L’Italia è uno dei 10 Paesi più attivi al mondo nello sviluppo blockchain

Sembra incredibile, ma i dati parlano chiaro: l'impegno dell'italia nella blockchain è superiore a quello della maggior parte del mondo.

Non abbiamo timore di ammettere che negli ultimi 10 anni l’Italia è stata un pò il fanalino di coda di altre grandi potenze come USA, Cina e Russia.

Quando si tratta di know-how siamo di certo imbattibili, ma spesso non riusciamo a sfruttarlo come si deve. Oggi, però, le cose sembrano cominciare a cambiare e, secondo i dati più recenti, la blockchain rappresenta uno dei campi in cui gli italiani sono più interessati. Non solo! Sembra che la quantità di startup, brevetti e privati operanti nel settore sia aumentata sempre più negli ultimi anni.

Che stia arrivando l’era del digitale in Italia? Scopriamolo.

Quanti italiani usano crypto?

Nel nostro Paese non sembrano essere molti coloro che conoscono il mondo crittografico.

Tuttavia sembra che i numeri debbano smentire questa credenza!

Già, perché secondo la School of Management di Milano, in particolare l’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger, sono più di 14 milioni gli italiani interessati alla materia attivamente. Quasi la metà ovviamente ha usato gli exchange per interagire, mentre gli altri si stanno avvalendo degli ATM, o dei servizi bancari, quanto degli acquisti tramite wallet personali. Se consideriamo che nel nostro Paese vivono circa 60 milioni di persone, più del 20% di loro è attivo nel Web3. Non male!

Blockchain: quanto sanno gli italiani?

Un trend in crescita che stupirebbe i cittadini nostrani.

Certo, non ancora all’altezza di colossi come gli USA, ma, come già detto, gli italiani si difendono bene. Già nel 2021 erano circa il 18% le persone che in Italia avevano a che fare con questo settore, arrivando dopo 2 anni ad aumentare il loro numero di qualche milione.

La conoscenza del settore è diversa: ci sono istituti e privati che potrebbero essere considerati dei guru del comparto digitale, mentre altri provano solo a stare al passo con i tempi. Ricordiamo che Algorand, una delle criptovalute più in voga del momento ha il merito di essere stata creata da un italiano e che molte realtà aziendali stanno cominciando ad affacciarsi alla blockchain in modo professionale.

Sarà vero che non c’è ancora un quadro chiaro che sostenga a dovere il settore in Italia, ma è inutile dire che ormai manca poco.

Quali Paesi attivi nel Web3?

Quando parliamo di blockchain, sono le grandi istituzioni private ad avere l’interesse maggiore.

I vantaggi del settore crittografico sono tangibili e nessuna compagnia vuole restare indietro. Certamente non quelle più grandi! Alibaba, Bank of America, Bank of China, JP Morgan sono solo alcuni dei grandi nomi coinvolti nella corsa allo sviluppo blockchain.

La Cina in questo momento, pur sembrando ostile alle criptovalute, sembra detenere la maggiore parte dell’interesse e iniziative del settore. Tuttavia il colosso asiatico è seguito a ruota dagli USA e da una silenziosa, ma agguerrita Corea del Sud.

Ma dove si colloca con esattezza l’Italia? E com’è possibile che sia al passo con questi colossi tecnologici?

L’Italia nella top 10

Dallo sviluppo digitale e finanziario fino al sostegno pubblico, logistica e identità digitale, la nuova tecnologia è protagonista assoluta nel mercato 2023.

E l’Italia è riuscita a collocarsi tra le prime 10 Nazioni al mondo per il rilascio di brevetti relativi allo sviluppo di blockchain e Distributed Ledger.

Come? Centinaia le attività che nel nostro Stato si sono avvicendate già dal 2018-2019, anno dell’affermazione e crescita del settore. Investimenti importanti che vedono 15 milioni di euro investiti dalle società italiane solo all’inizio di questo periodo, cioè 2018. Con la crescita dell’intero mercato crypto, anche il governo ha fatto la sua mossa in questa direzione, incentivando lo sviluppo crittografico.

In particolare nel 2022, che ricordiamo essere stato un anno pessimo per le crypto, il Ministero dello Sviluppo Economico ha lanciato incentivi pari a 45 milioni di euro a favore delle aziende che desideravano investire nei settori AI, IoT e blockchain, con alcuni particolari riferimenti. In particolare, si è cercato di dare la priorità alle società che potevano integrare le nuove tecnologie nella sanità, la logistica, lo sviluppo aziendale e l’educazione.

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Mancanza di professionisti blockchain

In un contesto di crescita, le aziende italiane hanno bisogno di personale qualificato.

La corsa è dura, non tutti i Paesi saranno i protagonisti e il nostro sta lottando parecchio per emergere.

Secondo i dati rilevati dalla ricerca sul lavoro, ci sono circa 400.000 posizioni aperte per professionisti vari del settore, ma solo 171.000 sono state ricoperte. Succede spesso che gli assunti sono persone che hanno studiato da sé, anche perché non esiste una vera e propria preparazione ad hoc ufficiale. Inoltre sono diversi coloro che ammettono che i prossimi anni vedrà tecnologie come quella crittografica protagonista. Il Belpaese dovrebbe pensarci bene e, che sia con remunerazioni degne o corsi ad hoc, sarebbe il caso d’istruire ancora di più gli italiani in materia blockchain!

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