Come farti restituire la caparra dall’hotel e non rimetterci nulla

A volte può capitare: prenotiamo una camera in un hotel, mandiamo la nostra bella caparra, e poi dobbiamo disdire all'ultimo momento.

A volte può capitare: prenotiamo una camera in un hotel, mandiamo la nostra bella caparra, e poi dobbiamo disdire all’ultimo momento. Un contrattempo non ti permette di godere della tua vacanza. A questo punto vorresti farti rimborsare quanto anticipato, ma l’albergo non ci vuole proprio sentire. Ormai la caparra è stata addebitata sulla carta di credito e non te la vogliono rimborsare.

È giusta la presa di posizione dell’hotel? Quali margini di manovra hai per riuscire ad ottenere indietro quanto ti è stato trattenuto dalla carta di credito? Scopriamo quando è possibile farci restituire la caparra dall’hotel e quando, invece, non c’è proprio niente da fare e dobbiamo dire addio al nostro anticipo.

La caparra deve essere restituita

Il cliente deve essere a conoscenza che la caparra non è rimborsabile: la non rimborsabilità dell’acconto deve essere comunicato prima che il contratto venga concluso. Su questo punto la normativa italiana è molto chiara: nel caso in cui le condizioni generali di un contratto siano state predisposte da una sola parte, per essere valide devono essere conosciute anche dalla contro parte. Questo significa che, nel caso in cui l’hotel abbia deciso che la caparra non sia rimborsabile in caso di disdetta, dovrà metterlo per iscritto e fare in modo che il cliente prenda visione di questa regola prima di farlo pagare.

A questo punto si deduce che, se la prenotazione è stata effettuata telefonicamente e la caparra trattenuta dalla carta di credito, la stessa debba essere restituita. La caparra dovrà essere rimborsata anche se dopo la telefonata, con la quale si prenotava la stanza, seguiva una mail di conferma. Questo perché il cliente doveva venire a conoscenza di questa clausola prima di effettuare il pagamento.

Il discorso cambia, però, nel caso in cui l’hotel, dopo aver ricevuto la telefonata, chiede al cliente di compilare un modulo o di inviare i dati della carta di credito via mail e nella documentazione inviata è riportato chiaramente che la caparra non è rimborsabile. A questo punto il cliente è a conoscenza della clausola prima di effettuare il pagamento. Stesso discorso vale se la prenotazione viene fatta online ed il cliente viene invitato a spuntare le condizioni contrattuali prima di pagare. Anche in questo caso l’albergatore potrà trattenere la caparra.

Estremizzando al massimo le situazioni che si possono venire a verificare, possiamo affermare che il cliente ha la possibilità di farsi restituire la caparra nel caso in cui non abbia sottoscritto il contratto. La firma su questo documento può avvenire attraverso la classica firma sul foglio di carta, ma anche accettando le condizioni sul sito internet dell’hotel. O rispondendo ad una mail, che contenga una copia in formato Pdf del contratto. Nel caso in cui il cliente non abbia firmato alcun contratto, nel quale sia prevista una penale, ha la possibilità di dare disdetta della prenotazione della camera senza perderci nulla.

Le clausole vessatorie

In un certo senso è possibile affermare che la caparra sia una clausola vessatoria. Stiamo parlando di quel tipo di clausola che implica un onere gravoso per chi stia subendo il contratto: ossia per la parte che non ha predisposto il contratto, ma lo ha semplicemente ricevuto dalla controparte e lo deve firmare. Proprio per questo motivo, questa clausola vessatoria, dovrà essere firmata esplicitamente. Purtroppo su questo punto la giurisprudenza non è abbastanza chiara, anzi c’è un vero e proprio contrasto.

Il Tribunale di Trapani, con una sentenza datata 14 ottobre 2019, ha ritenuto che la caparra non rimborsabile debba essere considerata una vera e propria clausola vessatoria inserita all’interno dei contratti con i consumatori. Proprio per questo motivi, i giudici hanno ritenuto che, se al cliente non viene presentato un contratto scritto – anche telematicamente – e questo oltra a porre la firma sul contratto stesso, non ha provveduto a firmare il richiamo alle clausole vessatorie, l’hotel sarà costretto a rimborsare la caparra. Di diverso parere, invece, è la Corte di cassazione, che ritiene che questa particolare clausola non debba essere inserita.

Caparra e diritto di recesso

Ormai la maggior parte delle prenotazioni di alberghi avviene tramite internet. I consumatori sono a conoscenza del fatto che gli acquisti online danno la possibilità di recedere entro 14 giorni. La norma, però, non vale per le prenotazioni negli hotel. Esiste, infatti, una particolare deroga al diritto di ripensamento per tutte le prenotazioni che coinvolgono alloggi, ristoranti, trasporti e tempo libero. Questo avviene nel momento in cui l’azienda si impegna a garantire il servizio e le prestazioni connesse in un periodo prestabilito. Anche la prenotazione di una camera d’albergo rientra a pieno in questa ipotesi. Per questo motivo viene escluso il diritto di recesso.

Una delle ipotesi da prendere in considerazione è quella di una malattia: il cliente non può recarsi all’hotel e godersi la vacanza perché malato. Stiamo parlando, comunque, di una malattia certificabile dal medico curante. La normativa permette la risoluzione del contratto, che non sia ancora stato eseguito, se una delle due parti non può eseguire la propria prestazione per una causa sopravvenuta e imprevedibile, non derivante dalla propria sfera. È l’esempio della malattia. La malattia però consente di evitare di pagare il prezzo della camera per intero, ma non la penale, se appositamente pattuita in precedenza. 

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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