I mercati non credono più alla Bce, i tassi salgono?

I mercati non credono più alla Bce, rialzi dei tassi in arrivo? Gli operatori scontano un rialzo già a luglio, Bund e borse si regolano di conseguenza

I mercati non credono più alla Bce, rialzi dei tassi in arrivo? Gli operatori iniziano a scontare un rialzo già a luglio, Bund e borse si regolano di conseguenza

La Bce, che si riunirà giovedì, ha resistito alle richieste di una politica più restrittiva, attenendosi alle previsione che vedono le pressioni sui prezzi attenuarsi quest’anno.

Bce, falchi contro colombe

I mercati guarderanno con attenzione al prossimo meeting di politica monetaria della Bce, in programma per giovedì. Se da un lato è probabile che la banca centrale mantenga un atteggiamento “dovish”, quindi accomodante, rimanendo ferma nella propria convinzione che le pressioni sui prezzi si andranno ad attenuare nel corso dell’anno, dall’altro gli operatori cercheranno di capire se si stanno aprendo delle crepe in questa facciata di tranquillità e fiducia nel futuro, quando tutto intorno suonano invece le grida dei “falchi”. 

Fed e BoE in procinto di alzare

Giovedì si riunisce infatti anche la Banca di Inghilterra, e gli operatori si aspettano un secondo intervento al rialzo sul costo del denaro dopo quello di metà dicembre che aveva visto salire di 0,15 punti percentuali allo 0,25% il tasso di interesse bancario, e non è un mistero che anche la Fed statunitense stia pianificando di mettere mano alla leva dei tassi già a partire dalla riunione di marzo. In questo caso la domanda che si fanno i mercati non è se, ma quanto: alzerà di soli 25 punti base o si muoverà con un rialzo di 50 punti base?

La Fed potrebbe sorprendere (in negativo) i mercati

Questo timore è giustificato dalle parole di Raphael Bostic, president della Federal Reserve (Fed) di Atlanta, secondo il quale il ritorno a una politica restrittiva da parte dell’istituto centrale di Washington potrebbe anche concretizzarsi in un rialzo dei tassi d’interesse di 50 punti base già nel meeting di marzo. Bostic rimane indirizzato su tre incrementi da 25 punti base nel corso del 2022, il primo nel meeting del Federal Open Market Committee (Fomc, la commissione della Fed che si occupa di politiche monetarie) che si terrà il 15-16 marzo, ma valuta un approccio più aggressivo se giustificato dai dati macroeconomici. “Ogni opzione è sul tavolo per ogni riunione. Se i dati dicono che le cose si sono evolute in modo tale che una mossa di 50 punti base sia necessaria o appropriata, allora mi adopererò in tal senso”, ha dichiarato in un’intervista al Financial Times.

Area euro, l’economia tiene

Se l’economia tiene sarà sempre più difficile per la Bce ignorare le voci dei “falchi”, che sono presenti anche al suo interno, e che ritengono opportuno adottare misure contro la crescita dei prezzi. 

Per il momento del resto la situazione economica nella zona euro è soddisfacente, come testimonia l’indice Pmi finale a cura di Ihs Markit.

L’attività manifatturiera nella zona euro è cresciuta nel mese di gennaio grazie all’allentamento dei colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento, ma il miglioramento non è stato uniforme e le fabbriche abbiano affrontato forti pressioni inflazionistiche.

L’indice Pmi ha toccato a gennaio il massimo degli ultimi cinque mesi a 58,7 punti dai 58,0 di dicembre, solo di poco al di sotto della stima “flash” iniziale di 59,0 punti ma sempre bene al di sopra della soglia dei 50 punti che separa una fase di crescita da una di contrazione. 

L’indice che misura la produzione, un buon indicatore della salute economica della zona euro, è salito a 55,4 da 53,8.

Area euro, non tutti i paesi sono uguali

Chris Williamson, capo economista aziendale di IHS Markit, ha dichiarato “Sembra che i produttori della zona euro stiano resistendo alla tempesta della variante Omicron meglio delle precedenti ondate di Covid-19 viste finora, con le aziende che hanno riportato l’aumento più consistente della produzione e degli ordini in quattro mesi a gennaio”. Williamson ha però aggiunto “Tuttavia, il miglioramento non è affatto distribuito uniformemente nella zona euro, con la ripresa della crescita in Germania, Paesi Bassi e Austria in contrasto con i rallentamenti in Italia, Spagna e Grecia e la produzione quasi in stallo in Francia”.

Inflazione, spina nel fianco dei banchieri centrali

E qui si evidenzia il problema dell’inflazione, che alla lunga potrebbe diventare anche un problema dei consumi: con il rialzo dei prezzi delle materie prime, le fabbriche hanno trasferito una parte maggiore di tali costi sui consumatori. L’indice dei prezzi alla produzione è passato da 70,2 a 72,7, il secondo valore più elevato da quasi 20 anni.

L’inflazione della zona euro dovrebbe rimanere più alta di quanto previsto in precedenza per tutto il 2022, almeno secondo le opinioni di alcuni economisti raccolte da Reuters, e questo potrebbe fare aumentare la pressione sulla Banca centrale europea affinché pensi ad un inasprimento della politica monetaria una volta esauritisi gli effetti della variante Omicron.

Cresce la domanda di prestiti e di mutui

A sostegno della tesi che l’economia non a bisogno in questo momento di ulteriori stimoli c’è anche l’andamento della domanda di prestiti alle aziende della zona euro, cresciuta nettamente nell’ultimo trimestre del 2021. Ulteriori aumenti sono probabili visto che gli standard di concessione del credito dovrebbero rimanere sostanzialmente invariati. Gli standard di credito per le attività economiche sono infatti divenuti “solo leggermente più restrittivi” negli ultimi mesi del 2021, osserva la banca centrale, e dovrebbero rimanere in gran parte immutati in questo primo trimestre dell’anno.

La stessa Bce ha commentato “La domanda di prestiti è stata spinta dai bisogni di capitale di esercizio a breve termine, con ogni probabilità connessi con i colli di bottiglia delle forniture, ma anche da una significativa ripresa delle necessità di rifinanziamento a lungo termine delle imprese per gli investimenti fissi, che costituiscono un segnale generalmente positivo per la ripresa economica, malgrado l’impatto negativo della pandemia”.

Stessa tendenza all’aumento nel quarto trimestre del 2021 anche per la domanda di mutui, e le banche si attendono un ulteriore incremento nel prossimo trimestre, anche se potrebbe verificarsi un inasprimento degli standard di credito nel trimestre.

Ma il mercato allora che aspettative ha nei confronti delle prossime decisioni della Bce? Gli operatori come accennato prima stanno già scontando al 90% un aumento dei tassi euro di 10 punti base entro. Del resto queste aspettative sembrano ragionevoli, se la Fed interverrà 4 o forse anche 5 volte da qui a fine anno con rialzi da 25 punti base ciascuno (a marzo c’è chi ipotizza un rialzo di 50 punti base), difficilmente la Bce potrà rimanere ferma, indipendentemente dalla traiettoria dell’inflazione.

Un recente studio (aprile 2021) pubblicato sul sito della Bce mostra come le politiche monetarie, in un mondo sempre più globalizzato, non possano essere considerate indipendenti, in particolare a causa dell’interdipendenza legata al commercio internazionale. Lo studio arriva alla conclusione che le decisioni di politica monetaria della Fed hanno effetti significativi nei confronti dell’Europa (non è vero invece il contrario, le decisioni della Bce sono poco rilevanti per l’economia statunitense).

Il Bund è su un supporto chiave

Guardando il grafico del Bund future si scopre che siamo arrivati su una soglia critica, un supporto dalla cui tenuta potrebbe dipendere l’andamento dei prezzi nelle prossime settimane (prezzi e rendimenti hanno andamento opposto).

Il future sul Bund si è riportato martedì in area 169,50 (per poi tornare però in area 169). Lunedì i prezzi erano scesi fino a 168,81, al di sotto dei minimi di maggio 2021 a 168,98. Il mercato deve decidere adesso se tentare una reazione da questi livelli, e andare a correggere una porzione del ribasso visto dal top del 3 dicembre (“testa” del testa spalle ribassista disegnato dal massimo del 22 novembre), oppure se cedere definitivamente alle pressioni ribassiste e avviare una discesa verso area 165 (base del canale ribassista disegnato dal top di novembre 2020). 

Nel secondo caso assisteremmo ad una vera e propria impennata dei rendimenti, un chiaro indizio del sentiment dei mercati, non più disposti a credere alle voci rassicuranti della banca centrale, una situazione dalla quale con buona probabilità uscirebbero danneggiati anche i mercati azionari.

(Alessandro Magagnoli)

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