Crisi della Germania, crisi dell’Europa

A firma Wolfang Munchau compare un articolo dal titolo inequivocabile: “Germania, perché il declino economico tedesco è targato digitalizzazione e auto elettriche”

Wolfang Munchau per diversi anni sulle pagine del Financial Times ha diretto la rubrica economica europea. Oggi è editorialista del New Statesman, un settimanale londinese fondato nel 1913 da esponenti della Società Fabiana che tratta prevalentemente temi politici.

Ebbene a firma Wolfang Munchau compare un articolo dal titolo inequivocabile: “Germania, perché il declino economico tedesco è targato digitalizzazione e auto elettriche”

L’articolo inizia sottolineando le problematiche dei due Stati che manifestarono più di tutti le loro difficoltà all’interno del Sistema Monetario Europeo, chiaramente mi sto riferendo all’Italia ed alla Gran Bretagna.

Ma se i problemi dell’Italia, che nonostante quel che era accaduto entrando nello SME aderì comunque all’euro, dicevo se i problemi dell’Italia si manifestarono subito con l’adozione della moneta unica, i problemi della Gran Bretagna, che aveva mantenuto la sterlina, si manifestarono solo dopo la crisi finanziaria del 2007/2008 visto che l’economia della Gran Bretagna era molto improntata al settore finanziario.

Il conflitto russo/ucraino ha invece determinato la crisi dell’economia tedesca. Munchau è poi decisamente più severo rispetto a me, l’espressione che egli usa è: “il conflitto russo/ucraino ha fatto vacillare l’economia tedesca, spingendola nel baratro”.

E se non vi basta sempre Munchau aggiunge che la crisi della Germania non è semplicemente la parte negativa di un ciclo economico, bensì, e qui riporto di nuovo le sue parole:

L’età aurea del Made in Germany, dell’industria tedesca e della sua eccellenza tecnologica, volge ormai al termine. È la storia, questa, di un crepuscolo industriale che ben pochi si aspettavano, ed è iniziata molto prima che Vladimir Putin invadesse l’Ucraina. La produzione industriale tedesca è crollata complessivamente dell’8 percento dal 2015, mentre nel resto della zona euro è aumentata del 6 percento. Siamo davanti a un cambiamento immane, e questo non è che l’inizio”.

Ma se anche la crisi della produzione industriale tedesca, ad elevato consumo energetico, risale ad anni precedenti, senza dubbio il colpo di grazia è arrivato con le sanzioni.

Il campanello d’allarme lo aveva suonato la Thyssen-Krupp, il gruppo dell’acciaio, forse si è creduto che l’energia sarebbe sempre stata a basso prezzo, è bastato mettere in discussione questo, che era stato considerato un assioma, per bloccare la grande crescita della produzione industriale tedesca.

Naturalmente la crisi non si è fermata all’acciaio, la BASF, la nota multinazionale della chimica, ha deciso tempo addietro che il suo futuro è al di fuori dei confini della Germania.

C’è un settore che al momento è in grande espansione, oggi la Germania produce più munizioni per l’Ucraina di chiunque altro in Europa.

Tuttavia Munchau ritiene che più che la geopolitica a far male all’economia tedesca sia stata la digitalizzazione.

Secondo l’economista tedesco infatti la Germania non ha saputo cogliere il cambiamento che si stava verificando a livello planetario, e soprattutto non ha compreso la pericolosità dei rapporti economici sempre più stretti con la Cina.

Ma per concludere Munchau sottolinea un fatto che non ci deve lasciare indifferenti, egli infatti ricorda che una crisi tedesca è una crisi europea, riporto ancora le sue parole: I confinanti della Germania, nell’Europa centrale e orientale, sono già profondamente integrati nelle filiere di rifornimento tedesche. L’Unione europea dipende anch’essa dai contributi netti della Germania al suo bilancio, e dai suoi titoli di stato a tripla A come garanzia per la zona euro dopo la crisi del debito sovrano dello scorso decennio.

Ed ancora, per concludere

Ci vorrà del tempo prima che si rendano conto che il futuro dell’economia tedesca non dipende più dalla Volkswagen, quanto piuttosto dalla nuova generazione di aziende che devono ancora vedere la luce. Il vecchio Porsche disse un giorno che il miglior modo di prevedere il futuro è inventarlo. Purtroppo il suo Paese non l’ha ancora capito.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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