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Guadagna più di 1000 euro grazie a questi 2 euro rari!

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In ambito di monete di valore, i 2 euro rari possono essere una vera e propria ancora di salvezza per coloro che ricoprono il ruolo di proprietari. Alcuni di loro, infatti, non sono a conoscenza della merce dal valore inestimabile che hanno a disposizione. Ebbene, probabilmente stanno commettendo un grosso errore. 

Molte volte, tale merce si rivela essere inconcludente al netto di una valutazione maggiormente accurata ed effettuata da parte di un esperto in materia. Ma tante altre volte ancora, alcune monete si riscoprono parte di una serie di prodotti dal valore inestimabile, facendo sì che i loro legittimi proprietari siano inconsapevolmente (come spesso accade) in possesso di un piccolo cimelio.

Alcuni di questi oggetti, di fatti, possono arrivare anche ad un valore pari a svariate migliaia di euro. Naturalmente, dipende sempre da tutti i fattori che entrano in gioco. Alcuni di questi, a tal proposito, ci vengono elencati proprio dal sito web ufficiale chiamato Monete Rare. Il sito in questione, che tratta principalmente argomenti inerenti alle tematiche di questa tipologia, riporta fedelmente quanto segue:

Appassionati di numismatica aprite le orecchie: se pensavate di fari affari solo con le vecchie lire e con le monete antiche è ora di ricredersi. Anche il bistrattato Euro, bollato da molti come causa del malcontento italiano, può valere una fortuna. Quanto? Dipende da quale moneta vi capita fra le mani.

La citazione effettuata alla fonte menzionata in precedenza, dunque, suggerisce come anche una valuta recente come l’euro possa avere un valore inequiparabile. I fattori che entrano in gioco al netto di certe valutazioni, per questioni di completezza e specificità dell’argomento, verranno trattate in un paragrafo a parte.

Per il momento, basti pensare come alcune persone abbiano tratto una grande fonte di guadagno da delle monete apparentemente vecchie, ed usurate. Spesso e volentieri, infatti, si ha la tendenza di sottovalutare la merce che si ha a disposizione. Tuttavia, in un mercato così florido e mutevole allo stesso tempo, è bene non sottovalutare nulla.

Per potersi fare un’idea più accurata riguardo il settore delle monete più rare, un video pubblicato sul canale Youtube di Gabrieur risulta essere particolarmente esaustivo anche agli occhi dei novizi.

2 euro rari, quali hanno valore?

Tra le monete di 2 euro rari, possiamo andare a compiere una vera e propria scrematura tra quelle che sono le cifre migliori, e quelle che invece non convincono più di tanto. Quando si parla di investimenti, specialmente nel settore del collezionismo, bisogna tenere conto di tanti fattori.

Infatti, a determinare il prezzo finale di un prodotto di natura storica, ci sono degli elementi che fanno sì che la cifra in questione sia fortemente mutevole. Nello specifico, parliamo di epoca storica o di personaggi ad essa legati. Parlando dell’euro, per esempio, il fatto che sia una moneta ventennale potrebbe essere un punto favorevole.

Tuttavia, essendo una valuta utilizzata in via ordinaria all’interno di numerosi Paesi esteri, di per sé non ha un valore di investimento chissà quanto degno di nota. Nonostante ciò, alcune tipologie di monete rare presentano un valore particolarmente interessante.

Partendo da una fascia di prezzo relativamente contenuta, possiamo citare i 2 euro provenienti dalla Repubblica di San Marino e risalenti all’annata del 2004. Il sito di Lezionieuropa, infatti, fa sì che si abbia una descrizione accurata a riguardo, onde evitare mancanze di qualunque tipologia.

Il loro valore, nel caso in cui fosse in possesso di qualcuno, si aggira intorno ai 200 euro. Ma questo, dipende fortemente dallo stato di conservazione che presentano i prodotti in questione. Più l’usura è evidente e irreparabile, meno si potrà guadagnare dalla sua eventuale cessione.

Ovviamente, vien da sé sapere che le monete di un certo periodo non vanno affatto snaturate dal loro status iniziale, proprio per far sì che non perdano quello che è il loro valore reale.

2 euro rari: qual è il valore delle altre monete?

Oltre ai 2 euro rari di cui si sta parlando nel corso di questo articolo, ci sono anche tante altre monete meritevoli di considerazione. Il sito internet di Tecno Android, a tal proposito, ha stilato una lista di monete dal valore inestimabile presenti in tutto il mondo. Di fatti, il settore del collezionismo è un ambito piuttosto variegato proprio per questo motivo. La sua apparente infinità territoriale, fa sì che le tipologie di monete rare a nostra disposizione compongano un numero tendenzialmente piuttosto alto.

Una delle monete che vengono menzionate con maggiore enfasi, è quella chiamata “Altorilievo con doppia aquila“, maestosa opera di Saint-Gaudens e risalente al periodo del 1907. Ad oggi, ha un valore pari a circa 3 milioni di dollari. Cifra che corrisponde al suo prezzo di vendita, e che sembra essere perfettamente compatibile con quello che è il valore reale di questo cimelio.

I possessori di certi tesori, hanno sicuramente un alto prezzo tra le mani, benché spesso non ne siano minimamente al corrente. Proprio per questo motivo, si invita alla massima attenzione a riguardo. Così come al massimo interesse, ovviamente. Il prossimo cimelio storico che andremo a citare, è la mezza aquila del 1822.

Questa moneta infatti, è ancora oggi una delle monete più rare presenti attualmente in circolazione. La mezza aquila è stata disegnata dall’artista John Reich. Gli esemplari che sono stati prodotti risalgono a poco meno di 20.000. Tuttavia, sono rinvenuti al grande pubblico solamente tre di queste decine di migliaia di esemplari. Uno di questi è stato venduto all’incirca alla fine degli anni ’70 per una cifra che si aggira intorno al milione di dollari.

Nel primo paragrafo, finalmente verremo a conoscenza di tutte le informazioni che riguardano i 2 € più rari che ci sono in circolazione. Naturalmente, trattandosi di informazioni non propriamente aggiornate, il valore della merce elencata è per forza di cose volatile.

Valore dei 2 euro rari: ecco la cifra esatta!

 Il valore dei 2 euro rari, come anticipato nel corso del paragrafo appena visto, non ha una vera e propria cifra stabile di riferimento. Questo, in quanto i dati a disposizione dei lettori non sono sempre aggiornati in tutto e per tutto.

Pertanto, risulta essere piuttosto difficile risalire ad una risposta che sia completa ed esaustiva allo stesso tempo. Nonostante questo, si può comunque ottenere un buon risultato anche dalle approssimazioni numeriche. Inoltre, come vedremo in seguito, le cifre di vendita possono aiutarci a fornire delle stime ancora più accurate.

Un articolo pubblicato dal sito di Trend Online, infatti, ha sottolineato come i 2 euro rari più valorosi in circolazione siano quelli della principessa di Monaco. Citando quanto segue, possiamo venire a conoscenza di ciò:

A vostra sorpresa, sono molteplici gli esemplari da 2 euro rari coniati per celebrare una personalità di spicco nel panorama storico europeo o avvenimenti di un certo spessore storico/culturale per le differenti nazioni appartenenti al circuito euro.

Questo, a conferma di quanto sostenuto in precedenza. I personaggi storici, così come le loro epoche di appartenenza, possono avere una grande influenza sul prezzo di una moneta rara. In questo caso, il valore di cui si sta parlando si aggira intorno ai 1500 euro. Sicuramente una cifra piuttosto interessante, dato che è comunque un cimelio particolarmente ricercato.

Nonostante questo, le monete rare che sono state citate non sono comunque le uniche che appartengono all’epoca storica del periodo del Principato di Monaco. Infatti, un altro esemplare che è stato creato proprio agli inizi di tale regime riguarda un valore molto più alto di quello citato tutti.

Tuttavia, è anche vero che l’alta disponibilità di certi prodotti potrebbe far sì che il prezzo si abbassi particolarmente. Quando le monete hanno infatti un alto giro di possessione e di relativa circolazione, il loro valore può addirittura arrivare ad una diminuzione pari alla metà del prezzo.

2 euro rari, qual è il loro prezzo di vendita?

Stabilire un vero e proprio prezzo di vendita fisso per gli esemplari di 2 euro rari, potrebbe rivelarsi una missione piuttosto complicata. Questo, in quanto esistono numerosi fattori che possono entrare in gioco. Uno di questi, per esempio, è proprio il suo valore effettivo. 

Infatti, a seconda del valore di riferimento, è normale che il prezzo di vendita finale possa subire delle variazioni. Inoltre, il tutto dipende anche da quelli che sono gli esemplari in circolazione. Più è alto il livello di rarità, maggiore sarà il prezzo che i partecipanti dell’asta di vendita in questione saranno disposti ad elargire all’eventuale possessore.

Talmente ci sono anche tanti altri fattori che possono entrare in gioco. Tuttavia è bene essere a conoscenza del fatto che, esistendo varie tipologie di aste differenti tra loro. È normale anche il fatto che non si possa riuscire a fare delle stime ben precise, come già precisato in precedenza.

Esemplari di 2 euro rari, dove venderli?

I luoghi in cui si possono vendere i propri esemplari di 2 euro rari, sono moltplici. Si passa con una certa facilità dai negozi fisici passando ai più tradizionali banchi dei pegni. Tuttavia, in questo caso, anche il mondo dell’online si può rivelare un nostro ottimo alleato per portare avanti le varie trattative a nostra disposizione.

Per esempio, i vari siti di Subito.it e Ebay, potrebbero essere particolarmente d’aiuto. Questo, in quanto ci permettono di esaminare con attenzione ogni singolo acquirente ed eventualmente sviluppare ed instaurare una fase di compravendita attenta ad ogni minimo dettaglio. Infatti, quando si portano avanti certe trattative, è bene essere particolarmente scrupolosi in quanto l’insidia potrebbe essere dietro l’angolo.

Il mercato del collezionismo, è un mercato nel quale gli esperti spesso e volentieri cercano di prevaricare su coloro che sono fondamentalmente dei novizi, ma con la giusta dose di formazione ci si può tranquillamente districare anche all’interno dei settori più complicati, proprio come quello di cui si è parlato nel corso di questo articolo.

Bonus Renzi 2022: 100 euro in più in busta paga. Per chi?

Bonus Renzi 2022, se ne è fatto un gran parlare, alla fine è stato inserito nell’ultima Legge di Bilancio ciò significa che continuerà ad essere percepito anche nell’anno corrente.

In molti i franchi tiratori pronti a votare contro questa misura introdotta dal Decreto Renzi nel 2014, divenuta strutturale con la Legge di Bilancio del 2015  che prevedeva inizialmente un contributo economico di 80 euro per i lavoratori dipendenti salito negli anni successivi a 100 euro.

La misura fu introdotta dallo stesso all’epoca presidente del Consiglio Matteo Renzi per dare un sostegno economico a molte famiglie italiane in un periodo crisi.

La proroga attuata dal Governo Draghi per il 2022 dunque c’è stata, ma insieme ad alcune importanti modifiche.

Con l’approvazione della manovra lo scorso 31 dicembre è entrata in vigore la nuova riforma fiscale, tanto attesa che ha portato grandi novità soprattutto nel sistema delle detrazioni IRPEF grazie ad una esemplificazione delle aliquote che da 5 passano a 4.

Con questa novità in vigore dal 1 gennaio 2022 l’intero sistema di bonus e detrazioni viene quindi ridisegnato.

Ciò significa che sulle buste paga del 2022 ci saranno delle differenze rispetto a quelle del 2021 che cominceranno a vedere a partire molto probabilmente da marzo un po’ per dar tempo a fiscalisti, datori di lavoro di adeguare i software oltre che per l’arrivo dell’assegno unico universale, per famiglie con figli a carico che andrà a sostituire ANF e detrazioni.

In tutto questo il bonus Renzi continuerà ad essere erogato, i potenziali beneficiari potranno dunque esultare, ma solo se si rientrerà tra quei contribuenti con redditi inferiori a 28.000 euro.

Andiamo dunque a capire le novità che caratterizzeranno il Bonus Renzi nel 2022.

Per chi fosse interessato al tema un interessante approfondimento della redazione di Speedy News rispetto allle novità che caratterizzeranno il Bonus Renzi nel 2022, chi lo prenderà e chi no.

In più una veloce analisi sul momento di difficoltà attuale causa dal caro bollette oltre che ad una bocciatura del REM e di nuovi ristori che invece sarebbero necessari visto l’aumento dei contagi da Covid-19  e dalle nuove restrizioni imposte dal Governo Draghi.

Bonus Renzi come funziona nel 2022

Il Bonus Renzi è risultato essere tra le voci più apprezzate in busta dai dipendenti di tutta Italia.

In verità già a partire dal 2020 la voce è stata trasformata in “trattamento integrativo”,  sono 16 milioni lavoratori dipendenti in tutto il Paese oggi a percepirlo in possesso di un reddito compreso tra gli 8.000 euro ed i 40.000 euro.

Nel 2021 il contributo di 100 euro è stato elargito in due differenti modi:

  • redditi fino a 28.000 euro lo hanno visto accreditato in busta paga tramite credito Irpef;
  • per redditi compresi tra i 28 e i 35mila euro, il contributo è stato di 97/80 euro accreditato tramite detrazione fiscale sui redditi da lavoro dipendente;
  • per redditi compresi tra i 35 e i 40mila euro, il contributo è stato di 80/0 euro accreditato tramite detrazione fiscale sui redditi da lavoro dipendente.

 Con l’entrata in vigore della nuova riforma fiscale fatto di 4 aliquote e non più di 5 aliquote Irpef, la nuova curva delle detrazioni ingloberà il bonus Renzi, che verrà assegnato ad una platea più limitata di beneficiari.

Da premettere che il Bonus Renzi spetta a tutti i lavoratori dipendenti con un reddito superiore a 8.174.

Coloro che non oltrepasseranno un reddito annuo di 15.000 non subiranno detrazioni, siamo all’interno del primo scaglione Irpef del 23%, percepiranno dunque per intero i 100 euro previsti dal Bonus Renzi 2022.

Bonus che sarà percepito anche nella fascia di reddito compreso tra 15.000 e 28.000 euro, in questo caso però  la somma delle detrazioni per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2021 dovrà essere superiore all’imposta lorda.

In questo caso, il bonus non può superare i 1.200 euro e verrà accreditato secondo il calcolo della differenza tra la somma delle detrazioni e l’imposta lorda.

Bonus Renzi 2022 compatibilità con la NASPI

Capitolo fondamentale riservato a tutti gli ex lavoratori dipendenti percettori della NASPI.

Saranno felici di sapere che il Bonus Renzi continuerà ad essere percepito come integrazione all’indennità di disoccupazione anche nel 2022.

Il contributo di massimo 100 euro continuerà ad essere accreditato mensilmente di solito ogni 30 giorni tra un accredito e l’altro, la distinta di pagamento si riferirà sempre al mese precedente.

Nel caso di sospensione del pagamento della Naspi si perderà il diritto a ricevere anche quanto previsto dal Bonus Renzi.

Come già scritto l’importo massimo che si potrà percepire dal Bonus Renzi sarà di 100 euro al mese per 12 mensilità per un totale quindi di 1.200 euro l’anno. 

Veramente una splendida notizia, un sostegno in più a tutti quegli ex lavoratori con la speranza di un rapido reinserimento nel mercato del lavoro.

Bonus Renzi 2022: ma quindi è aumentato o diminuito?

Alla luce di quanto scritto finora il Bonus Renzi rispetto all’anno precedente è aumentato o diminuito?

Non è questa la domanda giusta infatti non è tanto l’aumento o la riduzione dell’importo bensì il fatto che sia cambiata l’assegnazione del contributo a causa della modifica del sistema delle aliquote Irpef.

Ciò ha portato al fatto che meno persone beneficeranno di tale contributo.

Il quadro fiscale attuale infatti ci dice che come detrazione aggiuntiva, fino al 30 giugno 2020, se avevi un reddito fino a 26.000 euro, ti spettavano 960 euro. Col taglio del cune fiscale col decreto Cura Italia, sono arrivati altri 240 euro, per un totale di 1.200 euro.

Contributo che si continuerà a percepire per coloro con un reddito fino a 28.000 euro in forma quasi piena che andrà tra i 100 e gli 97 euro al mese.

Bonus che si ridurrà fino ad 80 euro al mese per redditi fino a 35mila euro e che scenderà progressivamente fino alle 0 per coloro che hanno un reddito annuo superiore ai 40mila euro.

Questo è quanto si conosce sul bonus prorogato per tutto il 2022 e che dovrebbe essere cancellato salvo ripensamenti nel 2023.

Il vuoto generato dalla cancellazione, sarà in parte colmato da nuove detrazioni nell’ottica di un riordino ed una semplificazione burocratica in modo da aiutare il contribuente a venire incontro alle spese fiscali e a mantenere uno stile di vita dignitoso.

Bonus Renzi 2022: In sintesi

Il 2022 sembrerebbe l’ultimo anno in cui il Bonus Renzi resterà in vigore, abbiamo visto anche le modifiche che caratterizzeranno il contributo nell’anno corrente.

Il bonus Renzi verrà accreditato a tutti i lavoratori dipendenti con importi differenti in base al reddito annuo che dovrà superare gli 8.174, ma dovrà essere inferiore a 40 mila euro.

Abbiamo inoltre che continuerà ad essere percepito come integrazione ai percettori di Naspi, fino ad un massimo di 1.200 euro l’anno.

Le prime differenze con l’anno 2021 si cominceranno a vedere con le buste paga di marzo, mese in cui verrà accreditato anche l’assegno unico universale per famiglie con figli a carico in sostituzione ad Anf e detrazioni.

L’arrivo del nuovo bonus familiare e la riorganizzazione del sistema delle aliquote Irpef porterà certamente delle novità nelle buste paga dei lavoratori, ci sarà da capire la reazione dell’opinione pubblica a seguito di questi cambiamenti, riusciranno come auspicato dal Governo riuscire a semplificare ed a portare valore nella vita delle famiglie?

Rimaniamo dunque in attesa ed aspettiamo di vedere come si evolverà la situazione nei prossimi mesi. 

Quando la PEC è obbligatoria? Ecco la legge!

La PEC (Posta Elettronica Certificata) è una casella e-mail che consente di inviare e ricevere delle comunicazioni che hanno valore legale.

Si tratta di uno strumento molto utile soprattutto per poter comunicare con gli uffici della Pubblica Amministrazione. 

Ma quanto viene utilizzata effettivamente la PEC?

Come leggiamo su un articolo di corriere.it, la PEC ha conosciuto un boom di richieste negli ultimi anni ma specialmente durante il lockdown.

Questo perché, a causa del Covid-19, molte delle nostre abitudini sono cambiate: di conseguenza, anche la comunicazione e l’invio di documenti si sono svolti principalmente per via telematica. 

Per poter richiedere un indirizzo PEC è necessario rivolgersi ad alcuni gestori come ad esempio Aruba e le Poste.

Al fine di mantenere questa casella e-mail attiva, è necessario pagare un abbonamento annuale, il cui prezzo può variare in base a diversi fattori: nel caso di Aruba il prezzo cambia a seconda dei GB di spazio. Più la casella PEC è grande e maggiore sarà il prezzo dell’abbonamento. 

Prima di scegliere presso quale gestore aprire una PEC, è necessario chiedersi quale utilizzo si intende fare. Sicuramente un’azienda necessita di una PEC con un maggiore spazio rispetto a quella di un comune cittadino. 

A fornire una PEC non sono solamente Aruba e le Poste. Esistono infatti anche altri gestori che offrono il servizio PEC come ad esempio Namirial S.p.A. , Sogei e Trust Technologies

In quest’articolo spiegheremo che cos’è la PEC, come ottenerla e se è obbligatoria per legge. Vedremo anche in quali ambiti può essere davvero utile avere un indirizzo e-mail di questo tipo. Spiegheremo poi perché, quando e come ha valore legale. Infine, parleremo di quali sono i vantaggi e gli svantaggi della Posta Elettronica Certificata. 

Iniziamo quest’articolo spiegando nello specifico che cos’è la PEC.

PEC: che cos’è

Il termine “PEC” è l’acronimo di “Posta Elettronica Certificata”.

Si tratta di un indirizzo e-mail che, rispetto agli altri, ha una funzionalità in più che lo contraddistingue: consente infatti di inviare documenti e comunicazioni che hanno valore legale. 

Questo significa che ogni messaggio inviato e ricevuto tramite questa tipologia di posta elettronica ha lo stesso valore legale di una raccomandata. 

Quando una e-mail PEC viene inviata, il gestore della PEC del mittente si incarica di inviare a quest’ultimo una ricevuta con valore legale della riuscita o mancata tramissione del messaggio.

Ogni e-mail inviata è accompagnata inoltre dalle indicazioni temporali, ovvero data e ora. 

Per quanto riguarda il destinatario della PEC, il procedimento è lo stesso. Riceverà anche lui, dal suo gestore, una ricevuta di avvenuta consegna del messaggio con le indicazioni temporali. 

In caso di perdita delle ricevute, nel sistema PEC sono presenti delle tracce informatiche che hanno lo stesso valore legale in termini di invio e ricezione, questo per un massimo di 30 mesi secondo quanto stabilito dalle normative. 

Dopo aver parlato di che cos’è la PEC, vediamo adesso come ottenerla!

PEC: come farla

Ci sono diversi gestori presso i quali è possibile ottenere un indirizzo PEC. 

Uno di questi è sicuramente Aruba, che offre il servizio PEC a pagamento.

I prezzi variano principalmente in base allo spazio della casella di posta elettronica.

L’opzione più economica prevede il costo di 5 euro all’anno che diventano poi 7,90 euro al rinnovo. Quest’opzione prevede però un solo GB di spazio. 

Per avere un maggiore spazio ci sono altre due opzioni: una da 25 euro all’anno e l’altra da 40 euro all’anno. Quest’ultima è l’ideale per chi riceve e spedisce molte PEC e quindi necessita di una memoria maggiore. 

In alternativa, è possibile ottenere un indirizzo PEC presso le Poste, effettuando la richiesta online. 

Sono disponibili, anche in questo caso, diverse fasce di prezzo:

  • 6,71 euro (IVA compresa) per un anno
  • 10,98 euro (IVA compresa) per due anni
  • 12,81 euro (IVA compresa) per tre anni

Aruba e le Poste non sono tuttavia gli unici due gestori. Per avere un elenco completo di tutti i gestori della PEC vi invitiamo a consultare il sito agid.gov.it. Su questo sito sono presenti i nomi dei gestori PEC attualmente attivi e i nomi dei gestori PEC che hanno terminato questo tipo di attività. 

Dopo aver parlato di come ottenere un indirizzo PEC, vediamo adesso perché è utile. Un indirizzo PEC infatti vi può servire in diverse circostanze. 

PEC: a che cosa serve?

Come abbiamo già anticipato, la  funzione della Posta Elettronica Certificata è quella di inviare e ricevere documenti che hanno valore legale, sostituendo così la raccomandata.

Principalmente viene utilizzata dai cittadini per comunicare con le aziende oppure con gli uffici della Pubblica Amministrazione.

La PEC può anche essere utilizzata dai privati per comunicazioni che riguardano l’ambiente lavorativo come ad esempio la ricezione della busta paga.  

Dopo aver spiegato a che cosa serve la PEC, vediamo adesso se è possibile aprirne una senza sborsare neanche un centesimo. 

PEC: è gratuita?

Purtroppo, la PEC non è gratuita.

Per poterla ottenere è necessario infatti pagare una tariffa.

Come abbiamo visto, Aruba e le Poste prevedono il pagamento di una quota una volta all’anno al fine di poter continuare ad utilizzare la propria casella di posta PEC. 

In alcuni casi, è possibile trovare dei gestori che danno la possibilità di aprire e utilizzare un indirizzo PEC per un periodo gratuito come nel caso di Register.it. Questo gestore dà infatti la possibilità ai propri clienti di usufruire di sei mesi gratuiti. Al momento del rinnovo però viene applicato il prezzo di listino più l’IVA. 

Non vi è possibilità, dunque, di ottenere una PEC gratuita al 100%. Il consiglio è quello di valutare le proposte dei vari gestori. 

Dopo aver spiegato se la PEC è gratuita, vediamo adesso quando, come e perché ha valore legale. 

PEC: ha valore legale?

Come abbiamo già menzionato, la PEC ha valore legale. Tuttavia, è necessario specificare alcune dinamiche. 

Infatti, come spiega laleggepertutti.it, la PEC ha valore legale solamente nel momento in cui si riceve la seconda conferma. Si tratta della ricevuta di avvenuta consegna.

Questa email è molto importante poiché conferma che il destinatario è effettivamente nelle possibilità di poter leggere il messaggio contenuto nella PEC.

Anche nel caso in cui non riuscisse a leggerla per vari motivi, la PEC avrà a questo punto valore legale. Una cosa molto importante da ricordare in merito alla PEC è quella di conservare la ricevuta di accettazione e la ricevuta di avvenuta consegna. 

Dopo aver spiegato come e perché la PEC ha valore legale, vediamo adesso quando e se è obbligatoria. 

PEC: è obbligatoria?

Come spiega un articolo di money.it, sono obbligati ad avere la PEC i professionisti, le società, coloro che hanno la partita IVA, le ditte individuali (inclusi gli artigiani) e le Pubbliche Amministrazioni.

Se queste categorie non sono in possesso di un indirizzo PEC c’è il rischio di incorrere in sanzioni. 

Le società rischiano una multa dal valore compreso tra i 206 e i 2.064 euro.

Le imprese individuali rischiano invece una multa che va da 30 a 1.548 euro. 

La PEC non è invece obbligatoria per i privati cittadini. Questi ultimi hanno comunque la possibilità di aprire un indirizzo PEC tranquillamente. 

Dopo aver spiegato quando e se la PEC è obbligatoria, vediamo adesso quali sono i suoi pro e i suoi contro. 

PEC: tutti i pro e contro

La PEC è sicuramente uno strumento molto utile per inviare e ricevere comunicazioni che hanno valore legale.

Una volta ricevuta la doppia conferma, anche se il destinatario non è in grado di leggerla, la PEC ha comunque un valore legale.

Inoltre, ogni email di questo tipo presenta la data e l’ora dell’invio e della ricezione della comunicazione. 

Questo comporta che, rispetto ad una comune raccomandata, è più sicura.

Inoltre, è possibile consultare un messaggio ricevuto con la PEC sia con il computer che con lo smartphone, basta solamente disporre di una buona connessione internet. 

Tuttavia, la PEC presenta anche alcuni svantaggi.

Il primo svantaggio riguarda principalmente la questione dei costi. Non è possibile infatti ottenere una PEC gratuitamente. Bisogna infatti rivolgersi presso i gestori qualificati e pagare una tariffa che varia in base a diversi fattori come lo spazio della casella di posta. 

A questo punto la domanda sorge spontanea: è meglio pagare la tariffa annuale della PEC oppure la raccomandata?

La risposta è: “Dipende”.

Il prezzo dell’invio di una raccomandata cresce in base al numero di pagine che vengono inviate. La PEC invece prevede una tariffa annuale e, solitamente, l’invio illimitato di comunicazioni. Bisogna dunque mettere a confronto i prezzi dei pacchetti dei gestori e le raccomandate che dobbiamo inviare. 

Un altro problema è che la PEC è un’iniziativa italiana e non è riconosciuta a livello internazionale. Per cui potrebbero esserci delle incomprensioni nel caso in cui si scelga di comunicare tramite PEC con un’azienda situata all’estero. 

Se si sceglie inoltre di aprire una casella di Posta Elettronica Certificata, bisogna sapere che è necessario consultarla regolarmente per evitare di dimenticarsi comunicazioni importanti. Si ricorda infatti che la PEC ha valore legale anche se il destinatario non può o non vuole leggerla. 

Un altro limite della PEC è sicuramente la capienza. Alcune PEC mettono a disposizione solo 1 GB di memoria. Prima di fare scelte impulsive, è importante dunque valutare i vari pacchetti dei gestori al fine di non trovarsi ad avere problemi di spazio.

Teoricamente, se la casella PEC del destinatario è piena, il mittente dovrebbe ricevere un messaggio di mancata consegna. Per queste questioni più specifiche, è importante informarsi presso i siti dei gestori scelti. 

Ma non è finita qui. Un ultimo problema ma non per questo meno importante, riguarda la sicurezza. La PEC, per quando garantisca validità legale per i messaggi e i documenti, non è sicurissima al 100%. Questo significa che è possibile incorrere in malware

Bonus moto 2022: arrivano nuovi incentivi da non perdere!

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Si avvicina il giorno da cui si potrà chiedere una particolare agevolazione per l’acquisto di un mezzo a due ruote: si tratta di un incentivo per l’utilizzo di mezzi a bassa emissione inquinante. A partire dal giorno 13 gennaio 2022 infatti tutti gli italiani potranno rottamare il vecchio mezzo a due ruote per acquistarne uno ibrido o elettrico e ottenere un importante sconto.

Sconto che sarà corrisposto anche senza rottamazione, ovvero limitandosi ad acquistare una nuova moto richiedendo il bonus recentemente proposto dallo stato. Al pari di ciò che già è stato introdotto per le auto ibride o elettriche, esiste un ecobonus specifico anche per l’acquisto di mezzi a due ruote ecologici.

Come spiega Informazionefiscale.it la novità è molto recente, decisa in questi giorni:

“Con la notizia dell’11 gennaio 2022, il Ministero dello Sviluppo Economico annuncia l’apertura della procedura di prenotazione degli incentivi previsti dall’Ecobonus 2022 per l’acquisto di veicoli elettrici o ibridi.”

Con il bonus moto e scooter, gli italiani potranno chiedere uno sconto fino alla cifra interessante di 4.000 euro per tutti gli acquisti di mezzi a due ruote con basse emissioni ambientali. Una caratteristica importante di questo nuovo sostegno riguarda la potenza del mezzo: si può procedere alla richiesta dello sconto per veicoli a due ruote di qualsiasi potenza, purché rispettino alcuni requisiti ambientali.

Il bonus non sarà disponibile unicamente per il 2022, ma anche successivamente, per chi ha in programma di acquistare un mezzo a dure ruote ibrido o elettrico. Lo sconto infatti viene esteso fino al 2026, secondo l’ultimo stanziamento deciso dal governo, di 150 milioni di euro in totale.

Il sostegno funziona in modo molto similare all’ecobonus destinato ogni anno per l’acquisto di veicoli a basso inquinamento nell’ambiente, vediamo nel dettaglio in questo articolo come è possibile richiedere l’agevolazione e a chi è rivolta.

Bonus moto 2022: nuovi incentivi

A partire dal 13 gennaio 2022 sarà possibile per tutte le concessionarie che vendono moto o scooter richiedere l’accesso agli incentivi da destinare ai cittadini per moto e scooter. Il bonus è similare all’ecobonus presente per gli autoveicoli: ovvero garantisce uno sconto anche sulle rottamazioni.

Lo sconto infatti va ad incentivare l’utilizzo di mezzi elettrici o ibridi, di categoria L. Per questi mezzi è necessario che l’omologazione sia ad Euro 0, Euro 1, Euro2, Euro 3 oppure Euro 4. Inoltre è presente l’obbligatorietà di apporre la targa anche su moto e scooter nel caso di bonus moto.

Gli incentivi per l’acquisto dei mezzi a due ruote ecologici dipendono dalla presenza o meno della rottamazione di un vecchio veicolo. Nel caso in cui il cittadino disponga di un vecchio veicolo a due ruote da rottamare, lo sconto può arrivare ad un massimo di 4.000 euro, con il 40% di agevolazione sul prezzo complessivo. In questa eventualità il veicolo deve essere posseduto dal proprietario almeno da 12 mesi.

Nel caso invece in cui il soggetto non disponga di un veicolo vecchio da rottamare, l’agevolazione scende al 30%, con un limite massimo di 3.000 euro. I fondi a disposizione per ottenere gli sconti sono messi a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico, con 150 milioni di euro totali per questa iniziativa.

Il sostegno è interessante perché si va ad aggiungere agli incentivi auto già introdotti lo scorso anno per l’acquisto di veicoli ibridi o elettrici, incentivi che soprattutto nei primi mesi del 2021 sono terminati per diversi casi. Il bonus moto 2022 ha l’obiettivo anche di incentivare la mobilità sostenibile su due ruote, per limitare ulteriormente l’inquinamento dell’ambiente.

Bonus moto 2022: come richiederlo

Per richiedere il sostegno del bonus moto 2022, dal 13 gennaio le concessionarie potranno avvalersi della piattaforma ufficiale messa a disposizione appositamente per l’iniziativa. I venditori di moto e scooter possono infatti registrarsi all’interno della piattaforma ufficiale per poter accedere ai fondi e garantire così ai propri clienti l’accesso al bonus moto.

Successivamente bisogna inserire tutti i dati relativi ai veicoli nuovi venduti, e mentre per il cittadino il bonus equivale ad uno sconto al momento dell’acquisto, per il venditore significa attendere il rimborso specifico. Di fatto quindi per poter avere questo sconto non sono i singoli cittadini a dover procedere con la richiesta, ma i concessionari che si occupano della vendita di moto e scooter.

Il sito web di riferimento per questi incentivi è quello del Mise: Ecobonus.mise.gov.it. Come spiega il sito ufficiale, il bonus moto deriva da un incentivo previsto già dalla Legge di Bilancio 2021:

“Per l’incentivo era stato introdotto dalla legge di bilancio 2021 uno stanziamento complessivo di 150 milioni di euro, pari a 20 milioni per ciascun anno dal 2021 al 2023 e 30 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026.”

Si tratta quindi di un sostegno che sarà reso disponibile anche per i prossimi anni, non solamente per il 2022. Come ricordano le indicazioni ufficiali, non è obbligatorio rottamare un veicolo vecchio per avere accesso a questi bonus, perché è anche possibile richiederli, anche se di importo inferiore, per l’acquisto diretto di un nuovo veicolo ibrido o elettrico.

Al momento sono in grande numero i cittadini che hanno richiesto gli incentivi auto per l’acquisto di automobili ibride, e talvolta elettriche, che garantiscono un risparmio economico per i carburanti, e minori emissioni nell’ambiente. Tuttavia non tutti conoscono la possibilità di acquistare anche veicoli a due ruote di questo tipo.

Bonus moto 2022 prorogato

Forse non tutti sanno che gli incentivi per l’acquisto di una moto ibrida o elettrica non arrivano solamente per il 2022, ma erano già disponibili per il 2021. Di fatto questi nuovi incentivi vengono erogati sulla base di quella che è una proroga confermata dalle decisioni dell’ultima manovra. In questo modo si può dire che il mercato dei mezzi a due ruote in Italia cresce in una direzione di ecosostenibilità.

Le iniziative prendono parte a quella che è la transizione ecologica voluta per l’Italia anche dalle conferme europee. Negli ultimi anni infatti sono state introdotte iniziative specifiche per incentivare l’utilizzo di mezzi poco inquinanti, e per garantire una minore emissione nelle principali città italiane.

Insieme alle auto e alle moto ecologiche infatti si è diffuso l’utilizzo di mezzi alternativi, come la bicicletta, oppure i monopattini, per cui anche il codice della strada è intervenuto con nuove regole per chi si sposta con questi mezzi. Il bonus moto viene prorogato per rispondere all’esigenza di una maggiore attenzione verso la sostenibilità degli spostamenti.

Come riporta Meteo.it, l’andamento negli ultimi anni sembra riscontrare una crescita per le moto ibride e elettriche acquistate:

“Facendo un paragone tra il 2020 e il 2019, il mercato degli scooter elettrici ha avuto una crescita di oltre il 260%, le moto elettriche vendute sono state più del doppio e pure i ciclomotori sono cresciuti dell’8,3%.”

Da un lato questi acquisti, sia per quanto riguarda le moto che per le auto, sono spinti dagli incentivi messi a disposizione dallo stato. Dall’altro lato va considerato che nell’ultimo periodo, causa anche la pandemia, l’utilizzo di mezzi di trasporto inquinanti è diminuito in parte a causa delle nuove abitudini degli italiani.

Bonus moto e incentivi auto: nuova mobilità sostenibile

I bonus moto e auto per favorire la rottamazione di vecchi mezzi e l’acquisto di nuovi veicoli a basse emissioni inquinanti sono in linea con la nuova mobilità sostenibile, fortemente voluta dall’Europa. Il settore automotive, e di conseguenza anche la vendita di moto e scooter, in questi anni sta affrontando grandi cambiamenti, anche in Italia.

Le spinte provengono principalmente dalla necessità di una transazione ecologica che spesso è accompagnata da quella digitale, soprattutto quando la tecnologia viene impiegata per favorire una maggiore sostenibilità dei mezzi. Gli incentivi alla mobilità elettrica in particolare sono aumentati nell’ultimo periodo grazie alle decisioni europee, che coinvolgono la mobilitò dei cittadini e tutto il sistema dei trasporti.

Oltre agli incentivi auto e moto, negli ultimi anni si è assistito a diversi bonus per favorire la mobilità sostenibile dal punto di vista di biciclette e monopattini. Basta pensare ad esempio al bonus biciclette che è stato introdotto lo scorso anno per favorire l’acquisto di biciclette e monopattini per i cittadini.

Questi bonus sono stati recepiti con favore dai cittadini, che in grande numero hanno aderito all’iniziativa. Insieme ai nuovi mezzi, alle nuove tecnologie e agli incentivi, cambieranno secondo le previsioni ancora una volta le abitudini dei cittadini dell’Europa, e anche in Italia molti sceglieranno di acquistare mezzi a basse emissioni rottamando i vecchi veicoli.

Uno dei problemi dell’automotive in Italia è proprio la presenza di moltissime automobili datate, che ancora producono emissioni troppo elevate per le città italiane. Città italiane che già da diversi anni hanno proposto limitazioni di circolazione ai veicoli di vecchia omologazione. 

Alcuni progetti per l’automotive per i prossimi anni coinvolgono anche la possibilità di unire l’ecosostenibilità con la tecnologia, arrivando a mezzi a guida autonoma. La transizione dell’automotive tuttavia in Italia sta procedendo gradualmente non senza qualche ostacolo: molte imprese del settore continuano a chiedere al governo fondi specifici per adeguare i mezzi di produzione alle nuove necessità.

Per l’automotive infatti molte aziende denunciano la mancanza di fondi per investire nella nuova transizione ecologica, necessaria per trasformare le stesse imprese che producono auto e moto. Nonostante i veicoli elettrici acquistati dagli italiani siano aumentati nell’ultimo periodo, molti si chiedono se arriveranno nuovi incentivi a questo proposito per il 2022, al momento ancora assenti.

Gli incentivi al momento tornano per i mezzi a due ruote, ma ancora non si conosce il futuro di queste agevolazioni per le auto, per cui bisogna ancora attendere per conferme definitive.

Proroga revisione auto: nuove scadenze e rimborsi 2022!

Il Covid ci ha oramai abituato a un clima di costante cambiamento in cui anche le poche certezze che avevamo iniziano a vacillare, tra un rimando e l’altro delle scadenze previste. Questa volta, a essere coinvolto, è il settore dell’automobile, con la proroga della revisione auto, ma anche con nuove scadenze per quanto riguarda il rinnovo della patente, la validità del foglio rosa, i bonus sui veicoli e i pagamenti di assicurazioni e bollo auto.

La comunicazione è avvenuta tramite circolare protocollo 39841 del 27 dicembre 2021 del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili:

Proroga dei termini di validità delle abilitazioni alla guida e dei documenti necessari per il loro rilascio o conferma di validità, ai sensi dell’articolo 103 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, […]. Ricognizione della proroga dei termini, non ancora scaduti, per effettuare la revisione periodica dei veicoli a motore e loro rimorchi.

Il ragionamento alla base della circolare nasce appunto dall’attuale situazione pandemica e ha lo scopo di evitare affollamenti nelle officine o agli sportelli Aci, rimandando di 10 mesi le scadenze non urgenti.

Perciò, oltre alla proroga della revisione auto, sono rimandate le scadenze per il rinnovo delle licenze di guida e cambiati i termini di validità per chi sta prendendo la patente e ora ha tra le mani solo il foglio rosa.

Proroga revisione auto: le regole UE

La proroga della revisione auto non è stata decisa dal Governo italiano in solitaria, ma dipende dal nuovo regolamento emesso dall’Unione Europa, per la precisione l’articolo 5 del regolamento UE 2021/267, entrato in vigore il 6 marzo 2021 e al quale bisogna tuttora attenersi.

La decisione, come accennato prima, è dovuta al dilagare della pandemia da Covid-19 e, infatti, nel testo del regolamento si legge:

misure specifiche e temporanee in considerazione del protrarsi della crisi COVID-19 riguardo al rinnovo o alla proroga di taluni certificati, licenze e autorizzazioni, al rinvio di determinate verifiche e attività formative periodiche in taluni settori della legislazione in materia di trasporti e alla proroga di determinati periodi di cui al regolamento (UE) 2020/698.

In sostanza, oltre a evitare l’affollamento nelle officine e agli sportelli, si concede alle autorità un lasso di tempo più ampio per effettuare i controlli di routine e verificare che tutti siano effettivamente al pari con obblighi e adempienze.

L’entrata in vigore del regolamento ha subito fatto storcere il naso a molti, soprattutto a coloro che operano nel settore della revisione auto e che sono contrari a ulteriori proroghe. Nonostante anche anche Confartigianato si sia mossa in loro favore, avanzando l’ipotesi di escludere dalla proroga della revisione i veicoli leggeri, nulla è stato fatto e il regolamento è rimasto così come era all’origine.

Anzi, la proroga della revisione auto è stata riproposta per questo 2022!

Le nuove scadenze 2022 e le sanzioni

Se fossimo in una situazione normale, le regole da rispettare sarebbero le seguenti: prima revisione di autoveicoli leggeri dopo quattro anni dalla prima immatricolazione e, poi, ogni due anni; per tutti gli altri mezzi di trasporto, la revisione deve avvenire su base annuale.

In questo periodo, però, ci siamo abituati a una serie di “ma” per cui le regole ordinarie non sembrano più valide e, sebbene per la maggior parte dei veicoli si sia ritornati a un regime tuttosommato ordinario, esiste ancora qualche eccezione che rientra proroga della revisione auto di 10 mesi.

Ecco di seguito le nuove scadenze delle proroghe alla revisione auto e gli attori coinvolti:

  • 31 gennaio 2022 per coloro la cui scadenza era a marzo 2021
  • 28 febbraio 2022 per coloro che avrebbero dovuto avere la revisione ad aprile 2021
  • 31 marzo 2022 per le revisioni in scadenza a maggio dell’anno scorso
  • 30 aprile 2022 per revisioni in scadenza a giugno 2021

Invece, nei casi in cui la revisione dell’auto era prevista dall’1 luglio 2021 in poi, non è prevista nessuna proroga.

Ecco un riassunto sulla proroga della revisione auto 2022 a cura di Tommaso Peterlini, insegnante e istruttore di scuola guida:

Le sanzioni: se non effettuo la revisione? Proroga o non proroga, partiamo da questo presupposto: la revisione dell’auto è obbligatoria a partire da quattro anni dall’acquisto e, da questo momento in poi, va effettuata ogni due anni. Il controllo regolare, infatti, è fondamentale per viaggiare in sicurezza perché prende in esame, tra gli altri, il funzionamento dei freni e dello sterzo, l’impianto elettrico, il telaio, gli pneumatici e le sospensioni, i gas di scarico, l’eventuale presenza di rumori atipici, gli equipaggiamenti omologati. 

Dal 2021, le officine sono obbligate a fornire un apposito certificato che attesta l’avvenuta revisione, l’esito e le successive date di scadenza, i dati identificativi dell’auto. Il certificato deve essere anche trasmesso al Ministero dei Trasporti.

Perciò, diventa molto più facile essere colti in flagrante se si cerca di fare i furbetti e di saltare anche la proroga della revisione auto. Il punto 14 dell’articolo 80 del Codice della Strada è molto chiaro al riguardo e prevede sanzioni salate che vanno da 173 euro e possono arrivare fino a quasi 8mila euro per chi non ha sottoposto il proprio veicolo alla dovuta revisione: 

Tale sanzione è raddoppiabile in caso di revisione omessa per più di una volta in relazione alle cadenze previste dalle disposizioni vigenti. […] nel caso in cui si circoli con un veicolo sospeso dalla circolazione in attesa dell’esito della revisione, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 1.998 a € 7.993.

Proroga revisione auto e rimborso

Non ci sono davvero più scuse per saltare i controlli di routine e dribblare le nuove scadenze previste dalla proroga delle revisione auto, tanto più che il Governo ha pensato all’ennesimo bonus per venire incontro all’aumento delle tariffe

Si tratta di una mini-agevolazione che va sotto il nome di “Buono veicoli sicuri” e che permette di chiedere un rimborso di 9,95 euro sul prezzo della revisione.

Incluse nel bonus sono tutte le revisioni effettuate tra l’1 novembre e il 31 dicembre 2021 e ogni proprietario può richiederlo una sola volta e per un veicolo soltanto, tramite il sito ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e identità SPID con livello di sicurezza 2, allegando la copia della ricevuta della revisione avvenuta.

Dal rimborso, per il quale sono stati messi a disposizione 4 milioni di euro per il biennio 2021-2023, saranno esclusi circa 14 milioni di cittadini. Infatti, secondo quanto commentato da Luigi Altamura, comandante della Polizia locale di Verona:

Se tutti quelli che fanno la revisione domani avessero accesso al portale, in meno di due settimane il budget sarebbe esaurito, in Italia infatti ci sono 14-15 milioni di veicoli revisionati ogni anno.

I veicoli esclusi dalla proroga della revisione auto

La proroga della revisione auto non interessa tutti i veicoli circolanti ma, anzitutto, soltanto quelli che rientrano nelle scadenze indicate sopraindicate. In secondo luogo, i mezzi devono rispondere a determinate caratteristiche per rientrare nel posticipo delle revisioni, ossia:

  • essere stati immatricolati in Italia
  • essere di categoria M o N, cioè autobus, autocaravan, autoveicoli, camion, autoarticolati, trattori stradali, rimorchi e semirimorchi con massa oltre 3,5 tonnellate (categorie O3-O4) la cui revisione è scaduta tra ottobre 2020 e giugno 2021

Sono, invece, esclusi dalla proroga della revisione auto di dieci mesi i veicoli di categoria L come minicar, ciclomotori e motocicli, O1-O2, cioè i rimorchi con massa inferiore a 3,5 tonnellate, i veicoli delle categorie sopramenzionate (M, N, O3 e O4) la cui revisione scade da luglio 2021 in poi.

Proroga revisione auto e non solo: le patenti

La proroga della revisione auto non è l’unica misura adottata nel prolungamento dello stato d’emergenza che, ricordiamo, si chiuderà il 31 marzo 2022 (almeno per il momento).

Infatti, è entrato in vigore un nuovo calendario sia per i patentati da tempo sia per coloro che stanno studiando per prendere la licenza di guida. 

Le patenti. Le licenze di guida la cui scadenza originaria si colloca tra il 31 gennaio 2020 e il 31 marzo 2022 dovranno essere rinnovate entro il 29 giugno 2022, ossia novanta giorni dopo la fine dello stato di emergenza sanitaria. Oltre quella data non si potrà circolare. Il posticipo riguarda:

  • patenti comuni
  • rinnovi per disabili con visita presso la Commissione Medica Locale
  • le Carte di qualificazione del conducente per i mezzi pesanti
  • le patenti CE di autisti over 65 di mezzi pesanti a rimorchio
  • le patenti DE si autisti over 60 che guidano autobus con rimorchio

Attenzione, però: il Ministero dei trasporti specifica che se si utilizza la patente come strumento di identificazione, queste date non sono valide, il documento deve essere aggiornato secondo le modalità regolari. 

Il foglio rosa. Novità anche per chi sta ancora studiando per prendere la patente di guida: la nuova scadenza è fissata per il 29 giugno 2022 e riguarda i fogli rosa la cui scadenza originaria si colloca tra il 31 gennaio 2020 e il 31 marzo 2022. Inoltre, chi ha chiesto di fare l’esame per la patente di guida tra l’1 gennaio 2021 e il 31 marzo 2022 avrà a disposizione un anno dal momento della domanda, anziché i canonici sei mesi.

Bollo auto e assicurazione

Le proroghe previste per la revisione auto, le patenti e il foglio rosa non sono previste per l’assicurazione e il bollo auto, la tassa meno amata dagli automobilisti. Perciò nel 2022 bisognerà stare molto attenti alle scadenze perché potrebbero esserci pesanti sanzioni a carico di chi non paga da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Nonostante le voci iniziali che parlavano di una possibile proroga anche per il bollo o addirittura della cancellazione del superbollo, nulla è stato fatto in merito. La tassa si continuerà a pagare nelle modalità e nei termini previsti a seconda della regione e, in generale, si ha tempo un mese dalla data di scadenza. Ossia, se il bollo della mia auto è valido fino al 20 gennaio, dovrò pagarlo tra il 21 del mese e il 20 febbraio.

Unicredit a picco sul Ftse Mib. I motivi del sell-off

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Davvero una brutta giornata per Unicredit che ha perso terreno per la terza seduta di fila, con un movimento in netta controtendenza rispetto al Ftse Mib.

Unicredit sotto scacco: in fondo al Ftse Mib al close

Il titolo, dopo aver ceduto oltre un punto percentual ieri, ha imboccato da subito oggi la via delle vendite, accelerando progressivamente al ribasso.

A fine seduta Unicredit si è fermato a 13,61 euro, con un affondo del 3,23% alimentato da forti volumi di scambio, visto che sono transitate sul mercato oltre 40 milioni di azioni, più del doppio della media degli ultimi 30 giorni pari a circa 18,5 milioni.

Unicredit: rumor su interesse per la banca russa Otkritie

Sul titolo sono scattate le vendite sulla scia di alcune indiscrezioni di stampa che hanno fatto storcere il naso al mercato.

Secondo quanto riportato da Bloomberg, Unicredit potrebbe essere tra i soggetti interessati all’acquisizione della banca russa Otkritie e potrebbe entrare in data room nel corso della settimana.

Otkritie, una delle principali banche russe, è stata nazionalizzata nel 2017 a seguito di un bailout causato dall’eccessivo ammontare di crediti deteriorati.

La Banca Centrale Russa ha avviato in estate il processo di dismissione della propria partecipazione nella banca, pari al 100%.  L’uscita dal captale potrebbe avvenire attraverso la cessione a una controparte o attraverso IPO.

Unicredit: la fotografia di Otkritie

Sulla base dei dati dei primi nove mesi del 2021, Otkritie ha asset per 45 miliardi di euro, circa il 5% degli asset di Unicredit, e un patrimonio netto di 6,5 miliardi di euro.

La banca si caratterizza per una buona asset quality con un NPE Ratio del 6,1% e un elevato livello di coverage pari al 95%. Dal punto di vista del capitale, il Tier 1 Ratio risulta pari al 14.4%.

Gli analisti di Equita SIM ricordano che Otkritie ha chiuso i primi 9 mesi del 2021 con un utile operativo di 0,9 miliardi, in rialzo del 61%, e un utile netto di 700 milioni, con un incremento del 94%, riportando un ROE superiore al 15%.

Unicredit: quali effetti dal deal? Equita vede rischi elevati

L’operazione permetterebbe di incrementare in maniera significativa il peso della divisione Eastern Europe: gli analisti di Equita SIM stimano +80% a livello di bottom line divisionale.

Il deal inoltre avrebbe un peso considerevole sia sul fatturato che sugli utili di gruppo, nell’ordine rispettivamente del 13% e del 25%.

Per esprimere un giudizio sull’operazione, secondo Equita SIM rimarrebbero da valutare i tassi di crescita degli utili della banca in una prospettiva di medio periodo, i termini eventualmente concordati con la Banca Centrale Russa per l’acquisizione e la valutazione della banca target.

Gli analisti ritengono tuttavia che un’operazione di questo tipo si caratterizzi da un rischio di esecuzione non trascurabile, sebbene in parte mitigato dal fatto che Unicredit sia già presente nel paese, oltre ad aumentare in modo significativo l’esposizione ad una realtà con un elevato rischio geopolitico.

In attesa di novità sull’operazione, gli analisti di Equita SIM mantengono una view bullish sul titolo, con una raccomandazione “buy” e un prezzo obiettivo a 16 euro. 

Unicredit: Intesa Sanpaolo e Jefferies commentano gli ultimi rumor

A confermare un giudizio positivo su Unicredit è anche Intesa Sanpaolo che oggi ha reiterato il rating “buy” con un target price a 16,9 euro.

Gli analisti ricordano che il gruppo guidato da Orcel è già presente in Russia, ma l’acquisizione di cui parla la stampa va oltre quelle di piccole dimensioni indicate nel piano strategico.

Il pericolo è che con Otkritie si potrebbe modificare il profilo di rischio della divisione Eastern Europe, con un aumento rilevante del peso della Russia pari a 5 volte gli assert ponderati per il rischio.

Dubbi sono espressi anche dai colleghi di Jefferies, secondo cui un’eventuale acquisizione di Otkritie non convincerebbe gli investitori per via della difficile situazione politica e dell’entità del potenziale deal.

Bonus Idrico 2022: Attenzione alle truffe! Come riconoscerle

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È grande l’attesa per quanto riguarda il Bonus Idrico 2022, anche conosciuto come Bonus Rubinetti. 

In realtà, la vera attesa non riguarda il bonus in sé per sé, ma la creazione della piattaforma ufficiale per poter usufruire di questo bonus. 

Ma di cosa parliamo quando menzioniamo il Bonus Idrico 2022? 

Ebbene, devi sapere che facciamo riferimento ad un’agevolazione che consente di ottenere un rimborso fino a 1.000 euro.

Quindi, cosa stiamo aspettando?

La piattaforma per accedere a questo bonus non è ancora attiva. 

Anzi, c’è di più. Il Ministero della Transizione Ecologica è intervenuto per sottolineare che nella rete sono presenti numerosi siti non ufficiali a scopo di truffa. 

Proprio per questo motivo è necessario fare attenzione a quali siti consultiamo, dato che per il momento il Bonus Idrico 2022 non presenta ancora alcun sito ufficiale per inoltrare la domanda. 

In questo articolo andiamo a vedere come funziona e a cosa serve il Bonus Idrico 2022 e, inoltre, andiamo a capire come accorgerci delle truffe per evitarle al meglio!

Bonus Idrico 2022: che cos’è?

Non potremmo iniziare a parlare delle truffe che si celano dietro ai siti fasulli del Bonus Idrico senza aver definito nel dettaglio l’agevolazione. 

In poche parole, questo bonus ha come obiettivo quello di incentivare tutti quegli interventi che hanno come scopo quello di ridurre lo spreco di acqua nelle nostre case. 

Si tratta di un sussidio che è stato finanziato dal Ministero della Transizione Ecologica.

Ma come funzionerà nello specifico questo importante bonus?

Ebbene, per tutti coloro che riusciranno ad avere accesso al Bonus Idrico ci sarà la possibilità di accedere ad un rimborso fino a 1.000 euro per le spese idriche. 

Probabilmente ci sono ancora molti dubbi, quindi andiamo a chiarire più nel dettaglio a cosa facciamo riferimento. 

Le spese idriche riguardano l’acquisto di lavandini, sanitari, rubinetti o soffioni per le docce. 

Eppure, c’è una caratteristica che non possiamo lasciar passare inosservata. Infatti, tutti questi acquisti devono essere stati effettuati nel 2021, per l’esattezza tra il 1 gennaio 2021 ed il 31 dicembre dello stesso anno.

In poche parole, il soggetto prima effettua l’acquisto e solo successivamente può richiedere il bonus. 

Quindi, io vado ad effettuare tali acquisti senza sapere se potrò accedere al Bonus Idrico oppure no? Beh, è esattamente così.

Tuttavia, non bisogna considerare solo questo lato “negativo”. Infatti, quando parliamo di sostituzione di soffioni, sanitari, rubinetteria ecc si tratta solitamente di lavori che devono essere effettuati necessariamente. 

Questo significa che avere la possibilità di ottenere in seguito un rimborso di 1.000 euro è già di per sé un ottimo incentivo. 

Bonus Idrico 2022: chi può beneficiare di questa agevolazione?

Ora che abbiamo capito in cosa consiste il Bonus Idrico, andiamo a capire se vi sono delle particolari limitazioni di accesso alla misura. 

Come abbiamo visto in precedenza, l’obiettivo è molto semplice, ossia riuscire ad ottenere un notevole risparmio di acqua nelle nostre abitazioni. 

È bene evidenziare che il Bonus Idrico 2022 non potrà essere ottenuto indistintamente in tutte le abitazioni. 

Cosa significa? Te lo spiego immediatamente. 

Per prima cosa va sottolineato fin da subito che il Bonus Idrico 2022 si applica solo per i maggiorenni residenti in Italia. Altra caratteristica importante? Essere proprietari (o comunque possedere un diritto reale sull’immobile). 

Ovviamente non abbiamo ancora finito! Infatti, dobbiamo evidenziare che i lavori coperti dal Bonus Idrico dovranno essere realizzati solo ed unicamente su edifici già esistenti. 

Questo significa che non può essere utilizzata tale agevolazione per i lavori di costruzione.

Infine, ultimo requisito, ma non meno importante è il fatto che l’immobile nel quale sono state effettuate opere di ristrutturazione sia regolarmente censito. 

Bonus Idrico 2022: come può essere utilizzato?

Arriviamo ora alla domanda delle domande. Ossia, come può essere utilizzato il Bonus Idrico?

Ebbene, è importante evidenziare che ad oggi ancora non può essere richiesta questa agevolazione. 

Per quale motivo? È molto semplice, ora te lo spiego. 

Non è ancora stata attivata la piattaforma per inviare le domande, ma anzi, spesso ne spuntano fuori alcune fasulle che potrebbero truffare i cittadini. 

Di questo parleremo più approfonditamente nel corso del prossimo paragrafo, intanto andiamo a fare un breve recap di quando può essere utilizzato il Bonus Idrico. 

Come abbiamo detto, l’obiettivo di questo bonus è quello di ridurre lo spreco di acqua. Di conseguenza, tale agevolazione può essere utilizzata per l’acquisto di rubinetti, soffioni e colonne da doccia che siano a limitato spreco di acqua. 

Infatti, in base a quanto afferma anche l’Unione Europea, bisogna assolutamente diminuire gli sprechi di questa risorsa così preziosa. 

Lo stesso vale per i sanitari che dovranno essere acquistati anch’essi con scarico ridotto. 

In questo modo il Bonus Idrico aiuterà il tuo portafoglio e tu aiuterai il Pianeta!

Bonus Idrico 2022: attenzione alle truffe online!

Ormai avremo capito che ancora non è attiva una piattaforma definita per il Bonus Idrico 2022. 

Ma a che punto siamo? Ebbene, il Ministero della Transazione Ecologica ha affermato che  nel mese di gennaio 2022 sarà finalmente attiva la piattaforma per richiedere il Bonus Idrico. 

Infatti, questo bonus è stato approvato con la Legge di Bilancio dello scorso anno, ma ancora non è diventato a tutti gli effetti operativo. 

Ebbene, la buona novità è che lo diventerà molto presto. 

Tuttavia, mentre si aspetta che il sito ufficiale dedicato alle richieste del Bonus Idrico 2022 venga pubblicato ufficialmente online, sulla rete iniziano a diffondersi le prime truffe. 

Infatti, hanno iniziato a diffondersi online alcuni siti che sembrerebbero quelli ufficiali del Bonus Idrico 2022, ma in realtà non è così.

Sbaglio o truffa? Ognuno ha la propria idea. Ciò che conta è che non bisogna cadere in possibili tranelli sulla rete. 

Infatti, anche il Ministero della Transizione Ecologica ha voluto segnalare che il sito www.bonusidrico.it, per quanto sia stato elaborato parlando ed esponendo le ragioni del bonus in esame, non è in alcun modo collegato al MITE. 

Di conseguenza, tale sito web non permetterebbe in alcun modo agli utenti di accedere al Bonus Idrico ed al suo rimborso. 

Bonus Idrico 2022: ma quando arriva la piattaforma? L’attesa infinita!

Ok abbiamo capito che quel sito non è quello ufficiale del Bonus Idrico, ma quando arriva quello vero?

Questa è una delle domande che viene fatta più spesso al Ministero della Transizione Ecologica, giustamente direi. 

Proprio per questo motivo il MITE ha deciso di rispondere anche ai cittadini che avevano tale dubbio. 

Rullo di tamburi… la piattaforma sarà operativa prossimamente!

Abbiamo una data precisa? Purtroppo ancora no. 

Tuttavia con questo “prossimamente” possiamo ipotizzare che il sito ufficiale del Bonus Idrico 2022 vedrà la luce nel corso del mese di gennaio, febbraio al massimo. 

Però questa risposta non è bastata per placare i dubbi, ovviamente. 

Il Ministero della Transizione Ecologica non ha, di fatto, risposto a nessuna domanda, ma ha semplicemente rimandato il problema. 

Dunque, per evitare di cadere in possibili truffe online è importante sottolineare che ad oggi non è ancora presente nessuna piattaforma dedicata al Bonus Idrico 2022. 

Quindi, per il momento, non potrà essere richiesto da nessuna parte il rimborso di 1.000 euro sulle spese di acquisto di rubinetti, sanitari, soffioni e colonne da doccia. 

Le strategie di medio e lungo termine

Appuntamento con Zoom Certificates, il format settimanale di Le Fonti Tv, in collaborazione con UniCredit dedicato al mondo dei certificati. L’appuntamento odierno in compagnia di Giacomo Iacomino, Stefano Fanton e Riccardo Falcolini si apre con l’analisi dei mercati e dei volumi negoziati sul segmento SeDeX di Borsa Italiana nei primi 10 giorni del 2022. Nel successivo spazio dedicato ai certificati Stefano e Riccardo hanno analizzato alcune differenti strutture di certificati volti per profili di medio- lungo termine volti ad assorbire anche gli eventuali storni di mercato.

Certificato Turbo Open End sul Ftse Mib

Il cambio di passo della politica monetaria della Fed, con un’accelerazione del tapering, apre il 2022 con la certezza che nel 2022 ci saranno almeno tre rialzi dei tassi di interesse, incoraggiati dall’elevata inflazione. Powell ha dichiarato che la Fed dovrà raffreddare l’inflazione senza danneggiare il mercato del lavoro.

A dicembre l’indice grezzo dei prezzi al consumo è cresciuto dello 0,5% negli States rispetto a novembre risultando superiore alle attese (+0,4%), in lieve rallentamento rispetto alla rilevazione precedente (+0,8%), ma pur sempre su livelli elevati. Su base annuale l’indice si è attestato al +7%, superiore alla lettura di novembre (+6,8%).

La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, aveva già anticipato ieri “elevati dati sull’inflazione, ma le letture mese su mese caleranno nei prossimi mesi”, ha detto.

In questo contesto sono dunque da preferire le borse di tipo value.

Data la sua composizione, il Ftse Mib è meno esposto al ciclo growth e più a quello value, guidato dai titoli finanziari e bancari in particolare, sostenuti da tassi e aspettative di inflazione più elevati. Per questo motivo potrebbe performare meglio rispetto ad altre borse.

Andamento del sottostante

L’analisi del grafico dell’indice Ftse Mib mette in evidenza una certa difficoltà nel proseguire la reazione avviata a dicembre a 25780 circa. L’indice resta comunque al di sopra del massimo del 7 dicembre a 27171 punti, livello di supporto chiave in questa fase.

Fino a che area 27170 verrà rispettata dal ribasso sarà possibile continuare a sponsorizzare uno scenario rialzista: dal superamento di area 28200 potrebbe poi derivare un segnale di forza interessante, sempre che i prezzi superino anche 28330 (50% di ritracciamento del ribasso dal picco del 2007, resistenza chiave anche di lungo periodo): lecito in quel caso considerare conclusa la fase correttiva intrapresa dal massimo di novembre e ripreso invece l’uptrend attivo dallo scorso luglio, target a 29100 e a 30100. Sotto 27170 rischio invece di cali verso la base del gap del 21 dicembre a 26246. Supporto intermedio a 26985, media mobile esponenziale a 50 giorni.

Strategie operative sul Ftse Mib

Lo scenario individuato porta a valutare una strategia di matrice moderatamente rialzista sull’indice Ftse Mib con obiettivo principale circa 28200 euro, poi a 28300. Tra la platea di certificati a disposizione su questo sottostante è possibile aprire una posizione rialzista sul Turbo Open End (Isin DE000HB2AZ39), ultimo prezzo scambiato a 0,213 euro. La struttura ha uno stop loss intrinseco a 25765,57 punti, il cui raggiungimento provocherebbe l’azzeramento del prodotto.

Il certificato è stato emesso l’11 gennaio 2022 e presenta una leva pari a 13,11.

Ftsemib 12012022

Indicatore di Rischio

L’indicatore di rischio assume che l’investitore mantenga il prodotto sino a scadenza. Il rischio effettivo può variare in modo significativo in caso di vendita del prodotto in un momento antecedente e l’investitore potrebbe ottenere un rendimento minore. L’indicatore sintetico di rischio è una guida per il livello di rischio di questo strumento finanziario rispetto ad altri prodotti.

Tale indicatore illustra le probabilità di perdita del capitale per l’investitore a causa dell’andamento dei mercati o se l’Emittente, per effetto di un deterioramento della sua solvibilità ovvero versi in uno stato di dissesto, non sia in grado di corrispondere gli importi dovuti in relazione allo strumento finanziario. Il rischio di perdite potenziali sulla stima dei risultati futuri è classificato come molto alto (livello 7).

Da sapere prima di investire

Rischio di credito sull’Emittente. I certificati espongono l’investitore al rischio di credito sull’Emittente, compreso il rischio connesso all’utilizzo del “Bail-In” e degli altri strumenti di risoluzione previsti dalla Direttiva Europea in tema di risanamento e risoluzione degli enti creditizi.

Capitale iniziale non garantito. In caso di variazione negativa del sottostante superiore al livello della Barriera o nel caso di insolvenza dell’emittente, non è prevista la restituzione del capitale inizialmente investito.

Importo a scadenza. L’investitore è esposto al rischio di perdita (anche totale) del capitale investito nel caso in cui alla scadenza il Prezzo di Riferimento dell’azione sottostante risultasse inferiore a quello corrispondente alla Barriera.

Dividendi. Ai possessori dei certificati non sono riconosciuti gli eventuali dividendi distribuiti dall’azione sottostante e non hanno alcun diritto ulteriore derivante dal possesso dell’azione stessa (per esempio i diritti di voto).

Fiscalità. I redditi derivanti da certificati di investimento sono soggetti ad una tassazione pari al 26%. Questo valore viene calcolato sia sui profitti derivanti da vendita (o rimborso) del certificato ad un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto sia sull’importo delle cedole eventualmente staccate dal prodotto finanziario durante la sua vita. E’ consentito compensare i redditi derivanti dai certificati con le minusvalenze rivenienti anche da altri titoli. 

Avvertenze

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Bonus affitto, Draghi paga il canone di locazione a tutti!

L’Agenzia delle Entrate stila le nuove regole per richiedere il bonus affitto: il contributo a fondo perduto per pagare il canone di locazione. I tecnici del fisco spiegano che è possibile ottenere l’importo – che ricordiamo servirà per abbassare la pigione pagata mensilmente – se il rapporto di locazione era in essere lo scorso 29 ottobre 2020. Varrà per i locatori che abbiano deciso di abbassare il canone nel periodo compreso tra il 25 dicembre 2020 ed il 31 dicembre 2021, e che siano andati incontro ai propri inquilini per tutto o per parte del 2021.

Il bonus affitto arriverà anche al locatore che abbia provveduto a garantire due rinegoziazioni del contratto di locazione, purché si il tutto sia avvenuto nel rispetto della legge e delle varie prassi normative. Sostanzialmente queste sono le indicazioni che sono state fornite direttamente dall’Agenzia delle Entrate all’interpello n. 13 dell’11 gennaio 2022 e che hanno avuto come oggetto il bonus affitto.

Bonus affitto: chi ne ha diritto!

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta con una serie di chiarimenti su chi abbia diritto ad ottenere il bonus affitto a seguito di un interpello di un contribuente, che non è residente in Italia, e che spiega di aver provveduto a sottoscrivere un contratto di locazione come locatore di un immobile, la cui destinazione è ad uso abitativo, concordando un canone annuo dell’importo di 6.600 euro. La decorrenza venne fissata al 23 luglio 2015.

Questo contratto, quindi, al 29 ottobre 2020 risultava regolarmente in essere, ed è stato oggetto di due diverse negoziazioni:

  • una prima volta, relativamente al periodo compreso tra il 23 giugno 2020 ed il 22 giugno 2020, quando il canone annuo venne ridotto a 1.800 euro;
  • una seconda volta, che coinvolge il periodo compreso tra il 23 giugno 2021 ed il 22 luglio 2022, quando veniva confermata – anche per questo periodo – la riduzione prevista dalla prima rinegoziazione.

Il proprietario dell’immobile ritiene di avere diritto al bonus affitto, ossia al contributo a fondo perduto per la riduzione dell’importo concordato per il canone di locazione, come è previsto dall’articolo 9-quater del Dl n. 137/2020 convertito nella legge n. 176/2020. L’istante sottolinea che la ratio di fondo della norma è quella di premiare in qualche modo il proprietario dell’immobile, che va incontro al proprio inquilino. Il diretto interessato mette in evidenza che nel momento in cui si presenta l’istanza per ottenere il contributo a fondo perduto non viene riconosciuta la seconda diminuzione del canone, dato che è già stata fatta una prima rinegoziazione e quindi respinge l’istanza che l’interessato voleva inoltrare.

La presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate!

Chiamata direttamente in causa, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato la propria posizione sul bonus affitto. I tecnici hanno premesso che l’articolo 9-quater del Dl n. 137/2020, meglio conosciuto come Decreto Ristori, è in vigore dallo scorso 25 dicembre 2020, ossia il giorno successivo della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Questo articolo stabilisce che

per l’anno 2021, al locatore di immobile ad uso abitativo, ubicato in un comune ad alta tensione abitativa, che costituisca l’abitazione principale del locatario, che riduce il canone del contratto di locazione in essere alla data del 29/10/2020, è riconosciuto, nel limite massimo di spesa di cui al comma 4, un contributo a fondo perduto fino al 50 per cento della riduzione del canone, entro il limite massimo annuo di 1.200 euro per singolo locatore.

Al comma 2 ed al comma 3 dello stesso articolo si prevede e si stabilisce che:

ai fini del riconoscimento del contributo di cui al comma 1, il locatore comunica, in via telematica, all’Agenzia delle entrate la rinegoziazione del canone di locazione e ogni altra informazione utile ai fini dell’erogazione del contributo […]. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate le modalità applicative del presente articolo.

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate con un provvedimento datato il 6 luglio 2021 ha spiegato che il bonus affitto spetta nel caso in cui il contratto di locazione abbia una decorrenza antecedente al 29 ottobre 2020 e che, soprattutto, risulti ancora in essere e che sia stato oggetto di una rinegoziazione, che abbia portato alla riduzione del canone di locazione per tutto il 2021 o per una parte di esso. Il bonus affitto, però, non spetta a quelle rinegoziazioni che siano state effettuate prima del 25 dicembre 2020, data nella quale è entrata in vigore la legge.

Bonus affitto: ecco le conclusioni del caso!

Prendendo in considerazione l’istanza presentata e prospettata, l’Agenzia delle Entrate ha provveduto a spiegare che il contratto era in essere al 29 ottobre 2020, quindi la seconda rinegoziazione – quella, per intenderci, relativa al periodo compreso tra il 23 giugno 2021 ed il 22 luglio 2022, soddisfa in tutto e per tutto il requisito temporale perché il cosiddetto bonus affitto venga erogato. Il contratto, infatti, è stato oggetto di una prima rinegoziazione, se non si fosse provveduto ad effettuare anche la seconda sarebbe tornato al valore iniziale.

In definitiva, il locatore può essere ammesso a richiedere il contributo a condizione che presenti all’Agenzia delle Entrate istanza di autotutela dell’esito del rigetto.