Generale Dalla Chiesa, l’incredibile storia vera che ha ispirato la fiction

Quella del Generale Dalla Chiesta è un'incredibile storia vera, di coraggio e passione per il proprio paese.

La fiction Rai “Il nostro generale”, con Sergio Castellitto nel ruolo principale, ricostruisce le vicende storiche, politiche ed umane che videro protagonista il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel corso del Novecento.

Dall’esperienza della resistenza, passando per la repressione delle Brigate Rosse e poi dell’azione antimafiosa, “Il nostro generale” regala un ritratto fedele ed emozionante di una delle figure più importanti del Novecento italiano.

Il generale Dalla Chiesa: una storia vera fra nazismo e terrorismo

Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ha dedicato la propria vita alla lotta per la libertà e per la giustizia, segnando con il suo operato molte delle pagine più complesse ed oscure della seconda metà del Novecento.

Nato a Saluzzo il 27 settembre 1920, in Piemonte, morì il 3 settembre 1982 a Palermo, senza arrivare a compiere 62 anni. Lo uccisero, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente della scorta Domenico Russo, più di 30 colpi di kalashnikov.

Seguiranno diverse condanne, ma il delitto rimane tutt’oggi avvolto da una patina di mistero e di omissioni.

Carlo Alberto Dalla Chiesa visse all’interno dell’Arma dei Carabinieri tutta la sua vita. Figlio di un generale dei Carabinieri, si arruolò durante la seconda guerra mondiale all’età di 21 anni.

Nel corso della guerra, operò in diverse azioni partigiane, occupandosi soprattutto di trasmissioni radio clandestine. Nonostante il suo ruolo nell’esercito italiano, rifiutò fermamente di collaborare con i nazisti in operazioni contro i partigiani, e rischiò diverse volte di essere arrestato dalle SS.

Dopo la guerra studiò scienza politiche a Bari, dove conobbe Dora Fabbo, che avrebbe sposato e da cui avrebbe avuto tre figli, Rita (giornalista e conduttrice), Nando (membro della camera dei deputati) e Simona (giornalista e politica).

Negli anni successivi, operò a Como, Roma e Milano. Si occupò di banditismo e si occupò dell’omicidio di stampo mafioso del sindacalista socialista Placido Rizzotto.

Nel 1974 fondò il Nucleo Speciale Antiterrorismo, con l’obiettivo di sradicare le Brigate Rosse, catturando a Pineroso Renato Curcio e Alberto Franceschini. Fra i metodi più utilizzati dal nucleo c’era l’infiltrazione degli agenti fra i brigatisti, molto contestato e che portò allo scioglimento due anni più tardi.

Nel 1978, tuttavia, dopo aver perso l’amata moglie Dora per un infarto improvviso, gli furono assegnati poteri speciali per combattere il terrorismo, che portarono alla fine alla sconfitta delle BR.

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La prefettura di Palermo e lo studio della mafia

Il 16 dicembre 1981 dalla Chiesa venne nominato Vicecomandante generale dell’Arma, e il 6 aprile del 1982 il Consiglio dei ministri lo nominò prefetto di Palermo. In quell’estate sposò anche Emanuela Setti Carraro.

Procedette studiando le famiglie mafiose, elaborando organigrammi e schede per individuare i legami di sangue ma soprattutto quelli dovuti a matrimoni, battesimi ed altri mezzi di coesione sociale.

Tuttavia, non ricevette mai gli aiuti e le autorizzazioni promesse, dicendo al riguardo:

Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti.

Al funerale, la figlia Rita Dalla Chiesa chiese che non fossero utilizzate le corone di fiori donate dalla regione Sicilia. Il cardinale Pappalardo, al momento dell’omelia, citò Tacito, facendo riferimento agli interminabili ritardi burocratici dello Stato:

Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici e questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo.

Secondo quanto riferito dal pentito di mafia Tommaso Buscetta (la cui vicenda è ricostruita nel film Il traditore), non sarebbe stato estraneo all’omicidio di Dalla Chiesa anche l’ex presidente del consiglio Giulio Andreotti:

Pecorelli era stato assassinato perché stava appurando “cose politiche” segretissime collegate al caso Moro. Giulio Andreotti era estremamente preoccupato che potessero trapelare questi segreti di cui era a conoscenza anche il generale Dalla Chiesa. “Lo hanno mandato a Palermo per sbarazzarsi di lui“, commentò Badalamenti, “non aveva fatto ancora niente in Sicilia che potesse giustificare questo grande odio nei suoi confronti”. In effetti, Dalla Chiesa non aveva avuto tempo di minacciare seriamente Cosa Nostra.

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