Pensione anticipata: come andarci con 35 anni di contributi

Chi ha 35 anni di contributi può andare in pensione? Quando occorrono 36 anni di contribuzione per andare in pensione. Ecco come andare in pensione prima!

I conti per la pensione non tornano quasi mai, specie se si innesca il tiro e molla della Riforma con più anni intesi sia in ambito anagrafico che contributivo. Per cui si comprendere benissimo perché si spinge per controllare le opzioni che permettono appena 35 anni di versamenti contributivi per collocarsi in quiescenza. 

Non vi parleremo di un déjà-vu della vecchia e cara pensione di anzianità validi per tutti i lavoratori. Di quando erano sufficienti 35 anni di versamenti per godersi la meritata pensione. Sostituita bruscamente con l’entrata a regime delle disposizioni presenti nell’articolo 24, comma 10, corrispondenti al decreto Legge n. 201/2011.

Il riferimento cade sulla pensione anticipata voluta con la Legge Fornero, in cui è basta solo l’anzianità contributiva e, quindi, non si tiene conto dell’età anagrafica raggiunta dal lavoratore. Tuttavia, occorrono sempre 42 anni e 10 mesi. Uno sconticino di un anno per le lavoratrici, ma nulla di che. Il tutto guarnito da una finestra mobile di tre mesi. 

Il vero enigma non è la pensione con 35 anni di versamenti, ma analizzare le diverse formule previdenziali che permettono quest’aggancio o, ancora verificare gli aspetti normativi che consentono di afferrare la pensione anticipata con un montante contributivo sotto Quota 41. 

Sicuramente, la sfera delle possibilità è abbastanza ridotta, ciò non vuol dire che non sono importanti, né tantomeno che non vanno citate.

Una breve guida alle principali misure che permettono l’uscita dal lavoro con 35 anni di contributi. Ti spiegheremo, quando e come presentare l’istanza all’INPS per andare in pensione. 

La pensione donna, permette un’uscita con 35 anni di contribuzione, vediamo come

Opzione donna è presente nel quadro normativo previdenziale dal 2019, si tratta, per le lavoratrici della possibilità di accedere a un piano pensionistico anticipato pensato esclusivamente per le donne. 

Nonostante, le varie richieste non si è giunti a un vero cambiamento per il 2022, ma le lavoratrici ancora una volta hanno appurato la presenza di una proroga della misura.

Una formula previdenziale che attiva una sforbiciata sull’assegno previdenziale. Una piccola postilla necessaria per comprendere che le lavoratrici anche per il 2022 possono avvalersi della pensione anticipata donna per poteri collocare in quiescenza, solo accettando la penalizzazione prodotta dalle regole del sistema contributivo. 

Nonostante, questa sia la caratteristica che non piace alle lavoratrici, questa è una delle misure più utilizzate del sistema previdenziale. Questo, perché, è possibile collocarsi in quiescenza già a 58 anni, senza aspettare l’età pensionabile che porta a maturare 67 anni di età.

L’altro aspetto, è la sola presenza di un montante contributivo di appena 35 anni di versamenti. Requisiti che si inaspriscono leggermente per le autonome.

Infatti, l’unica differenza tra autonome e dipendenti è sul requisito anagrafico, che nel primo caso si sposta a 59 anni di età.  

Per la pensione donna non è previsto alcun adeguamento alle aspettative di vita, così come disposto dall’articolo 12 del decreto Legge n. 78/2010.

Previsto un ventaglio d’uscita di 12 mesi per le dipendenti, mentre per le autonome la finestra d’uscita è di 18 mesi. 

Lavori notturni e usuranti permettono l’uscita dal lavoro con 35 anni di contribuzione

Come riportato da La Legge per Tutti, per i lavoratori notturni e quelli impiegati in attività usuranti si applicano le disposizioni previste dal Decreto Legislativo n. 67/2011.

Come riportato da Pensioni & Lavoro, per i lavoratori notturni e quelli impiegati in attività usuranti si applicano le disposizioni previste dal Decreto Legislativo n. 67/2011, che consentono un’uscita a 61 anni e 7 mesi. Anche in questo caso, il montante contributivo necessario per la pensione parte da 35 anni.

Diversi criteri vengono applicati per i lavoratori impieganti in attività a turni notturni, dove vengono registrate meno di 78 notti annue. Oltre, ai lavoratori autonomi, quindi, in presenza di un’anzianità contributiva prodotta da lavoro autonomo.

Cambiamo le condizioni per l’ottenimento della pensione che portano applicazione di criteri incrementati di un anno, laddove risulti un lavoro notturno almeno di 10 giorni annui, si passa da 72 a 77, mentre viene incrementato di due anni, se le il lavoro notturno o, meglio le giornate di riferimento sono passate da 64 a 71. 

Ulteriore cambiamento viene riservato per l’anzianità contributiva prodotta da lavoro autonomo, per il perfezionamento dei requisiti innanzi descritti, occorre rispettare l’aumento aggiuntivo di un anno. 

Per non perdere le agevolazioni previdenziali previste per i lavoratori notturni o per quelli impiegati nelle attività usuranti, è necessario che l’attività lavorativa risulti eseguita minimo nei 7 anni rapportati agli ultimi 10 o, ancora, per un periodo temporale rapportato alla metà dell’intera carriera lavorativa

Quando bastano anche meno di 35 anni di versamenti per andare in pensione?

In alcuni casi un montante contributivo alto potrebbe essere anche troppo. Si pensi, ad esempio alla misura Ape sociale 2022. In questo caso, si attivano le tutele per i lavoratori, che prevede un’età di 63 anni e 30 anni  di versamenti per i lavoratori appartenenti alla categoria disoccupati. Un vantaggio non di poco conto meglio spiegato nell’ultimo aggiornamento disponibile qui. 

In tutti gli altri casi previsti dalla misura Ape sociale si accede con almeno da 32 a 36 versamenti contributivi. La variazione contributiva si base sulla tipologia di lavoro. 

In questo contesto, appare chiaro che il margine di tempo riferito alla contribuzione è abbastanza ampio in quanto prevede la presenza di un minimo di 30 anni di versamenti per i lavoratori disoccupati, caregiver, ma anche invalidi civili. 

Discorso diverso per i lavoratori appartenenti alla categoria gravosi, dove occorrono da 32 a 36 in base alla categoria di lavoro. 

In sostanza, attraverso la formula Ape sociale il lavoratore riceve un assegno del valore pari a 1.500 euro, che lo accompagna sino al varco definitivo dell’anticipo pensionistico nella pensione anticipata o nella pensione di vecchiaia. 

Qual è l’anzianità contributiva necessaria per la pensione per Difesa, soccorso e sicurezza?

Nell’ordinamento previdenziale non tutto viaggia allo stesso modo. Ecco, perché, spesso dobbiamo confrontarci con regole diverse in virtù del comparto lavorativo.

È il caso della Sicurezza, soccorso e difesa, per cui entrano in gioco regole previdenziali agevolate.

Non occorre necessariamente aspettare l’età pensionabile, ma basta aver raggiunto i 58 anni di età per collocarsi a riposo. 

In questo caso, infatti, il montante contributivo maturato parte da 35 anni. Presente una finestra mobile di 12 mesi. 

Quando scattano le regole normative che portano a 20 anni di contributi per la Pensione di vecchiaia?

La pensione di vecchiaia è la principale formula previdenziale o, quantomeno, quella più utilizzata anche se non mancano i dissapori.

Intanto, i lavoratori possono non raggiungere i 35 anni, ma collocarsi a riposo con 20 anni di contribuzione. 

In sostanza, si attivano regole e meccanismi diversi a seconda dei casi. Se si innescano le eccezioni previste per la misura il montante contributivo si può portare in riduzione anche a 5 o 15 anni. 

Per ottenere una riduzione significativa sull’età, è necessario rientrare nell’invalidità dall’80%. In questo caso, si può utilizzare la pensione di vecchiaia già a 56 anni (donne) o 61 anni (uomini). Particolari agevolazioni vengono applicate per i non vedenti. 

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