Shutdown, gli Stati Uniti si rendono ridicoli

Ormai sembrerebbe proprio che siamo arrivati alla farsa, cerco di riassume i fatti.

Ormai sembrerebbe proprio che siamo arrivati alla farsa, cerco di riassume i fatti.

Negli Stati Uniti esiste una legge approvata proprio all’inizio della loro costituzione, una legge che fissa l’importo massimo che può raggiungere il debito pubblico.

Questo naturalmente perché i Presidenti tendevano ad aumentare in maniera esagerata il debito pubblico al fine di ottenere la benevolenza del popolo.

Visto che quel “tetto di spesa” che era stato prefissato non poteva essere superato, ogni spesa successiva poteva essere eseguita solo dopo aver raccolto la provvista, altrimenti non poteva essere effettuata.

Ne derivava che, se appunto si fosse raggiunto quel tetto di spesa, lo Stato non poteva procedere ad altre spese se non fosse riuscito a procurarsi fondi aggiuntivi.

Non poteva essere autorizzata nessuna spesa, neppure il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, neppure il pagamento degli interessi sul debito pubblico. Niente!

Ebbene quella legge qualcuno poteva definirla eccessivamente rigida e categorica, ed in effetti non poteva non prendere in considerazione la possibilità di poter sforare quel limite, almeno in presenza di eventi straordinari.

Come? Ma evidentemente aumentando quel tetto di spesa.

Lo sforamento tuttavia doveva essere un evento eccezionale quindi è stato deciso che un eventuale sforamento avrebbe dovuto essere approvato sia dal Congresso che dal Senato.

Questa scappatoia ovviamente ha fatto sì che il tetto di spesa è stato innalzato decine e decine di volte.

Tuttavia c’è un altro aspetto da tenere in considerazione.

Negli Stati Uniti, due anni dopo le elezioni presidenziali si tengono le cosiddette elezioni di medio termine con le quali spesso si cambiano le maggioranze in una o addirittura in entrambe le Camere.

Quindi per essere autorizzato quell’aumento al tetto di spesa a volte è necessario che l’amministrazione al governo debba scendere a patti con l’opposizione, per l’approvazione, e naturalmente questo complica di molto le cose.

Ed adesso arriviamo a noi, nelle elezioni di medio termine, che si sono svolte nel 2022 i repubblicani hanno ottenuto la maggioranza, seppur risicata, al Congresso, mentre al Senato è rimasta una maggioranza dei democratici.

Ebbene fin dai primi mesi dell’anno in corso si è stabilito che il debito pubblico avesse superato il tetto di spesa fissato a 31,4 trilioni di dollari.

Le cose sono proseguite finché il debito pubblico americano ha raggiunto livelli siderali, si parlava di 33 trilioni di dollari e forse di più.

Sono cominciate le trattative per evitare lo shutdown, ossia il blocco delle spese statali. Per i repubblicani a trattare c’era lo speaker della Camera, insomma quello che per noi è il Presidente della Camera, Kevin McCarthy.

Le trattative sono proseguite e si sono fatte sempre più serrate fino all’ultimo giorno quando è stato annunciato che era stato raggiunto un accordo.

Era vero? No!

Nel senso che si era raggiunto l’accordo di non aver raggiunto un accordo, non è un gioco di parole, è la verità dei fatti.

E’ stato annunciato che non avendo raggiunto un accordo si sono accordati di rinviare la decisione al 17 novembre.

Una gran parte dei parlamentari repubblicani si sono dichiarati del tutto insoddisfatti dal comportamento di McCarthy, per cui lo stesso è stato destituito.

Si doveva quindi eleggere un nuovo speaker della Camera e dopo un paio di votazioni andate a vuoto è stato eletto Mike Johnson, considerato dai media vicino a Donald Trump.

Toccava quindi a lui condurre le trattative con i democratici per evitare lo shutdown, ed in molti pronosticavano che questa volta sarebbe stata dura raggiungere un accordo proprio per la fama di “intransigente” che accompagnava Mike Johnson.

Ebbene dopo che ieri la Camera ha approvato l’accordo raggiunto, oggi anche il Senato ha dato il suo ok, quindi accordo stipulato un giorno prima della sua scadenza.

Bene che accordo è stato raggiunto?

E’ stato raggiunto l’accordo che non si è giunti ad un accordo e quindi la decisione dell’eventuale innalzamento del tetto al debito pubblico è stata prorogata al 19 gennaio del 2024.

Ridicoli. Questa è la verità dei fatti.

I giornali più di destra hanno però sottolineato che ad uscire vincitori siano stati i Repubblicani perché in questo accordo di proroga al 19 gennaio da un lato autorizza il Governo a coprire spese relative alla Difesa, sostegno ai veterani, trasporti, alloggi ed energia. Dall’altro, però, non include aiuti aggiuntivi per Israele o l’Ucraina.

Ed in quella parola “aggiuntivi” ci sta tutta l’ambiguità di questo accordo, che, al contrario, a me pare un accordo al ribasso per i repubblicani.

E a tal proposito vorrei sottolineare le parole dello Speaker della Camera Mike Johnson, il quale ritiene di aver raggiunto un grande risultato perché … udite udite, con questo accordo si impedisce al Congresso di approvare una legge di spesa massiccia a dicembre.

Se a lui basta questo, significa che si accontenta davvero di poco.

Il fatto è questo, il partito che viene “incolpato” di non aver voluto raggiungere un accordo può avere ripercussioni negative alle elezioni, perché come abbiamo visto, negli Stati Uniti che tutti vedono come un Paese liberista, nella realtà la percentuale di dipendenti pubblici è elevatissima.

Gli Stati Uniti assomigliano molto di più all’ex Unione Sovietica che all’Unione europea.

Quindi Johnson ha avuto paura a far la voce grossa per non passare per colui che aveva tolto lo stipendio a tanti dipendenti pubblici, quindi, proprio come McCarthy ha calato le braghe e rinviato ancora una decisione.

Nel frattempo il debito pubblico americano a quanto arriverà?

Già ora è a livelli stratosferici, immaginatevi che situazione si troverà chi tra qui e un anno dovrà gestire quel Paese ormai destinato a sfasciarsi.

Mi spiace per Trump perché ovviamente se prima McCarthy e adesso Johnson ad un anno dalle elezioni non hanno dimostrato coraggio figuriamoci quando le elezioni saranno più vicine.

Poveri Stati Uniti.

Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti
Giancarlo Marcotti è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche all’Università di Padova. Nella sua attività professionale ha collaborato con importanti Istituti Finanziari, ricoprendo diversi ruoli. Giancarlo Marcotti è Direttore Responsabile di Finanza In Chiaro, oltre che curatore della rubrica I Mercati e redattore della sezione portafoglio nella quale, giornalmente, riporterà le scelte di investimento effettuate. Giancarlo Marcotti cura la trasmissione Mondo e Finanza su Youtube di Money.it.
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