Patto di stabilità, quanti anni di sacrifici

Dopo una trattativa durata sedici ore e conclusa alle due di notte, è stato trovato l’accordo sulla riforma del “Patto di stabilità”.

Dopo una trattativa durata sedici ore e conclusa alle due di notte, è stato trovato l’accordo sulla riforma del “Patto di stabilità”.

Personalmente vi avevo detto che era proprio il Patto di stabilità, o meglio, la sua riforma, ciò del quale dovevamo preoccuparci in maniera particolare, non il Mes.

Certo anche la riforma del Mes era importante, ma solo in prospettiva, la riforma del Patto di stabilità, invece, sarebbe entrata subito in vigore ed andava ad impattare sui nostri conti pubblici.

Cosa sia il Patto di Stabilità penso sia noto a tutti, sono le regole di carattere economico, regole alle quali tutti gli Stati dell’Unione devono attenersi per cercare di armonizzare le diverse economie.

Potremmo definirle un cappio, ma se si accetta di far parte di una organizzazione è normale poi doversi attenere alle regole che questa organizzazione stabilisce.

Quindi l’errore non è dover seguire regole che a noi non piacciono, l’errore è accettare di far parte di questa organizzazione.

Se vogliamo il nocciolo della questione è semplice, personalmente l’ho ribadito un’infinità di volte, cos’è che non va dell’euro?

Principalmente che si tratta di una moneta unica che viene utilizzata da economie diverse.

Metaforicamente parlando quindi l’euro è un abito di un’unica taglia che deve essere indossato da persone che hanno corporature diverse.

Ed anziché chiedersi “perché mai dobbiamo tutti indossare un abito di una taglia unica?” Perché le varie persone che hanno taglie diverse non si realizzano ognuna un abito su misura?

Avete capito fuori dalla metafora: perché gli Stati non tornano ognuno ad una propria moneta nazionale, che sarebbe quella appropriata?

Sappiamo tutti che una risposta logica e sensata a questa domanda non c’è, qualcuno ha voluto questa follia dell’Unione europea e dell’euro ed allora, ritornando nella metafora, se ci produce l’abito di una sola taglia e tutto noi che abbiamo corporature diverse lo dobbiamo indossare, qualcuno lo troverà troppo largo, altri lo troveranno troppo stretto.

E questo “sarto” che confeziona questo abito di unica taglia semplicemente alle varie persone che lo devono indossare, se non calza bene, dice, a te che quest’abito sta grande … devi ingrassare; ed a te che invece quest’abito sta stretto … devi dimagrire.

Insomma sono le persone (gli Stati) che si devono adattare alla taglia (ad avere una certa economia) affinché il vestito (l’euro, la moneta unica) vada bene a tutti.

Come dicono loro, le economie dei diversi Paesi devono armonizzarsi. E dove devono trovare questa “armonia”?

Sui conti pubblici, in particolare, anzi quasi esclusivamente, l’armonia deve riguardare l’ammontare dei deficit e dei debiti pubblici.

Sono quindi stati scelti due parametri … diciamo … soglia, ossia che non devono essere superati, che, come noto sono il 3% del Pil per quanto riguarda il deficit, ed il 60% del Pil per quanto riguarda il debito pubblico.

So che su questi parametri, o meglio sulla correttezza degli stessi, si è acceso un dibattito, un dibattito al quale io non ho partecipato perché se noi ci fermassimo a contestare la correttezza di quei due parametri commetteremmo un clamoroso errore. Giustificheremmo di fatto l’Unione europea!!!

Nel senso che attribuendo all’inesattezza di questi parametri la colpa del disastro dell’euro, faremmo passare l’idea che appunto che l’errore sta nell’aver scelto dei paramenti non corretti, mentre se fossero stati scelti i parametri corretti l’euro avrebbe funzionato.

E’ qui il clamoroso errore!

Non è una questione di scorrettezza dei parametri, qualsiasi valore avessimo stabilito per quei due parametri, l’euro non avrebbe comunque potuto funzionare, perché appunto si prendono le misure di una persona per poi cucire un abito su misura, non si produce l’abito costringendo poi la persona ad adattarsi.

Comunque per venire a noi, erano diversi gli accordi che dovevano essere stipulati per riformare il Patto di Stabilità, ma innegabilmente ce n’era uno che era decisamente più importante di tutti, anzi di più, diciamo che l’accordo sul Patto di Stabilità riguardava quasi esclusivamente un solo aspetto.

Si dovevano stabilire quali misure si dovevano imporre agli Stati il cui debito pubblico supera la percentuale massima consentita del 60% del Pil, affinché questi Paesi tornino a rispettare quel parametro.

Semplifico molto, ma non tolgo nulla alla sostanza, nel vecchio Patto di Stabilità, per tornare a rispettare il parametro sul debito, si era stabilito un periodo temporale di 20 anni.

Quindi, tanto per capirci, un Paese come il nostro, il cui debito pubblico oggi viaggia intorno al 140% del Pil, ossia sforiamo il parametro dell’80%, ebbene il nostro Paese avrebbe dovuto ridurre il rapporto debito/Pil del 4% l’anno, appunto per vent’anni.

Assolutamente inattuabile, attenzione, non si trattava di ridurre il rapporto debito/Pil del 4% un solo anno, che già avrebbe richiesto sacrifici enormi, ma quei sacrifici enormi dovevano ripetersi ogni anno per i prossimi venti anni.

Insomma come detto, assolutamente inattuabile, impensabile.

L’accordo raggiunto è di un rientro dell’1% medio annuo.

Ebbene, potreste dirmi, bene, un buon accordo, l’1% anziché il 4% è una ottimo risultato, certo sono stato io il primo a riconoscere che ridurre il rapporto debito su Pil del 4% l’anno per 20 anni sarebbe stato inattuabile, ma ricordo a tutti la matematica.

Ridurre dell’1% annuo significa comunque fare politiche di austerità e per quanti anni?

Insomma passatemi la semplificazione, ma se oggi il nostro debito pubblico è pari al 140% e dobbiamo rientrare al 60%, significa che sforiamo dell’80%. Quindi?

Quindi ci stanno chiedendo di fare sacrifici per i prossimi ottant’anni.

Auguri.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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