Onecoin: la crypto scam da 4 miliardi di dollari

Il mondo degli investimenti, soprattutto nell'era digitale non è al sicuro da frodi architettate a regola d'arte sull'ignoranza dei finanziatori

Al giorno d’oggi ormai in molti hanno intuito la grande accessibilità data dai media al settore degli investimenti.

Capita spesso, nel quotidiano, di imbatterci nella storia del parente o dell’amico, dell’amico, che ha fatto fortuna con una piccola cifra investita in azioni, o più recentemente, in bitcoin.

In effetti, sebbene il neonato mondo delle cryptovalute abbia dato nel corso di un decennio molte soddisfazioni ai miner più incalliti ed esperti, di certo la fortuna non è arrivata per tutti coloro che hanno investito sui nuovi assets.

Sempre più spesso sentiamo parlare, non solo del numero crescente di finanziatori del settore ma, dei rischi connessi a questo mondo.

Come del resto accade per ogni altro asset del mercato, infatti, le criptovalute hanno grande volatilità, questo ne determina le forti oscillazioni di prezzo e spesso spaventa gli investitori e se anche i più esperti possono perdere grandi capitali, per coloro che non hanno dimestichezza potrebbe anche capitare di restare vittima di vere e proprie truffe, in stile Vanna Marchi.

Se è vero, infatti, che la fortuna delle crypto è data dalla decentralizzazione monetaria che riduce i costi delle transazioni, resta di fatto da considerare che l’anonimato più dare luogo ad azioni di riciclaggio e che in virtù di questi e altri motivi chiunque potrebbe approfittarsi dell’ignoranza generale e architettare, quelle che vengono in gergo dette scam, letteralmente truffe.

Secondo i dati di Crypto Head, sito di intelligence del settore, poiché la sicurezza e l’affidabilità nel campo delle valute digitali sono ampiamente instabili, negli ultimi dieci anni ci sono state frodi crittografiche per almeno 15 miliardi di dollari.

Come nel caso di Onecoin, sedicente moneta virtuale che nel corso degli ultimi anni, è stata al centro di quello che il Times ha definito una delle più grandi truffe della storia.

Onecoin lo scandalo in schema Ponzi del settore cryptovalute è stato, e continuerà, in questo senso, ad essere, sicuramente spunto e oggetto di non poche riflessioni.

Ponzi scheme

Lo schema Ponzi, in sostanza

è uno schema piramidale su cui si fondano moltissime truffe commerciali, basato su promesse di vantaggi o economiche in cambio dell’affiliazione all’investimento stesso.

Il sistema nello specifico funziona fintanto vi siano nuove affiliazioni, quindi nuova liquidità

Il nome viene dal suo ideatore, Carlo Pietro Giovanni Guglielmo Tebaldo Ponzi, ravennate di origine, statunitense d’adozione.

Nel 1903, durante gli anni della grande migrazione lo squattrinato Carlo, sbarca in America, vivendo di stenti e piccola delinquenza. Tra le varie scorrerie, qui Charles, da una piccola idea mette su una grande truffa che lo avrebbe, post-morte, reso globalmente celebre.

Il business era incentrato sul contrabbando di buoni postali per l’acquisto di francobolli

Al tempo infatti le lettere inviate all’estero includevano un buono per acquistare il francobollo di risposta, così Ponzi, iniziò a creare una rete di emigrati che gli procurassero i buoni inutilizzati, per poi rivenderli sul mercato americano.

Forte dei guadagni così ottenuti, decise in seguito di aprire una società basata sul medesimo schema. Promettendo agli investitori il 50% di rendimento in tre mesi, tutto funzionò in perfetto schema piramidale, fin quando un giornalista e analista di Wall Street, Clarence Barron, non si accorse della frode.

Barron notò che Ponzi investiva la liquidità donatagli dai suoi affiliati in proprietà immobiliari, azioni e obbligazioni tradizionali. A questo punto sorgeva spontanea la domanda: – se lo schema era così sicuro, perché investire in maniera così tradizionale e poco remunerativa? -. 

Inoltre, per garantire i rendimenti promessi agli investitori, Ponzi avrebbe dovuto vendere 160 milioni di buoni postali ma questo non sarebbe stato possibile visto che le poste statunitensi ne avevano messi in circolazione solo 27 mila.

Nonostante tutto la truffaldina idea di Ponzi funzionò per qualche anno per poi essere definitivamente scoperta.

Ebbene ancor oggi, nonostante la sua longeva età, lo schema Ponzi va parecchio di moda in fatto di truffe finanziarie internazionali su grandi capitali.

Se n’era già parlato, nel 2008, con l’arresto dell’imprenditore finanziario statunitense  Bernie Madoff, accusato di aver fatto volatilizzare 65 miliardi di dollari, promettendo agli investitori rendimenti fissi annui del 10%.

Onecoin scam

Più recente, è stato invece, il caso della sedicente cryptovaluta Onecoin.

Il progetto Onecoin è stato promosso, intorno al 2014, dalle due società gemelle offshore, con sede legale a Sofia, Bulgaria:

  • OneCoin Ltd, registrata a Dubai e
  • OneLife Network Ltd, registrata in Belize

e da una fitta rete di network e altre società, sparse per il mondo, operate dal bulgaro Kostantin Ignatov e dalla sorella Ruja, in collaborazione con un terzo promotore, Sebastian Greenwood e altre persone a questi vicine.

La millantata moneta è stata in seguito lanciata sul mercato americano nel 2015 ma in verità non è mai stata realmente emessa.

Nel caso di Onecoin, infatti lo schema Ponzi, è stato attuato basando il valore della moneta sull’aspettativa dell’acquirente. L’illusione creata dalla promessa del crescente rendimento in un futuro immediato, è stata, dunque, concretizzata dell’ingresso di nuovi partecipanti all’investimento stesso.

Tutto questo è stato possibile attraverso le varie società e piattaforme di e-lerning, trading, scambio di servizi ecc., globalmente localizzate, facenti capo ai due bulgari e al loro fidato contorno.

Sostanzialmente il progetto prevedeva la vendita a fine promozionale, su queste piattaforme, di pacchetti del valore di circa 27.500 euro, a fronte del quale acquisto era garantito un rendimento, dopo soli due anni, di 3 milioni.

Appare chiaro come questo tipo di schemi di investimento, basati sulla promessa del bene e non sull’effettività reale dello stesso, risultino complessivamente deboli e rischiosi

ed è altrettanto chiaro come Onecoin non abbia, per questi motivi, mai visto la luce.

L’inizio dello scandalo Onecoin

Infatti, anche se, oggi, l’evoluzione tecnologica ha reso sempre più semplice la creazione di cryptovalute, nel caso di Onecoin, la moneta, addirittura, scompare non lasciando spazio ne alle tecnologie ne ai concetti di base del mondo delle criptocurrency.

Dopo le prime avvisaglie della scam Onecoin, già nel 2016 all’interno dell’UE; l’anno successivo, in Italia, le società One Life Network Ltd, One Network service Ltd, Easy Life srl, nonché i proprietari dei domini onecoinsudtirol.it, onecoinitaliaofficial.it, onecoinitalia.com, venivano multati, a seguito di indagini svolte in collaborazione tra Antitrust e Guardia di Finanza.

Le multe nei confronti di tali soggetti, per ingannevole promozione della fantomatica criptovaluta, ammontavano ad un totale di oltre 5 milioni di euro.

Nella nota dell’Antitrus, risultava che le attività svolte da tali società erano, per l’appunto, basate su un sistema piramidale avente ad oggetto la promessa che, successivamente all’acquisto dei pacchetti, quando la moneta sarebbe stata emessa avrebbe acquisito valore grazie alla, già avvenuta, diffusione.

Tali elementi ovviamente non sussistevano e dunque non trovarono riscontro, Onecoin infatti al di là della promozione sui vari canali e piattaforme, come già detto, non venne mai diffusa.

Conseguentemente all’inizio di più vaste indagini, l’uno dicembre 2019 anche una pubblicazione di monitoraggio di Multy Level Marketing, behindmlm.com, rilevò che uno dei siti in uso al sistema Ignatov, onecoin.eu, era stato offuscato.

La fuga della crypto regina e la caduta dell’impero Onecoin

Come nelle migliori fiabe che si rispettino ad un certo punto della storia avviene sempre il colpo di scena.

Infatti alla fine dell’ottobre del 2017 lo schema piramidale Onecoin crolla.

Ruja Ignatova, la crypto regina dell’impero, dopo aver truffato oltre tre milioni di investitori in ben 175 paesi nel globo, per un ammontare di circa 4,5 miliardi di euro che, si dice, sarebbero finiti nei paradisi fiscali, si imbarca su un volo da Sofia ad Atene e si “volatilizza” proprio come la sua moneta fantasma.

Effettivamente però il fenomeno Onecoin non termina qui ma continua almeno fino al marzo del 2019, quando viene fermato e arrestato dall’Fbi, all’aeroporto di Los Angeles, il fratello di Ruja e coofondatore dell’impero, Konstantin.

Successivamente nell’estate dello stesso anno, Konstantin, viene imputato, insieme alla sorella scomparsa, e processato a New York. Il 28 giugno il giudice, della corte distrettuale meridionale di New York, respinge la richiesta di rilascio da parte della difesa di Ignatov.

In seguito, il 4 ottobre avrebbe firmato un patteggiamento dichiarandosi colpevole di riciclaggio e frode.

I numeri della truffa Onecoin

Si valuta che dal 2014 al 2016 i due, attraverso la società Onecoin Ltd, abbiano avuto profitti provenienti in percentuale da:

  • Cina 60%,
  • Europa 18%,
  • Australia 15%,
  • Nord America e Caraibi 3%

per un totale di circa 2,2 miliardi e oltre 3.3 miliardi di euro di fatturato.

Un processo in Germania, a tutt’oggi in corso, sta facendo luce sull’acquisto da parte della Ignatova di un lussuoso attico, nel quartiere londinese di Kensington, contenente peraltro opere d’arte, per un valore di 500.000 £ acquistate tramite la galleria d’arte Halcyon di Londra.

Inoltre, sul come l’Ignatova abbia gestito vari personaggi tra i quali avvocati e legali patrimoniali anche dopo la sua scomparsa.

Basti pensare che anche l’acquisto dell’appartamento fu firmato nel 2016, quando in almeno uno dei paesi dell’unione europea era già stato emesso un avviso su Onecoin.

Infine, durante la sua permanenza a Londra, a parte l’attico, pare che Ruja non si fatta mancare nulla, dagli uffici nell’esclusivo distretto di Knightsbridge ai festeggiamenti per il suo 36° compleanno al Victoria & Albert Museum.

Dopo la sua scomparsa l’attico è certamente rimasto in uso alla guardia del corpo di Ruja, Frank Schneider e al fratello della stessa, nonché ad altri personaggi di rilievo che risultano coinvolti nella vicenda.

Ad ogni modo, molti dei personaggi e diverse società coinvolti nello scandalo Onecoin avevano già un passato discutibile, come il legale Mark Scott, della Lock Lord, e Pike, direttore di un fondo operativo privato, accusati entrambi di reciclaggio per conto del sistema Onecoin o come anche l’ex presidente Nigel Allen, già al centro di altre truffe come: Crypto 888 e Brilliant Carbon.

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