Le Telco: analisi del mercato globale con un focus al nostro paese

Il 2022 un anno nero per le telco italiane. Si contrae il mercato: -3,3% sul 2021 e -13,8% negli ultimi 5 anni.

Il settore delle telco ha vissuto nel 2022 un “timido miglioramento, ma non in Italia” dove i prezzi sono rimasti stabili malgrado l’inflazione abbia toccato livelli record. Lo evidenzia l’indagine annuale dell’Area studi Mediobanca che prende in esame il mercato delle 32 maggiori telco internazionali con ricavi superiori ai 9 miliardi di euro ciascuna, di cui 13 hanno sede nell’EMEA, 12 in Asia & Pacifico e le rimanenti 7 attive nel continente americano. 

Nei 12 mesi presi in esame dall’indagine il giro d’affari aggregato dei 32 maggiori operatori mondiali si segnala in aumento del 3,9% sul 2021, grazie all’incremento del 7% delle vendite di dispositivi e del 4,2% dei ricavi da servizi: una dinamica che ha compensato la riduzione dei ricavi del 4% delle divisioni Media & Entertainment. Le telco asiatiche hanno continuato a dominare il settore a livello di performance commerciale, chiudendo i 12 mesi del 2022 con una progressione del +7,3% nei ricavi, mentre le dinamiche sono state più contenute per i gruppi americani (+1,1%) e per quelli che ricadono nei Paesi EMEA (+2,1%).

Verizon primo operatore mondiale, in Europa in testa Deutsche Telekom

Ampliando lo sguardo a livello globale il report di Mediobanca segnala come, tra i colossi mondiali in termini di ricavi, il primato spetti alla statunitense Verizon (128,3 miliardi), tallonata dalla cinese China Mobile (con 127,4 miliardi). Seguono la tedesca Deutsche Telekom (con 114,2 miliardi, i due terzi dei quali sviluppati negli Usa grazie alla propria controllata T-Mobile) e l’altra statunitense AT&T (113,2 miliardi), scalzata dal podio in seguito alla cessione di Warner Media dell’aprile 2022. La centralità dei player asiatici è confermata dalla presenza di cinque di essi tra i primi dieci operatori globali. Tim è in ventesima posizione, superata dall’indiana Bharti Airtel, ma scenderebbe in ventiduesima posizione con ricavi stimati in 13,5 miliardi escludendo le attività di NetCo, la società destinata a ricevere la rete fissa e i servizi wholesale dell’incumbent italiano.

Grazie alla cessione di NetCo, è stimata per TIM una riduzione dei debiti finanziari di 14,2 miliardi, con abbattimento della leva finanziaria al di sotto della soglia del 100%. Tale assetto consentirebbe di allineare l’incumbent italiano alle best practices europee rimuovendo, secondo l’ufficio studi di Mediobanca, i vincoli che “ne limitano il potenziale di crescita, sia in termini di operazioni non organiche che di sviluppi strategici che richiedono ingenti investimenti”. La redditività industriale delle telco mondiali si segnala in leggera ripresa tra il 2018 e il 2022, con l’ebit margin pari al 15,5% in miglioramento di 40 punti base rispetto al 15,1% del 2018. In Europa, sul podio della redditività nel 2022 salgono Telenor (che vanta un ebit margin al 21,7%), Swisscom (18,3%) e BT Group (15,4%).

Tra i principali operatori internazionali l’indiana Bharti Airtel esibisce i margini industriali più elevati (ebit margin al 25,3%), seguita dalla canadese BCE (22,4%) e dalla statunitense Verizon (22,2%). Sul fronte patrimoniale, a livello europeo la svizzera Swisscom ha la struttura finanziaria più solida (debiti finanziari sul capitale netto al 70,8%), seguita da Vodafone al 103%, con Tim sopra la media europea del 157,9% al 169,2%; tra le società con il livello patrimoniale più basso si collocano, invece, Deutsche Telekom (173,9%), Telenor (191%) e Altice, con quest’ultima che presenta addirittura un patrimonio netto negativo.

La Germania si conferma il primo mercato europeo, l’Italia in quinta posizione

Guardando al segmento europeo, il primo mercato continentale è quello tedesco con ricavi per 59,1 miliardi (+1,3%), seguito da quello della Francia (36,7 miliardi +1,8%). Seguono il Regno Unito (36 miliardi, al netto della vendita di device i cui importi non sono disponibili; +2,7%), e la Spagna (30 miliardi; +0,6%). Il nostro Paese occupa solo la quinta posizione con 26,9 miliardi: rispetto al 2021 la contrazione è del 3,3% mentre, considerando un arco temporale di 5 anni, la flessione si approfondisce fino a toccare il 13,8%. “In entrambi i casi – si legge nel report – si tratta del più ampio ridimensionamento registrato nel Vecchio Continente”.

Estendendo il confronto al 2010, in Italia il giro d’affari del settore è diminuito di circa 15 miliardi (- 3,7% medio annuo), con la rete mobile che evidenzia segnali di maggiore affanno (-5,1%) rispetto alla fissa (-2,4%). Pesano, secondo lo studio di Mediobanca, “gli effetti regolamentari, con le tariffe di terminazione mobile in costante riduzione (passate in Italia da 0,76 euro nel 2020, a 0,67 nel 2021, 0,55 nel 2022 e 0,4 nel 2023) e le pressioni competitive che in Italia hanno causato la più marcata contrazione dei prezzi dei servizi telefonici (-17,6%) rispetto al -3,2% medio europeo nel quinquennio 2018-2022”. E “se nel biennio 2022-2023 l’inflazione ha raggiunto quasi ovunque i propri picchi, in Italia le tariffe telefoniche sono rimaste pressoché stabili, pur non mancando tentativi di introduzione di meccanismi di adeguamento al carovita dei canoni mensili, con riferimento soprattutto ai nuovi contratti” sottolinea l’indagine.

Anche nel 2022 è proseguita la strategia, portata avanti dagli operatori mobili virtuali (i cosiddetti MVNO) e dei second brand dei player infrastrutturati, di incrementare i volumi dati inclusi nelle proprie offerte a parità di tariffa o, in taluni casi, di lanciare promozioni a prezzi ulteriormente ridotti. “Queste ultime considerazioni – si legge nel rapporto – giustificano il calo dei ricavi in un contesto di continuo rialzo del volume di traffico e di recupero del roaming correlato alla ripresa del turismo internazionale”. Nel primo semestre 2023 i ricavi domestici dei principali operatori italiani sono risultati stazionari (-0,1%), con il comparto mobile che ha proseguito nel trend calante ormai consolidato (-3,9%), mentre la telefonia fissa ha segnato un andamento positivo (+3%). La contrazione del fatturato rimane concentrata nelle divisioni mobili dei primi tre operatori: Tim (-6,4%), Wind Tre (-6,1%) e Vodafone (-5,7%), con una diminuzione cumulata di 286 milioni di euro.

Continua la crescita di Iliad Italia (+12,2% sul primo semestre 2022), con la controllata dell’operatore transalpino che, a partire da gennaio 2022, ha ampliato la propria offerta alla telefonia fissa. In rialzo si segnala anche il risultato di PosteMobile (+4,5%) e Fastweb (+4,3%). Dal confronto tra i conti aggregati degli 11 principali operatori italiani (player con una soglia minima di fatturato di 60 milioni di euro e rappresentanti il 95,5% del mercato complessivo rilevato da Agcom) e dei big player con sede nell’EMEA, emerge una redditività inferiore dei primi, con graduale allargamento del divario nel quinquennio 2018-2022. Per i principali gruppi italiani il calo del giro d’affari e il rialzo dei costi hanno portato ad una inevitabile contrazione dei margini: l’ebit margin dell’1,2% nel 2022 si confronta con il 14,5% registrato nel 2018, mentre a livello EMEA si segnala un valore medio pari al 14,3%, in aumento dal 13,4% nel 2018. Anche la redditività del capitale investito descrive una analoga parabola discendente, con il ROI aggregato delle telco italiane in discesa dal 6,2% del 2018 allo 0,5% nel 2022 (rispetto al 6,9% segnato a livello Emea nel 2022), risultando costantemente inferiore, nell’ultimo quinquennio, al costo del capitale, stimato al 7,6% nel 2022.

Considerando che livelli di ROI inferiori al costo del capitale per un periodo di tempo prolungato possono disincentivare gli operatori infrastrutturati (i cosiddetti MNO) a pianificare nuovi investimenti, appare più che mai necessario, secondo Mediobanca, sfruttare “i significativi benefici offerti dalla piena operatività dell’EU Recovery Fund che ha destinato al settore italiano delle telecomunicazioni” una cifra considerevole pari a 49,8 miliardi di euro. Queste risorse sono destinate a finanziare l’informatizzazione del Paese, a digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e lo sviluppo di reti ultra broadband, 5G e satellitari.

In Italia un mercato troppo frammentato, servirebbe una nuova stagione di aggregazioni

Secondo gli analisti di Piazzetta Cuccia il mercato italiano delle telecomunicazioni si è confermato anche nel 2022 come uno tra i più frammentati e competitivi del Vecchio Continente. A fine 2022 nel nostro Paese operavano cinque player infrastrutturati e 20 operatori virtuali (MVNO) nel comparto mobile, mentre erano numerosi i soggetti attivi nella rete fissa, con l’aggiunta di nuovi attori quali Iliad, Sky Italia, Virgin Fibra e, da ultimo, Enel Fibra. Sempre in Italia, l’unione tra Tiscali e le attività retail di Linkem (ora Tessellis) nell’agosto 2022 rappresenta un primo segnale di consolidamento del settore, anche se ancora non paragonabile a quanto osservabile a livello europeo. “La necessità di raggiungere dimensioni di scala per affrontare investimenti infrastrutturali di lungo periodo, unita a una redditività non sempre adeguata, sta effettivamente ridefinendo i contorni del settore”, è la valutazione degli analisti di Piazzetta Cuccia. “Basti pensare – aggiungono – al mercato spagnolo e a quello inglese: nel primo caso con l’annunciata integrazione tra Orange Spain e Masmovil (il secondo e il quarto operatore mobile) e con Vodafone che nell’ottobre 2023 ha annunciato la cessione delle proprie attività nel Paese iberico, operazione che fa seguito all’annunciata integrazione delle proprie attività nel Regno Unito con quelle di Three UK (controllata da CK Hutchison Tel.)”.

L’Italia migliora la copertura sulle reti a banda larga, ma servono altri investimenti

Nel 2022 Tim (con le sole attività italiane) è prima per fatturato (11,9 miliardi, con un calo del 5,2% rispetto al 2021) davanti a Vodafone (4,8 miliardi; -4,3%), Wind Tre (4,2 miliardi; -5,6%) e Fastweb (2,5 miliardi ma con un aumento del 3,7% rispetto all’anno precedente). Iliad si conferma in quinta posizione, con un fatturato pari 0,9 miliardi ma in crescita del 15,9% su base annua. Escludendo le start-up (Iliad e Open Fiber) e le società di minor dimensione, nel quinquennio 2018-2022 Fastweb è l’unica a crescere (+17,4% in termini di fatturato), mentre le Big 3 nazionali segnano contrazioni attorno al 20%, con le maggiori difficoltà concentrate nel segmento consumer. In uno scenario di generale ridimensionamento dei margini, Fastweb è l’operatore con l’ebit margin più elevato nel 2022 (pari al 9,2%), mentre il peggioramento per Vodafone, Wind Tre e Tim risente della più ampia contrazione dei ricavi rispetto al contenimento dei costi.

Tali risultati sono influenzati dallo scenario competitivo con riflessi sulla customer base e sui livelli di ARPU, segnalati entrambi in diminuzione. Nell’ambito del progetto “gigabyte society” la Commissione Europea si era posta l’ambizioso obiettivo di raggiungere, entro il 2030, tutte le famiglie europee delle aree popolate con la rete in fibra ottica e la copertura in 5G. Nel gennaio 2022 l’ETNO – European Telecommunications Network Operators’ Association – ha stimato, a livello continentale, la necessità di ulteriori 150 miliardi di euro di investimenti per il lancio completo del 5G e altri 150 miliardi per aggiornare le infrastrutture fisse esistenti portando l’FTTH (Fiber to the Home) in Europa.

Rispetto a questo standard di riferimento l’Italia si segnala per aver recuperato terreno nel benchmarking europeo della connettività: la copertura delle reti ad altissima velocità che nel nostro Paese è salita nel 2022 al 53,7% delle famiglie residenti (era il 33,7% nel 2020) rispetto al 73,4% della media europea. In Italia la diffusione della banda larga fissa >100 Mbps, pari al 59,6%, è ora superiore alla media europea (55,1%) e allo stato dell’arte di Germania (38,5%) e Francia (51,4%). Quest’ultima svetta però per diffusione delle linee a 1 Gbps (39,9% delle famiglie, rispetto al 13,8% medio europeo e al 13,4% italiano).

Nel primo semestre del 2023 fatturato globale + 2,4%, corrono i player asiatici

I dati più recenti presi in considerazione dal rapporto evidenziano che, nel primo semestre 2023, il giro d’affari aggregato dei principali gruppi mondiali delle telco ha registrato una crescita del 2,4% rispetto al primo semestre 2022. A trainare il comparto è stata la regione asiatica dove gli operatori hanno segnato un incremento dei ricavi del 5,9% in termini cumulati. Molto forte è stata la spinta arrivata dai player cinesi che hanno visto aumentare il loro giro d’affari del 7,1% rispetto ai primi sei mesi del 2022. La performance è dovuta al rafforzamento della quota di mercato nel 5G e all’accelerazione delle strategie di premiumization.

In rialzo anche gli operatori dell’area EMEA (con un fatturato salito dell’1,4%), ma con l’Europa che continua ad evidenziare un andamento sostanzialmente stazionario (+0,6%). In controtendenza i ricavi delle telco americane che hanno evidenziato una contrazione dell’1,3% su base annua. Lo studio sottolinea la permanenza di asimmetrie a livello geografico anche in termini di redditività operativa: il MON (Margine Operativo Netto) dei primi sei mesi del 2023 è cresciuto del 3,2%, grazie all’Asia & Pacifico (+5,6%) e all’EMEA (+7,7%) e nonostante il -1,7% registrato dagli operatori attivi nel continente americano. Le società europee hanno segnato l’incremento maggiore (con un MON salito del 10,5%), ma il risultato è largamente determinato dalla performance di Deutsche Telekom, la cui redditività ha segnato un balzo del 19%. Escludendo l’operatore tedesco la variazione si ridurrebbe ad un modesto +0,3%.

Note dolenti arrivano dalla voce investimenti, frenati dal peggioramento delle condizioni geopolitiche e dai timori di recessione innescati dalla politica monetaria restrittiva impostata dalle maggiori banche centrali a livello mondiale. Nel complesso gli investimenti hanno registrato una contrazione del 2,6%, con punte arrivate al 3,9% nelle Americhe e al 5% in Europa. Tutto ciò inevitabilmente finirà per impattare sulla necessaria implementazione della tecnologia 5G nel Vecchio Continente. A fronte di una penetrazione media mondiale pari al 17,7%, la nuova tecnologia è ai massimi negli Usa (64,8%), dopo il sorpasso nel terzo trimestre 2023 ai danni della Corea del Sud (63,3%), seguiti dal Giappone (54,6%) e dalla Cina (52,5%).

L’Europa risulta in ritardo con il 18,8% di penetrazione: Germania (46,4%) e Regno Unito (42,9%) detengono la leadership, mentre in Francia (17,3%) e Spagna (19,3%) il 5G resta poco sviluppato. “L’Italia copre il 20% delle connessioni mobili totali, ma svetta per quota di popolazione raggiunta (con una copertura del 95,8% secondo i dati aggiornati a settembre 2023), mostrando quindi un chiaro deficit di domanda”, segnala il report.

Uno sguardo più approfondito sulle dinamiche dei player europei evidenzia come, sul fronte dei ricavi, nel primo semestre 2023 sia Deutsche Telekom a dominare la classifica continentale con un fatturato che ha raggiunto la soglia dei 55 miliardi (-0,9% sul primo semestre 2022), seguita da Vodafone (22 miliardi ma in calo del 2% sullo stesso periodo del 2022), Orange (21,5 miliardi; +1,2%), Telefonica (20,2 miliardi; +3,7%), BT Group (10,3 miliardi; +2,4%), Altice (8 miliardi; +0,9% su base pro-forma) e Tim (7,8 miliardi, con un incremento del 3,8% sui primi 6 mesi dell’anno precedente).

Conclusioni

Il rapporto sull’andamento del settore delle Telco nel 2022 evidenzia un sostanziale miglioramento a livello globale mentre per l’Italia il quadro non è confortante. Calo del giro d’affari e rialzo dei costi hanno portato ad una inevitabile contrazione dei margini.

Con un giro d’affari in continua e costante contrazione (-3,7% medio annuo dal 2010 al 2022 con un calo cumulato di 15 miliardi di euro), le Telco italiane sono di fronte a scelte molti difficili che si traducono in una duplice opzione: o agire in modo severo sul versante dei costi (o delle tariffe) per recuperare redditività oppure inaugurare una nuova stagione di aggregazioni per raggiungere quella dimensione di scala che consentirebbe ai nuovi player di affrontare con maggiore tranquillità e sicurezza la nuova stagione di investimenti infrastrutturali che bussa alle porte. Da questo punto di vista la proposta di aggregazione lanciata da Iliad a Vodafone per una fusione delle attività italiane dei due gruppi sembra essere il primo passo in grado di segnalare l’ingresso in una nuova era delle Tlc in Italia.

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