Argentina, il peso crolla a picco dopo la vittoria di Milei: l’inizio di una nuova crisi?

I mercati non l'hanno presa bene la vittoria di Milei: il peso argentino crolla a picco alla prima apertura, e si temono ripercussioni nell'economia.

Un terremoto ha colpito l’Argentina. Anzi due. E probabilmente ci sarà un terzo, dopo quello politico e finanziario che da domenica 13 agosto sta mettendo a dura prova uno dei più importanti paesi dell’America Latina.

Il primo terremoto è quello politico, con la vittoria (per nulla scontata) del candidato del partito di destra La Libertad Avanza, Javier Milei, alle primarie per le elezioni ufficiali del 22 ottobre.

Il secondo terremoto è quello del peso argentino, caduto del 20% subito dopo l’annuncio della vittoria di Milei alle primarie.

Il terzo terremoto, che deve ancora arrivare, potrebbe riguardare la tenuta dell’assetto economico nazionale a seguito delle politiche proposte da Milei, se riesce a formare un governo col suo 30% di consensi.

Argentina, il peso crolla a picco dopo la vittoria di Milei

Anarco-capitalista, esponente della destra argentina, Javier Milei s’è portato a casa domenica quasi un terzo dei voti delle elezioni. Non tantissimo, dato che servono almeno il 45% per vincere le elezioni politiche, o il 40% se c’è un distacco di 10 punti dal secondo candidato. Altrimenti scatta il ballottaggio, ma si dovrà attendere il 19 novembre.

Ma il 30% è comunque sufficiente per avere voce in capitolo sul futuro dell’Argentina. Infatti, dopo la sua vittoria, il peso argentino è crollato a picco.

La Banca Centrale Argentina ha annunciato, dopo le elezioni, la svalutazione del peso argentino del 20%, portando così il cambio ufficiale da 286 a 365,50 per un dollaro USA.

È ufficialmente la nuova punta storica da inizi millennio.

E parliamo di una moneta che nel 2003 aveva un rapporto 3:1 con il dollaro, e poco prima della pandemia Covid era a 60:1. Nell’arco di 3 anni, il peso s’è svalutato del 600%. E questo per un’economia che non sta affatto bene, e che rischia di andare in crisi un’altra volta.

Prova di questo è anche l’andamento del peso argentino nel mercato nero, dove adesso per un dollaro servono 730 pesos. Oltre ad un’inflazione inaccettabile per famiglie e imprese, senza contare di tutti gli altri indicatori macroeconomici, praticamente in rosso.

Anche se oggi il peso sta tornando verso i 350:1, è ormai comprovato che non c’è molta felicità nell’arrivo al Congresso Nazionale di uno che è stato considerato dalla stampa come un “trumpiano”.

Le politiche di Milei: privatizzazione e liberalizzazione

Davanti all’inferno in cui si trova l’Argentina, Milei propone una ricetta fortemente legata alla dottrina ultra-liberista:

  • taglio della spesa pubblica;

  • privatizzazione dei servizi pubblici (incluse sanità e istruzione);

  • eliminazione della Banca Centrale.

Col taglio della spesa pubblica, Milei punta a ridurre un deficit sostanzialmente basso (-4,2% nel 2022, con rapporto debito/PIl all’82,4%), e a privatizzare quanti più servizi possibili, anche quelli del welfare. Così facendo, il sistema assistenzialistico verrebbe messo a dura prova, se non azzerato.

Tutto questo per seguire l’idea di uno Stato che lui considera “criminale”, fondato da una “casta politica”. Parole che l’hanno portato a ottenere grande consenso tra le fasce più deboli del paese.

Con l’eliminazione della Banca Centrale, andrebbe a eliminare a sua volta la moneta nazionale, il peso argentino. L’obiettivo di Milei è infatti di rimpiazzarla col dollaro americano, una soluzione abbastanza controversa, ma storicamente utilizzata sempre nei casi di monete iper-svalutate (si veda il caso del dollaro dello Zimbabwe).

L’alternativa sarebbe quella di utilizzare una valuta virtuale, come i Bitcoin, ma questa soluzione richiederebbe comunque l’ancoraggio ad una moneta standard (probabilmente sempre il dollaro USA). Oppure di tornare all’idea di una moneta unica col Brasile.

Al di fuori delle politiche economiche, Milei alterna idee ultra-conservatrici (è contrario all’aborto e vuole renderlo illegale), e progressiste, (è favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, alla liberalizzazione delle droghe…) se non libertarie (…e anche alla legalizzazione della vendita di organi e alla libera vendita di armi da fuoco).

L’inizio di una nuova crisi per l’Argentina?

Il programma di Milei è molto radicale, se non altamente rischioso per un paese come l’Argentina, ormai in condizioni davvero gravi.

L’inflazione sfiora il 116% e il 40% della popolazione vive in condizioni di povertà. Come Stato ha dichiarato nel 2020 il suo 9° default, il 3° da inizio millennio. E probabilmente si sta già preparando al 10° se non riuscirà ad onorare i prestiti del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ben 44 miliardi tra il 2018 e il 2019.

Il Governo non fa altro che stampare moneta per finanziarsi, e se si aggiungono anche i prestiti esteri è evidente come tutto ciò non faccia altro che alimentare inflazione e svalutazione.

Eppure quest’ultima è indispensabile per evitare il prosciugamento delle riserve valutarie, oltre al fatto che è una delle condizioni pretese dall’FMI tra le riforme economiche da varare per fare uscire l’Argentina dalla crisi.

Ma queste condizioni potrebbero non venire onorate se Milei dovesse decidere di dollarizzare il peso argentino.

L’Argentina non subirebbe più alcuna spirale inflazionistica, ma non potrebbe più determinare tassi di interesse e inflazione attraverso decisioni di politica monetaria.

Perché il dollaro USA è della FED, e dato che la FED guarda all’economia americana, se vuole perseguire politiche monetarie per gli Stati Uniti, magari con nuovi rialzi, l’Argentina deve avere la fortuna che esse non le si oppongano. A sua volta, non si avrebbe più alcun potere per importazioni ed esportazioni. Pertanto dovrebbe subire ancora di più le speculazioni.

Gli argentini però guardano al proprio paese, e al fatto che non vogliono più la casta. Infatti Milei e Bullrich hanno insieme il 58% dei consensi. Lo spostamento a destra dell’elettorato appare evidente. Ed evidente sarà il fatto che Milei andrà verso manovre economiche più fattibili, come la riduzione della spesa pubblica e l’aumento della libertà economica.

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