Fed: tightening fino a che qualcosa si rompa

Il Nasdaq da inizio anno cede il 18.1%, ma peggio fa il “TLT”. E lo chiamano mercato «privo di rischio».

Il Nasdaq da inizio anno cede il 18.1%, ma peggio fa il “TLT”. E lo chiamano mercato «privo di rischio». La cautela raccomandata dal modello di asset allocation sin dalla fine di novembre non è stata inopportuna. Al contrario, è confermata, con il nuovo taglio dell’esposizione.

C’è poco materiale originale a supporto della debacle del mercato azionario USA nelle ultime 48 ore: una flessione superiore al 5% dai massimi intraday di giovedì, che soltanto in parte si spiega con la malcelata aggressività della Federal Reserve.

Powell e soci hanno chiarito definitivamente le intenzioni di un tightening davvero duro: 175 punti base di incremento del Fed Funds rate nei prossimi tre mesi, e complessivamente 12 incrementi da un quarto di punto per tutto il 2022. Questo scenario, obiettivamente, non è da tutti ben abbracciato, stando all’ultimo sondaggio fra i money manager reso disponibile da BofA Merrill Lynch: che prezza soli 7 incrementi da un quarto di punto, per tutto il ciclo restrittivo. Ma le autorità americane sono determinate a piegare il ritmo di crescita dei prezzi al consumo, anche a costo di una recessione e/o di un bear market. O quantomeno, fino a che qualcosa si rompa.

Ne fa le spese l’Equity, ma soprattutto il mercato obbligazionario. Il Nasdaq da inizio anno cede il 18.1%, ma peggio fa il “TLT” (-18.7%). Il “BND”, ETF che rappresenta l’intero universo del reddito fisso americano, perde il 9.45%, mentre il Bloomberg Barclays Aggregate Bond fa registrare la peggiore perdita, a questo punto dell’anno, di tutta la storia. E lo chiamano mercato «privo di rischio». Una gestione bilanciata – 60% azioni, 40% titoli di Stato – si avvia a conseguire nuovi minimi dopo aver ritracciato un canonico 61.8% delle perdite patite nel primo trimestre.

La cautela raccomandata dal modello di asset allocation sin dalla fine di novembre non è stata inopportuna. Al contrario, è confermata, con il nuovo taglio dell’esposizione in Equity della passata settimana. A pochi giorni dalla fine del mese, anche aprile sta per chiudersi con un saldo negativo: al pari di gennaio e novembre. Mesi solitamente bullish, che però questa volta hanno tradito le aspettative dei Tori.

Basti pensare che se un mese di aprile negativo non interveniva dal 2012; un segno rosso nei mesi citati, dal Dopoguerra in avanti, è stato conseguito in sole altre due occasioni, di cui la più recente risale al 1974. Un anno che ricorre nelle nostre ricerche, che evidenzia diverse attinenze con l’anno in corso, e che a ben ricordare fu seguito da diversi mesi di sacrifici per gli investitori, con la Fed che tentava disperatamente di riguadagnare il controllo dei prezzi al consumo, sacrificando i prezzi di borsa.

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