Case prefabbricate in legno: quali sono i regolamenti da seguire in Italia

Che cosa si intende per case prefabbricate in legno: quali sono i regolamenti in Italia, quando serve un permesso a costruire e quando basta la DIA.

Le casette prefabbricate in legno, molto diffuse all’estero stanno vivendo anche in Italia un momento di grazia. C’è chi le considera una valida alternativa alle strutture in muratura a cui siamo abituati. Ecologiche, perché fatte con materiali naturali e a limitato impatto sull’ambiente, belle da vedere, rapide da mettere in posa e in genere meno costose, anche se modelli sempre più curati e tecnologicamente avanzati raggiungono prezzi piuttosto elevati.

Non è vero invece come molti credono che si tratti di un modo legale per aggirare i regolamenti e le leggi relative all’edilizia e che possano essere tranquillamente posizionate dove meglio si crede purché il terreno sia di proprietà.

Le cose non stanno così, perché a meno che si stia parlando di piccoli capanni, o strutture di dimensioni limitare per le quali basta una comunicazione, si tratta sempre di abitazioni e in quanto tali sottostanno alle stesse regole delle case classiche. Presumendo che saranno allacciate ad acquedotto e fognatura e che noi godremo di servizi come l’illuminazione pubblica e l’uso delle strade ci dobbiamo aspettare di dover pagare gli oneri al comune in cui decidiamo di installarla. Dovremo poi presentare le domande al comune corredate di progetto redatto da un tecnico, rispettando le norme relative al rispetto delle distanze, e allo spazio massimo occupato.

Non è vera neppure la leggenda secondo cui si tratti di una soluzione difficilmente praticabile perché sono imposte tali e tante restrizioni che i più si scoraggiano già durante l’iter per ottenere le autorizzazioni. La procedura è sostanzialmente la stessa di una casa classica in muratura.

Che cosa si intende per casette prefabbricate in legno

Va subito precisato che cosa si intenda per casette prefabbricate in legno, visto che in effetto strutture in materiali ecologici, ce ne sono parecchie con destinazioni diverse e di diverso ingombro. Qui si parla di quelle che siano destinate ad abitazione o al più a garage e che quindi abbiano una certa dimensione. Sono escluse invece i piccoli capanni per gli attrezzi, le legnaie e tutto quello che rientra in poche decine di metri quadrati, ma come vedremo sono i regolamenti locali a stabilire le esatte dimensioni massime.

Si deve poi avere come riferimento la stabilità di quello che intendiamo mettere sul nostro terreno, perché ci sono dele regole diverse nel caso vogliamo realizzare una vera e propria casa, anche se non appoggiata su una base stabile di cemento armato, e se invece vogliamo erigere qualcosa in modo temporaneo. Per esempio, una struttura che usiamo solo durante l’estate e poi smontiamo e riponiamo in garage durante l’inverno, o un gazebo molto grande sotto il quale faremo una festa.

Dove posso installare una casetta prefabbricata in legno

Prima cosa da verificare è la destinazione del terreno dove intendiamo posare la nostra casetta prefabbricata in legno. Partendo dal presupposto che sia assimilabile a un edificio in muratura, non possiamo infatti esulare dalla destinazione urbanistica. Si tratta degli scopi per cui il nostro terreno può essere utilizzato: agricolo, commerciale, o per edificare. Possibile poi che ci siano delle prescrizioni, per particolari zone, per esempio dei limiti alle volumetrie, oppure la necessità di adeguarsi nella costruzione a un particolare regolamento. Pensiamo ad aree di interesse storico, oppure, di valore ambientalistico, o ai divieti di costruire entro una certa distanza per esempio dai cimiteri.

Tutte queste informazioni le troviamo nel CDU che come previsto dall’articolo 30 del DPR numero 380 del 2001:

“Deve essere allegato agli atti di passaggio di proprietà o di cessione di diritti di terreni censiti dal catasto, con superficie uguale o maggiore a 5.000 mq.”

Se il nostro appezzamento ha queste caratteristiche dimensionali, il documento ci è stato consegnato al momento del passaggio di proprietà. Nel caso non fosse così, potremo chiederlo, anche senza l’intermediazione di un tecnico rivolgendosi all’ufficio tecnico del comune di interesse. Sul documento oltre alla destinazione troveremo anche gli eventuali vincoli, cioè le limitazioni e l’indice di edificabilità, cioè quanti sono i metri cubi di casa a cui abbiamo diritto.

Quali permessi servono per una casa prefabbricata

Accertato che il nostro terreno sia idoneo ad ospitare una casa prefabbricata in legno adatta ad essere abitata, dobbiamo ottenere l’autorizzazione . Premettiamo subito che questo tipo di edifici sono trattati allo stesso modo di quelli in muratura sia per la parte relativa alle pratiche precedenti, sia per quelle successive. Quindi dovremo farci assistere sia per la progettazione che per la costruzione di un direttore dei lavori che si assumerà la responsabilità del rispetto di tutte le regole e della aderenza del manufatto finale al progetto.

Il progetto verrà inoltrato dal tecnico alla commissione edilizia del comune, che lo esaminerà eventualmente chiedendo il via libero anche alla commissione beni ambientali se la zona in cui intendiamo costruire abbia qualche interesse naturalistico.

La commissione darà il via libera al nostro progetto, oppure potrebbe chiederci delle modifiche. Per esempio, nei casi in cui l’area sia rischio sismico e debbano essere utilizzate tecniche costruttive particolari, ma in genere di questo dovrebbe essere già informato il nostro tecnico ed averci già provveduto. Possibile poi che la domanda ci venga rinviata per la necessità di seguire le prescrizioni di particolari regolamenti relativi all’aspetto esterno della casa, che deve essere omogenea a quelle circostanti. Succede spesso nei centri storici dove si chiede di seguire uno stile architettonico preciso.

Non avere il permesso per costruire un prefabbricato è reato

E se posizioniamo la nostra casa in legno prefabbricata senza dire nulla a nessuno che cosa succede? Succede che abbiamo commesso un reato per cui saremo sanzionati e che dovremo rimuovere il manufatto. L’articolo 44 del Testo Unico dell’Edilizia stabilisce che:

“Salvo che il fatto costituisca reato più grave si applica l’ammenda fino a 10.329 euro in caso del mancato rispetto delle procedure stabilite in questa legge, nei regolamenti, nella prescrizione urbanistica o nel permesso a costruire.”

La sanzione, quindi è applicabile non solo se non sia fatta alcuna domanda, ma anche nel caso sia stata accolta, ma il manufatto sia diverso da quello approvato dalla commissione edilizia. Se poi, nonostante dopo avere ricevutuo un ordine di sospensione continuiamo a costruire. l’ammenda potrà superare i 51.000 euro e in più potremmo essere condannati all’arresto fino a due anni.

Se voglio tenere il prefabbricato per poco tempo, serve lo stesso il permesso?

In realtà il permesso a costruire serve sempre quando si tratti di una struttura destinata ad abitazione, anche se si tratta di una casa prefabbricata in legno o in altro materiale leggero. Lo ribadisce anche il Consiglio di Stato con la decisione numero 317 del 1990:

“La concessione edilizia è sempre necessaria anche per le case prefabbricate, perché prescindendo da un sistema di ancoraggio al terreno vanno considerate come costruzioni, visto che alterano lo stato dei luoghi e sono destinate a un uso continuato.”

I giudici fanno riferimento sia al fatto che un manufatto di grandi dimensioni modifica il paesaggio, sia al fatto che necessita di una serie di servizi e di infrastrutture per essere effettivamente goduto. Ci si aspetta poi che si tratti di qualcosa che rimarrà in loco a lungo, dovendo servire ad accogliere una famiglia.

La giurisprudenza però è andata oltre prevedendo che un’autorizzazione serva anche nel caso di una casa su ruote, se nei fatti sia solo apparentemente mobile. Rimanere a lungo nello stesso luogo implica la modifica dei luoghi che richiede di avere un permesso. Allo stesso modo che un prefabbricato sia locato a persone che vi rimangono per brevi periodi non basta a considerarlo casa temporanea. Quello che conta non è la mobilità degli abitanti, ma della struttura. 

Per quali casette prefabbricate non serve il permesso a costruire

In realtà a questa domanda non c’è una risposta univoca, perché dipende dal luogo in cui si intende posizionarla. In Italia esiste una norma: l’articolo 6 del D.P.R. 6 giugno 2001 numero 380 che dice:

“Salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e delle altre normative di settore e delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio sono a edilizia libera le attività di manutenzione e quelle temporanee.”

Il riferimento, dunque è in primo luogo il contenuto del regolamento urbanistico del comune, che ci dirà se e a quali condizioni possono essere impiantate casette di legno senza autorizzazioni. In generale si può dire che per quelle di piccole dimensioni non servono mai pratiche molto complicate, ma solo la comunicazione della posa. Quindi tecnicamente non deve essere chiesta l’autorizzazione, ma si deve avvertire di quello che si intende fare.

Rimane fermo il fatto che il nostro comune potrebbe stabilire che la nostra zona per ragioni di tipo artistico o paesaggistico non possa essere alterata dalla presenza di prefabbricati e che alla nostra istanza si risponda con un rifiuto, che in ogni caso sarà motivato con il preciso riferimento alla regola che violeremmo. 

Che cosa è la DIA

Non dover avere il permesso a costruire non significa che siamo liberi di installare neppure una piccola casetta prefabbricata in legno o in PVC nel nostro giardino o orto, senza nulla dire a nessuno. I regolamenti dei comuni in questi casi spesso prevedono che sia fatta la Dichiarazione di Inizio Attività. 

Si tratta di un documento da inoltrare al comune e redatto da un tecnico abilitato al quale devono essere allegati i progetti, che sotto la propria responsabilità garantisce che i lavori che si intendono fare sono perfettamente conformi a leggi e regolamenti. Questo si tratta di uno dei casi di silenzio assenso, in cui la nostra istanza si considera recepita salvo che entro trenta giorni non riceviamo dall’amministrazione un esplicito rifiuto.

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