Un gene protegge dall’Alzheimer: la scoperta riduce il rischio fino al 70%

E' stato scoperto un gene che protegge dall'Alzheimer, riducendo il rischio di sviluppare la malattia fino al 50%. Vediamo come funziona.

Una notizia che il mondo scientifico e le famiglie di migliaia di pazienti affetti da Alzheimer hanno accolto con entusiasmo: è stato scoperto un gene che protegge dalla malattia, riducendo il rischio di contrarla fino al 70%. Vediamo cosa è venuto fuori dalla ricerca.

Un gene protegge dall’Alzheimer: lo studio

Uno studio scientifico, condotto dagli esperti dell’Università Columbia e pubblicato su Acta Neuropathologica, annuncia l’identificazione di un gene capace di proteggere dall’Alzheimer, in grado di ridurre il rischio di sviluppare la patologia fino al 70%. Stiamo parlando di una malattia neurodegenerativa, che ogni anno colpisce milioni di persone in tutto il mondo, riducendo la loro esistenza ad una specie di lumicino. In fase iniziale i ricordi vanno e vengono, mentre con il passare del tempo si finisce in un altro mondo, dove la memoria non esiste più e tutto è confuso.

Questo decadimento cognitivo potrebbe essere evitato da un gene, capace di proteggere dall’Alzheimer fino al 70%. Questo sarebbe possibile perché si andrebbe a generare una specie di barriera emato-encefalica in grado di evitare che sostanze potenzialmente nocive, virus o batteri passino dal sangue al cervello. La ricerca ha analizzato il patrimonio genetico di circa 11.000 persone, studiando il comportamento della variante protettiva nel gene della fibronectina 1 (FN1), un componente chiave della barriera emato-encefalica.

Come si comporta il gene che protegge dall’Alzheimer?

Il gene identificato dagli studiosi dell’Università Columbia potrebbe davvero aprire nuove strade per la prevenzione e il trattamento dell’Alzheimer. Ma come si comporta la fibronectina 1? Considerato un componente chiave della barriera emato-encefalica, è generalmente presente in essa in quantità limitate, ma la sua presenza risulta maggiore nelle persone affette dalla patologia neurodegenerativa.

In sostanza, la FN1 migliora la capacità della barriera di eliminare le tossine dal cervello, prevenendo così l’accumulo di sostanze nocive che possono portare all’Alzheimer. “Potremmo essere in grado di sviluppare nuovi tipi di terapie che imitano l’effetto protettivo del gene per prevenire o trattare la malattia“, ha dichiarato Caghan Kizil, uno degli autori dello studio.

E’ bene sottolineare che parliamo di una ricerca appena pubblicata, quindi in fase embrionale. Per cui la notizia è da prendere con le dovute cautele. Gli studiosi dell’Università Columbia sono ottimisti, ma è ancora troppo presto per gridare vittoria. D’altronde, vengono pubblicate spesso indagini riguardati l’Alzheimer, come quella che vede il Viagra ridurre del 50% il rischio di sviluppare la patologia.

Fabrizia Volponi
Fabrizia Volponi
Copywriter, classe 1985. Laureata in Scienze Storiche presso l'Università La Sapienza di Roma, con una seconda laurea in Scienze Religiose alla Pontificia Università Lateranense, ho una passione per la scrittura e la lettura. Ideatrice di un blog dedicato ai libri, il mio motto è πάντα ῥεῖ, tutto scorre.
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