Dimissioni volontarie senza preavviso riducono la busta paga

Le dimissioni volontarie senza preavviso provocano una decurtazione sulla busta paga. La questione è diversa se si tratta delle dimissioni per giusta causa.

Hai trovato un impiego più remunerativo e più comodo (magari proprio vicino a casa tua) e non sai come interrompere il contratto di lavoro. Naturalmente è possibile lasciare il proprio impiego presentando le dimissioni volontarie per via telematica, compilando i moduli online presenti sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Se si sceglie di effettuare questa procedura da soli, occorre avere le credenziali Spid o CIE per poter accedere al portale.

In caso contrario è possibile affidarsi ad un caf. Quando si presentano le dimissioni volontarie è importante sapere che viene pagato il TFR e lo stipendio maturato ma non ancora versato fino a quel momento. 

Tuttavia è necessario presentare un preavviso.

Se si sceglie di lavorare durante il preavviso, naturalmente queste ore verranno pagate. Se si sceglie invece di non lavorare, è prevista una decurtazione sulla busta paga. Ciò significa che l’azienda trattiene una parte dello stipendio. 

Chiaramente non tutte le dimissioni sono uguali. Come vedremo, esiste una bella differenza tra le dimissioni volontarie e le dimissioni per giusta causa. In quest’ultimo caso infatti il dipendente termina il proprio impiego a causa di comportamenti e azioni gravi compiute dal datore di lavoro nei suoi confronti.

In questo caso non è necessario presentare il periodo di preavviso e generalmente si ha diritto alla Naspi, ovvero all’assegno di disoccupazione. 

Iniziamo quest’articolo spiegando che cosa sono le dimissioni volontarie. 

Dimissioni volontarie: che cosa sono 

Le dimissioni volontarie costituiscono un’interruzione del contratto di lavoro voluta dallo stesso dipendente dell’azienda. La legge ha disposto che la procedura venga eseguita compilando degli appositi moduli, in modo tale da contrastare il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”. 

Le ragioni che possono spingere un dipendente a dimettersi volontariamente sono dovute, ad esempio, al fatto di aver trovato un altro lavoro più soddisfacente. 

Dopo aver spiegato brevemente che cosa sono le dimissioni volontarie, vediamo adesso come funziona la procedura per dimettersi dal proprio luogo di lavoro. 

Come e dove si presentano le dimissioni volontarie?

Come abbiamo già anticipato, per potersi dimettere è necessario seguire un’apposita procedura altrimenti non si ha diritto a lasciare il proprio luogo di lavoro. 

Per eseguire le dimissioni volontarie è possibile affidarsi ad un caf, ad un’organizzazione sindacale oppure all’Ispettorato del Lavoro. 

In caso contrario, la procedura può essere effettuata dal diretto interessato: in questo caso però, come spiegato sul sito di cliclavoro, la procedura per presentare le dimissioni volontarie deve essere effettuata online sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Se si sceglie di procedere in questo modo è necessario assolutamente avere le credenziali Spid in modo tale da poter accedere e compilare i moduli online. 

Seguendo la procedura di compilazione per via telematica, verranno richiesti alcuni dati identificativi del datore di lavoro ovvero:

  • codice fiscale
  • comune della sede di lavoro
  • indirizzo e-mail o PEC

Questi dati verranno richiesti solamente se i rapporti lavorativi sono stati stipulati prima dell’anno 2008. Se il contratto è stato firmato in un periodo successivo all’anno 2008 i dati sopra elencati verranno recuperati automaticamente dal sistema. 

Successivamente sarà necessario selezionare, tra le varie comunicazioni previste, le dimissioni volontarie insieme alla data di trasmissione. 

Quando tutti i dati sono stati confermati, il modulo potrà essere salvato in formato pdf e verrà inoltrato immediatamente al datore di lavoro e all’ITL competente. 

La procedura, in caso di errori, può essere annullata. Il modulo può essere modificato entro 7 giorni dalla comunicazione. Trascorsi i 7 giorni sarà possibile inviare delle nuove dimissioni, questa volta però non revocabili. Bisogna dunque fare attenzione alle scadenze e controllare che i dati inseriti siano tutti corretti. 

Al momento dell’invio delle proprie dimissioni volontarie, verrà inoltre inviata una notifica sull’App IO, ovvero l’applicazione dei servizi pubblici. Quest’applicazione si può scaricare gratuitamente sia su Google Play che sull’App Store

Dopo aver spiegato come funziona la procedura per poter presentare le dimissioni volontarie, vediamo adesso quali sono le differenze tra le dimissioni volontarie e le dimissioni per giusta causa. 

Dimissioni volontarie e dimissioni per giusta causa: quali sono le differenze?

Le dimissioni volontarie e le dimissioni per giusta causa non sono assolutamente la stessa cosa. Le differenze sostanziali riguardano le motivazioni per le quali si sceglie di interrompere il proprio impiego in un’azienda. 

Nel caso delle dimissioni volontarie, come abbiamo visto, è il dipendente stesso che sceglie di interrompere il proprio impiego in un’azienda. Le motivazioni però non dipendono da un comportamento altamente scorretto da parte del datore di lavoro. 

Nel caso delle dimissioni per giusta causa, il lavoro viene interrotto per altre motivazioni come spiega il sito di lavoroediritti.com

Chiaramente non è sempre possibile dimettersi per giusta causa. Infatti, è possibile dimettersi per giusta causa solamente in caso di inadempienze gravi da parte del datore di lavoro. Si possono richiedere queste dimissioni se si verificano le situazioni seguenti:

  • il dipendente non viene pagato 
  • i contributi previdenziali non vengono versati 
  • il datore di lavoro ha molestato sessualmente un o una dipendente
  • in caso di fenomeni di mobbing
  • se il datore di lavoro pretende che il suo dipendente compia azioni illegali
  • ingiurie
  • quando l’impiego viene modificato in modo peggiorativo e secondo delle regole non previste dalla legge

Chi presenta le dimissioni per giusta causa, non è tenuto a comunicare il preavviso proprio perché le motivazioni che spingono il dipendente ad interrompere il suo impiego sono motivazioni gravi che non dipendono da lui. 

Anche in questo caso, come per le dimissioni volontarie, la procedura deve essere effettuata per via telematica, segnalando che si tratta di dimissioni per giusta causa. 

In busta paga verranno poi accreditati ferie e permessi non goduti, la quota di tredicesima o quattordicesima che è stata maturata fino a quel momento e il TFR. 

Inoltre, il dipendente che si dimette per giusta causa ha diritto anche all’indennità sostitutiva del preavviso ovvero quella somma di denaro che sarebbe spettata al dipendente se, in condizioni normali, avesse lavorato per il periodo di preavviso stipulato dal contratto di lavoro. 

Colui che si dimette per giusta causa ha diritto, successivamente, a poter accedere alla disoccupazione e quindi a ricevere un sussidio economico. Il dipendente può dunque richiedere la Naspi poiché si è dimesso a causa di un comportamento gravemente scorretto del datore di lavoro. 

La Naspi però non viene concessa sempre e a tutti coloro che si sono dimessi per giusta causa.

Bisogna infatti aver lavorato per un periodo di tempo specifico. L’assegno di disoccupazione viene infatti concesso solo in queste due situazioni:

  • aver accumulato almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni che precedono l’avvio del periodo di dissocupazione
  • bisogna aver lavorato 30 giornate nell’arco dei 12 mesi che vengono prima dell’avvio del periodo di disoccupazione 

Nel caso delle dimissioni volontarie invece l’impiego viene interrotto per volontà del dipendente ma non a causa di comportamenti o azioni gravi da parte del datore di lavoro ma semplicemente perché, ad esempio, c’è la possibilità di ottenere un altro impiego più remunerativo o più vicino alla propria abitazione.

Di conseguenza, non è previsto l’assegno di disoccupazione e bisogna comunicare un preavviso, come vedremo tra poco. 

Dopo aver spiegato quali sono le differenze tra le dimissioni volontarie e le dimissioni per giusta causa, vediamo adesso a cosa si ha diritto nello specifico nel caso delle dimissioni volontarie. 

Dimissioni volontarie: a cosa si ha diritto?

Come leggiamo su laleggepertutti.it, quando un dipendente sceglie di dimettersi volontariamente ha diritto a ricevere il TFR e tutti gli stipendi maturati ma non ancora corrisposti. 

Nel caso delle dimissioni volontarie, non spetta l’assegno di disoccupazione come previsto invece per le dimissioni di giusta causa proprio perché non ci sono motivazioni gravi che spingono il dipendente a dimettersi dal proprio impiego. 

Tuttavia, contrariamente alle dimissioni per giusta causa, nel caso delle dimissioni volontarie il dipendente è tenuto a dare un preavviso. Vediamo subito di che si tratta. 

Dimissioni volontarie senza preavviso: cosa si rischia?

Contrariamente alle dimissioni per giusta causa, dove il dipendente non è tenuto a dare il preavviso per le motivazioni che abbiamo spiegato, nel caso delle dimissioni volontarie il dipendente è tenuto ad avvisare il datore di lavoro che vuole terminare il proprio impiego presso l’azienda. 

Se durante il periodo di preavviso il dipendente sceglie di continuare a lavorare, queste ore saranno chiaramente retribuite. 

Se il dipendente sceglie invece di andarsene senza preavviso, l’azienda si trattiene una parte dello stipendio. A questo punto conviene tenere duro, e continuare anche a lavorare durante il periodo di preavviso per evitare di vedere una decurtazione della busta paga. 

A questo punto una domanda sorge spontanea: il periodo di preavviso è uguale per tutti i lavoratori dipendenti?

Non c’è una risposta uguale per tutti. Il periodo di preavviso infatti dipende dal tipo di contratto di lavoro.

La cosa migliore è quella di informarsi, in modo tale da non trovare una decurtazione sulla busta paga. 

A parte il periodo di preavviso, nel caso delle dimissioni volontarie, il lavoratore non è tenuto ad adempiere ad altri obblighi. 

Si ricorda inoltre che non è necessario il preavviso nemmeno durante o al termine di un periodo di prova per il quale è prevista la libera recedibilità e nel caso di dimissioni da parte di madre lavoratrice e padre lavoratore. 

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