Al mercato azionario finora non c’è grossa alternativa

Con la chiusura di ieri sera, lo S&P consegue un saldo superiore al +0.75% per la quinta volta negli ultimi sei giorni.

L’esame dell’ampiezza di mercato della borsa americana, tuttavia conferma come occorra ancora un ulteriore sforzo nel prossimo paio di sedute, per persuaderci che questo è non già un mero rally correttivo, ma qualcosa di ben più consistente.

Con la chiusura di ieri sera, lo S&P consegue un saldo superiore al +0.75% per la quinta volta negli ultimi sei giorni. Un fenomeno piuttosto raro, visto che dal 2000 in poi si registrano appena quattro precedenti: ottobre 2020, luglio 2011, settembre 2009 e novembre 2002. A testimonianza della eccezionalità della performance di questi giorni, si rilevi come, sollevando al +1.0% l’asticella, il setup dal 1983 in poi sarebbe stato riscontrato soltanto un’altra volta, prima d’ora: ad ottobre 2020.

Mentre Atene ride, Sparta piange. Continua, abbastanza poco dibattuta, la liquidazione dei titoli di Stato ed in generale del mercato obbligazionario mondiale. Il reddito fisso globale dal rating “investment grade” o superiore, dai massimi denuncia ora una perdita superiore al 10%: si tratta del ribasso peggiore perlomeno dal 1990, quando inizia la serie storica del Bloomberg Global Aggregate Bond Index. Un tracollo che non è enfatico definire “generazionale”, ma che non beneficia delle prime pagine dei giornali, in termini di «miliardi di dollari bruciati». Una bella vittoria, bisogna dire, per gli iscritti al TINA club: a parte le commodity, non facilmente replicabili per gli investitori istituzionali, questa stagione sta nettamente dimostrando come alle azioni non ci sia davvero alternativa.

Il recente nuovo rialzo dei tassi di interesse, oltretutto, sta recuperando alla causa il settore finanziario, che adesso torna a condividere con l’Energy l’invidiabile primato di unico settore dal saldo positivo dall’inizio dell’anno. Il Finergy insomma, raccomandato ad inizio anno pur nell’ambito di una asset allocation improntata alla cautela; continua a dettare legge. Curiosamente, la performance conseguita in questo primo trimestre dallo S&P500 Energy (+37.4%) risulta del tutto confrontabile con il +34.5% del Goldman Sachs Commodity Index: a riprova degli unici trade che quest’anno abbiano premiato; tutti gli altri settori principali dello S&P500, al momento denunciando ancora un saldo positivo rispetto al 2021.

A questo punto l’investitore si chiede se questa bruciante ripartenza sia definitiva, o non si risolva in un fuoco di paglia. Come suggerisce il Rapporto Giornaliero di oggi, la giuria è ancora riunita per deliberare: la partecipazione al rialzo vanta le stesse proporzioni che condussero ai massimi di febbraio e di inizio anno. L’ampiezza di mercato non ha ancora raggiunto quella maggioranza che genera effetti benigni nei successivi 9-12 mesi, e che manca, si guardi il caso, proprio da quel mese di ottobre 2020 citato in apertura di commento. Sicché occorrerebbe ancora un ulteriore sforzo nel prossimo paio di sedute per persuaderci che questo è non già un mero rally correttivo, ma qualcosa di ben più consistente.

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