Il finanziamento pubblico dei partiti politici

Come i meno giovani di voi ricorderanno, il finanziamento pubblico ai partiti politici fu introdotto nel 1974.

Come i meno giovani di voi ricorderanno, il finanziamento pubblico ai partiti politici fu introdotto nel 1974, attraverso una legge che, dal nome del suo promotore, fu denominata Legge Piccoli.

In Parlamento la legge fu approvata quasi all’unanimità, contrario solo il Partito Liberale.

La Legge, tuttavia, fu subito osteggiata risultando del tutto impopolare, e dopo neppure quattro anni dalla sua approvazione i radicali riuscirono a raccogliere le firme necessarie per promuovere un referendum abrogativo.

Praticamente tutti i partiti, coerenti, erano schierati per il “No”, ed in effetti riuscirono a spuntarla ma solo col 57% dei suffragi, quindi la legge Piccoli rimase in vigore.

Eravamo ancora in piena Prima Repubblica.

Passano quasi vent’anni, diciotto per la precisione, dall’introduzione di quella legge ed arriva tangentopoli, a quel punto sempre i radicali promuovono un nuovo referendum.

E stavolta non c’è partita, gli italiani sono inferociti nei confronti della cosiddetta “casta” ed il referendum stavolta passa con un consenso plebiscitario, i “Sì” superano il 90%.

Viene così abrogata la legge Piccoli, quindi, ufficialmente, sparisce il finanziamento pubblico dei partiti, ma … come spesso accade per i referendum … la volontà popolare non viene riconosciuta appieno ed allora … ciò che esce dalla porta, spesso, rientra dalla finestra.

Qualche mese dopo ecco che viene approvata una legge che istituisce un “contributo pubblico per le spese elettorali”. Ovviamente va salvaguardata la forma (non la sostanza).

Quindi non si può dire che sia stato reintegrato un finanziamento pubblico ai partiti visto che ufficialmente viene riconosciuto un contributo (non un effettivo rimborso) e solo in occasione di elezioni, tuttavia è inutile ricordarlo, la cosa fu molto contestata, fu infatti ritenuta una vera e propria elusione della volontà popolare espressa attraverso il referendum.

Ma la storia non è ancora finita, tuttavia salto diversi passaggi ed arrivo al 1999, anno nel quale viene approvata una nuova legge, questa la dicitura “Nuove norme in materia di rimborso delle spese elettorali e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici”.

Di fatto è una nuovo finanziamento pubblico poiché ritorna la parola “rimborso” e non contributo, ma il rimborso non è neppure in base a spese rendicontate.

In quell’occasione viene anche istituita la possibilità per i cittadini di devolvere il 4 per mille della propria dichiarazione dei redditi a favore dei partiti politici, senza però indicare a quale partito si intende devolvere la propria quota. Si intendeva così salvaguardare la segretezza del proprio voto.

L’importo raccolto in quel modo sarebbe stato successivamente erogato ai partiti politici proporzionalmente al risultato elettorale conseguito.

Va segnalato che l’adesione degli italiani a questa forma di contribuzione fu di fatto quasi nulla. Effettivamente sapere che parte del proprio contributo sarebbe andato, in maniera proporzionale, anche a partiti considerati “antagonisti” se non nemici ha indotto la quasi totalità degli italiani a non aderire.

Ed arriviamo al 2000, anno nel quale i radicali promuovono un altro referendum abrogativo per questo “nuovo” finanziamento pubblico ai partiti.

Stavolta però non si raggiunge il quorum.

Scampato il pericolo, i partiti da allora si sentono in grado di ritoccare nuovamente quella legge, dopo che non è stato raggiunto il quorum nell’ultimo referendum ritengono, e non a torto, che nessuno vorrà spendere soldi e fatiche per indire un nuovo referendum che avrebbe un’alta probabilità di non essere ritenuto valido per il mancato raggiungimento del quorum.

Dicevo “ritoccare la legge” … ma in quale maniera … esatto avete indovinato, ossia aumentando i rimborsi elettorali.

Nel 2002 venne approvata una legge che di fatto più che raddoppiava il rimborso, e nel 2008 si arrivò all’importo di 5 euro per ciascun voto raccolto, una vera e propria manna per i partiti.

Nel 2012, il Governo Monti dovendo recepire una direttiva europea riduce l’importo dei rimborsi elettorali, ma insomma eccoci al 2013 Governo Letta, che introduce le novità che sono ancora attualmente in vigore.

Allora viene definitivamente abolito il finanziamento pubblico ai partiti politici i quali potranno finanziarsi sostanzialmente con queste due modalità:

  1. 1.

    dai cittadini che intendono destinare il due per mille dell’Irpef pagata nella dichiarazione dei redditi. Attenzione qui, voglio specificare bene che si tratta del 2 per mille dell’Irpef pagata, non della base imponibile come viene riportato in quasi tutti i siti internet, la cosa non è di poco conto, ovviamente, quindi ricordate, si tratta del 2 per 1000 dell’Irpef pagata e non della base imponibile. La novità di rilievo che è con questa riforma è il cittadino a scegliere liberamente il partito al quale destinare il proprio due per mille. Inoltre ne potranno beneficiare solo i partiti  il cui statuto è stato valutato** dalla Commissione di garanzia degli statuti per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici**. 

  2. 2.

    I cittadini che intendono fare erogazioni liberali, naturalmente attraverso un versamento tracciabile, un bonifico, tanto per capirci. Tali versamenti a favore di un partito politico se di importo compreso fra i 30 ed i 30.000 euro potranno beneficiare di una riduzione fiscale pari al 26% delle somma erogata. In ogni caso tali elargizioni, singolarmente, non potranno superare l’importo di 100.000 euro.

Ed eccoci allora, perché proprio pochissimi giorni fa, il Ministero dell’Economia e delle Finanze nel comunicato numero 11 del 19 gennaio 2023 – pubblicato sul sito del Dipartimento delle Finanze – ha diffuso i dati relativi alla scelta dei contribuenti di sostenere il proprio partito, indicandolo nella dichiarazione dei redditi, quale destinatario del 2 per mille del proprio IRPEF, così come stabilito dal DL 149/2013, articolo 12.

Ed attenzione perché non solo non sono mancate le sorprese, ma si possono fare delle considerazioni veramente interessanti.

Ed allora vi rimando al video che pubblicherò domani nel quale, oltre a pubblicare i dati, riterrò doveroso fare delle analisi che ritengo veramente interessanti.

Mi raccomando non solo non dovete perdere il video che pubblicherò domani, ma vi invito fin d’ora di condividerlo il più possibile poiché non troverete da nessuna altra parte le elaborazioni che sarò in grado di farvi avere.

A domani quindi.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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