Tassi fermi, mercati in movimento

La settimana che si sta chiudendo dal punto di vista finanziario è stata caratterizzata dalle decisioni sui tassi.

La settimana che si sta chiudendo dal punto di vista finanziario è stata caratterizzata dalle decisioni sui tassi da parte delle principali Banche Centrali.

Ormai da tempo queste decisioni non offrono mai una sorpresa, ormai è invalsa fra i Banchieri Centrali la consuetudine di far trapelare per tempo quale sarà la decisione sui tassi, per cui si conoscono in anticipo.

Può anche essere una strategia corretta, di fatto se non ci sono sorprese il mercato avrà un andamento più regolare, dopotutto non dico che sia un obiettivo delle Banche Centrali ridurre la volatilità dei mercati, ma certamente un’alta volatilità rende i mercati più nervosi e fa anche nascere dubbi sulla loro regolarità.

Penso poi che mai come in queste sessioni le decisioni sui tassi da parte delle principali Banche Centrali erano scontate, era infatti ovvio che i tassi sia negli Stati Uniti che nell’eurozona sarebbero rimasti invariati.

Nessuna persona di buonsenso avrebbe ritenuto possibile una decisione diversa, in questa ultima sessione dell’anno i tassi non potevano essere aumentati, e men che mai ridotti.

Quindi come avevo anche anticipato in un video pubblicato alcuni giorni fa l’unica cosa da fare non era attendere la decisione sui tassi, ma ascoltare la conferenza stampa dei due principali Banchieri Centrali per cercare di capire quando e come inizieranno a ridurre nel prossimo anno i tassi di interesse, in altre parole quando le Banche Centrali cominceranno a perseguire una politica monetaria più espansiva, o meglio meno restrittiva.

La domanda era: nel primo oppure nel secondo trimestre del prossimo anno?

Questa era l’unica domanda da porsi.

Ebbene Jerome Powell, Presidente della Federal Reserve, annuncia che i tassi rimarranno fermi, decisione come abbiamo detto largamente scontata mentre rimane molto abbottonato per quanto riguarda l’inizio di una politica monetaria meno restrittiva.

Il mercato risponde in maniera euforica, il Dow Jones lo storico indice di Borsa americano, stabilisce il nuovo record assoluto superando per la prima volta da quando esiste i 37.000 punti.

Ci si chiede, ma cos’ha da festeggiare il mercato?

E’ stata data la notizia meno notizia di tutti i tempi, ripeto una notizia scontatissima che non poteva essere diversa, quindi quest’euforia che motivazioni può avere?

Mistero!

Certo gli analisti troveranno sempre una giustificazione perché (sempre a posteriori, naturalmente) avranno letto nelle parole di Powell un ottimismo che nei fatti non c’è stato.

Se Powell avesse pronunciato le stesse identiche parole ed il Mercato anziché salire fosse sceso sono certo che gli analisti avrebbero giustificato la discesa leggendo nelle parole di Powell un pessimismo che nei fatti non c’è stato.

Insomma il mercato va in una direzione e gli analisti quindi si adeguano.

Io sottolineo un fatto che spesso ricordo, è vero che se in Borsa c’è qualcuno che compra c’è anche qualcuno che vende, così come è vero che se c’è qualcuno che vende c’è qualcuno che compra, ma se il mercato sale significa che ci sono stati più compratori che venditori, se il mercato scende ci sono stati più venditori che compratori.

Insomma non è la stessa cosa. Lo dico in un’altra maniera:

Se io ho delle azioni di una certa società, se ne voglio comprare altre devo avere i soldi per comprarle, ed a che prezzo eventualmente le acquisterò? Dipende da chi detiene quelle azioni e le vuol vendere, se invece sono io a voler vendere le azioni che detengo, non è necessario che io abbia i soldi, ed il prezzo al quale le riuscirò a vendere dipenderà da quante altre persone le vorranno acquistare.

Ed allora ribadisco che dopo una sessione della Federal Reserve che più banale non poteva essere veder salire gli indici americani in quella maniera a me è sembrato un assurdo.

Ma non ho compreso nemmeno la reazione invece negativa che hanno avuto le Borse europee dopo lo scontatissimo annuncio da parte della Bce che i tassi sarebbero rimasti invariati.

In questo caso gli analisti sono arrivati a sostenere che la Bce si sia comportata, come suol dirsi in linguaggio tecnico, da falco, intendendo con questa espressione perseguire una politica monetaria eccessivamente restrittiva.

Ed allora sono andato ad ascoltare cosa ha detto di così severo la Presidente della Bce, Christine Lagarde.

Ha detto che di riduzione di tassi, in questa sessione, non se ne è parlato, ma anche questa è una “non notizia” non dovevano certamente in questa sessione parlare di riduzione di tassi, sarebbe stato assolutamente prematuro, quindi non si può reagire negativamente ad una simile affermazione.

Poi la Lagarde ha detto che chiuderà il cosiddetto Pepp che lo ricordo si tratta degli acquisti straordinari di titoli dello Stato da parte della Bce, ricordiamo che l’acronimo Pepp sta per programma di acquisti per l’emergenza pandemica.

Ebbene nuovi acquisti erano stati sospesi da tempo, venivano solo rinnovati quelli in scadenza. Dunque la Lagarde ha annunciato che a partire dalla metà del prossimo anno ridurrà questi rinnovi di 7,5 miliardi al mese, in tal modo alla fine dell’anno si concluderà definitivamente quell’operazione.

Ebbene io ritenevo che si potesse concludere quell’operazione anche in tempi più brevi, non vedo in quella decisione una politica da falchi, bensì lo stop ad una inutile politica da colombe.

Certo quest’operazione ridurrà il bilancio della Bce di 45 miliardi (7,5 al mese per sei mesi) e di questi 45 miliardi una parte 8/9 miliardi sono titoli nostri, Giorgetti non sarà contento, ma d’altronde non si può proseguire con il paiano pandemico a vita.

Personalmente, poi, mi ero esposto in un video dal titolo “se fossi al posto di Christine Lagarde” dichiarando che personalmente avrei trovato corretto ridurre i tassi di 125 punti base nel 2024 ed effettuare una riduzione della stessa entità per il 2025, al fine di trovarmi a fine 2025 ad avere un tasso di riferimento del 2%.

Ebbene sembra che la Bce abbia questo intento, mentre il mercato si attenderebbe una riduzione nei prossimi dodici mesi di un punto e mezzo. Insomma la differenza sarebbe proprio minima, tale da non determinare alcuna conseguenza per i mercati.

Perché occorre essere molto prudenti? Perché il rischio è che per debellare l’inflazione si finisca in una recessione, questo non deve assolutamente accadere, ma è una eventualità che non possiamo escludere e che non va sottovalutata.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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