Comunione dei beni e conto corrente: ecco come gestirlo

Come devono essere divisi i soldi presenti sul conto corrente in caso di separazione? Come incide sul rapporto bancario la comunione dei beni?

Come devono essere divisi i soldi presenti sul conto corrente in caso di separazione? Come incide sul rapporto bancario la comunione dei beni? E se uno dei due coniugi dovesse spendere qualcosa in più della metà dei fondi presenti proprio sul conto corrente? Cosa succede? Sono domande che emergono quando un matrimonio inizia ad andare in briciole.

In Italia sono molte le coppie che, quando si sono sposate, hanno optato per la comunione dei beni. Una scelta dettata dalla volontà di dividere tutto quello che viene acquistato dopo il matrimonio. Un ragionamento che viene esteso anche al conto corrente. La comunione dei beni si basa su un principio di massima: quello che è mio è anche tuo. Questo è importante ricordarlo, perché dopo la riforma del diritto di famiglia avvenuta nel 1975, la comunione dei beni viene applicata in automatico a tutte le coppie che, al momento del matrimonio, non abbiano optato esplicitamente per la separazione dei beni.

Nel corso degli anni, quella che al principio era un’eccezione, oggi è diventata una regola. Aumentano le coppie che preferiscono lasciare separati i propri patrimoni: una scelta presa per motivi fiscali, ma anche a tutela dei creditori. La comunione dei beni viene utilizzata sempre di meno e molte volte genera delle vere e proprie incertezze e dubbi sul suo funzionamento. Particolari dubbi sorgono sui guadagni che arrivano dall’attività lavorativa dei due coniugi – non importa che sia uno stipendio od un’attività professionale – e dei relativi risparmi depositati in banca. Il dubbio coinvolge anche il conto corrente, quando si è in comunione dei beni. Al di là della sua intestazione formale.

Iniziamo a sfatare un mito: aver aperto un conto corrente personale – che non sia cointestato con il coniuge – non salva il diretto interessato dall’obbligo di dividerne la giacenza, nel caso in cui si sia optato per la comunione dei beni. Questo non avviene comunque sempre, ma si verifica unicamente quanto ci sono particolari circostanze e condizioni.

Conto corrente personale: di chi è?

A chi appartiene un conto corrente personale? La prima risposta che ci verrebbe da dare è: l’intestatario dello stesso. Ma cosa succede quando una coppia opta per la comunione dei beni? Anche il conto corrente intestato ad uno solo dei due coniugi rientra sempre e comunque nella comunione dei beni. Questo significa, in estrema sintesi, che il denaro depositato appartiene metà ad un coniuge e metà all’altro. Diciamo, comunque, che questa divisione è puramente teorica, perché si andrà a realizzare solo e soltanto nel momento in cui ci dovesse essere una separazione.

Il fatto che l’intestatario del conto corrente sia solo e soltanto uno dei due coniugi, significa unicamente che questo è legittimato a mantenere i rapporti con la banca e ad effettuare le operazioni allo sportello. L’altro coniuge (quello non intestatario) non avrà il potere di accedere al conto corrente, né potrà verificare la giacenza o attingere del denaro. Sempre che non usi il bancomat, nel momento in cui gli sia stata consegnata la tesserina magnetica.

Il coniuge titolare del conto corrente ha piena facoltà di fare una delega nei confronti del non intestatario. Grazie a questo potere potrà operare nei limiti previsti dalla delega, ma ufficialmente non gli verrà attribuita la proprietà dei soldi che vi sono depositati. Avrà comunque la possibilità di effettuare tutte le operazioni allo sportello, andando ad intaccare anche oltre il 50% della giacenza.

Conto corrente personale: le pretese

Il conto corrente personale entra di diritto nella comunione dei beni. Anche se questo è vero ed è una certezza, questo non implica che il coniuge non intestatario possa pretendere le somme, che vi siano depositare. Al contrario potrà pretendere la comproprietà di tutti i beni acquistati con i soldi che vi sono depositati. Il diritto alla comproprietà non si potrà estendere agli oggetti di natura più personale, come i capi di abbigliamento o lo smartphone. Nemmeno a quelli che sono destinati all’attività lavorativa, come il computer o i tablet.

Eventuali giacenze depositate sul conto corrente personale dovranno essere divise solo e soltanto nel momento in cui la coppia dovesse decidere di separarsi. In questo caso, indipendentemente da chi sia l’intestatario del rapporto bancario, tutti i risparmi che vi sono depositati dovranno essere spartiti al 50%. Nel caso in cui sul conto corrente dovessero esserci 2.000 euro, 1.000 andranno ad un coniuge e 1.000 all’altro. Se il titolare del conto corrente dovesse aver sentore di una prossima fine del matrimonio e non abbia intenzione di dividere i propri risparmi con il coniuge, dovrà spenderli in beni di natura personale o lavorativa. Questi oggetti non rientrano nella comunione dei beni.

Sintetizzando al massimo, questo significa che il conto corrente che sia intestato ad un solo coniuge funziona così:

  • solo l’intestatario avrà la facoltà di prelevare o versare sul conto corrente. L’altro coniuge non ha alcun potere sui soldi presenti in banca o alla Posta;
  • quanto acquistato con i soldi presenti in questo conto corrente ricadono nella comunione dei beni. Ad eccezione di quelli destinati ad uso personale o lavorativo.

Conto corrente cointestato: quali sono le regole

Quando, invece, si parla di un conto corrente cointestato le regole cambiano. In questo caso ogni singolo coniuge può prelevare e versare dei soldi. Ha la facoltà di effettuare dei bonifici o qualsiasi altra operazione allo sportello. Ogni coniuge, almeno formalmente, è titolare del 50% dei soldi depositati sul conto corrente: avrà, quindi, la possibilità di utilizzarli e spenderli anche prima di un’eventuale separazione. È bene, comunque, ricordare che:

  • ogni coniuge, nei rapporti con la banca, ha la facoltà di disporre di tutte le somme depositate. L’impiegato della banca non potrà impedire ad uno dei due coniugi intestatari di prelevare tutti soldi depositati, andando oltre la sua quota. Non importa che il conto corrente sia in comunione;
  • nei rapporti tra i due coniugi, resta il divieto, per ciascuno dei due, di utilizzare o spendere più della propria metà.

Rispetto al conto corrente personale, la differenza risiede proprio nel potere di utilizzo dei soldi da parte di ogni coniuge, che non è subordinata alla separazione, ma può essere effettuata immediatamente.

Sarà possibile decidere di cointestare il proprio conto corrente all’altro coniuge anche in un secondo momento, dopo che questo sia stato costituito. Questa operazione, almeno per il diritto, costituisce una normale donazione, che copre il 50% delle somme.

Ma cosa succede se uno dei due coniugi dovesse decidere di prelevare dal conto corrente più della sua metà e la spende per le proprie necessità? L’altro avrà la facoltà di contestargli questo comportamento entro un anno e potrà richiedere la restituzione della propria parte di comunione utilizzata senza previa autorizzazione.

Il ripristino della quota di comunione indebitamente spesa è obbligatorio, salvo dimostrare che la spesa effettuata con il denaro prelevato è andata a vantaggio della comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia. Proprio in questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 6459/19 del 6 marzo 2019, che ha ripreso riprende gli insegnamenti del 1988 forniti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 311/88.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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