte contemporaneamente e usare app più pesanti. Non c’è nulla di male a preferire un telefono con 8 GB di RAM a uno con 6, anche se per il livello attuale della tecnologia (che non si smuove da anni) è difficile eccedere l’uso di 6 GB, quindi pressoché tutti quelli da 300 euro sono eccellenti.

In ogni caso, la RAM espandibile è, come i Megapixel di prima, virtuale, cioè gestita dal software e non da un vero blocchetto di memoria. Il software prende in prestito alcuni GB dalla memoria di archiviazione (quella da 128, che si chiama ROM). Poi li usa come fossero RAM aggiuntiva, per le operazioni di calcolo e per le app.

Risulta così che la RAM sia aumentata, ma l’aumento è puramente virtuale, perché non abbiamo RAM in più, ma solo ROM prestata a RAM. E non riesce a fare le stesse cose.

La RAM espandibile serve a poco, ma almeno non frega il mercato

La ROM è una memoria di archiviazione pensata per il lungo termine: deve conservare i file al sicuro e gli interessa essere più ampia, non ha il compito di essere veloce. Infatti è molto più lenta della RAM, che serve a fare calcoli e immagazzinare dati veloci, che entrano ed escono in continuazione.

Ecco perché virtualizzare la ROM in RAM non serve quasi a niente. Potrebbe fare lievissime differenze sul tenere aperta una o due app in background in più, magari per app leggere, ma non muta in modo importante le prestazioni del telefono. Anche perché è difficilissimo “riempire la RAM” di un telefono moderno, anche quando non hanno i 12 GB dello Xiaomi 12t.

La tecnologia è un più sensata su memorie piccole: se avessimo soli 4 GB di RAM, sarebbe utile virtualizzarne qualcun altro perché il telefono non chiuderebbe subito qualche app in background. Forse non vedremmo più fluidità ma darebbe una mano; il problema è che sui telefoni odierni con poca RAM non viene quasi mai inclusa, e su quelli vecchi non è presente perché non era ancora nata.

Ecco allora che l’espansione di RAM si rivela pressoché inutile sui modelli prestanti, specie se hanno almeno 8 GB. Un punto lieto però c’è: seppur pubblicizzata, questa tecnologia non ha fatto crescere i prezzi ed è stata usata solo come attrattiva, insomma è diventata una delle tante caratteristiche nella scheda tecnica. Poco male: se non c’è, nessuno ne sentirà la mancanza.

Ivan Cunzolo
Ivan Cunzolo
Copywriter e SEO Web Writer freelance, classe 1993. Sono nato e vivo a Napoli, amando la mia città. Sin da piccolo ho sempre scritto senza fermarmi mai, prima sulla carta, poi al computer. Al desiderio di diventare giornalista ho unito il nascente interesse per marketing e tecnologie. Mentre iniziavo con tonnellate di articoli in progetti sul web di pura passione, mi sono laureato in Culture Digitali e della Comunicazione alla Facoltà di Sociologia dell'Università Federico II. Da 6 anni sono Copywriter e Web Writer freelance, specializzato nella scrittura SEO.
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