La paura della felicità: cos’è la cherofobia, come riconoscerla e come combatterla

Ebbene sì, si chiama cherofobia ed è una forma di ansia. Non te ne rendi conto ma trascorri le tue giornate auto-sabotandoti. Ecco i motivi.

Ebbene, sì si chiama cherofobia ed è una forma di ansia. Non te ne rendi conto ma trascorri le tue giornate auto-sabotandoti e compi delle azioni che possono sembrare “innocue” e invece si tratta di veri e propri segnali da cogliere, per evitare di condannarsi all’infelicità.

Perché, per quanto possa apparire paradossale, la paura della felicità esiste ed è una condizione psicologica in cui si trovano molte persone.

Come fare a rendersi conto di soffrire di cherofobia? Come eliminare questa forma di ansia e finalmente goderti a pieno la vita?

Ecco alcuni consigli, i segnali a cui stare attenti e le possibili soluzioni per riuscire a superare l’ostacolo.

Che cosa è la cherofobia

Il termine ha etimologia greca, precisamente si compone di kairòs ovvero ciò che rallegra e fòbos che invece significa paura, fobia.

Vanno rassicurati tutti coloro che, al termine della lettura di questo articolo, avranno il dubbio di essere cherofobici. Non rientra tra le patologie di salute mentale, tanto è vero che non è presente nell’ultima edizione della Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), principale risorsa per la diagnosi delle patologie di questo genere.

Si tratta invece di una forma d’ansia. C’è chi rifugge dai cibi non sani (ortoressia), chi è ossessionato dalla propria salute, pur non essendo malato (ipocondriaco), tanto per fare qualche esempio, e chi invece rifugge la felicità per paura poi di perderla.

Ebbene sì, il meccanismo psicologico che si instaura nella mente del cherofobico è proprio questo. Evita ogni occasione di gioia, soddisfazione o condivisione di risultati e successi perché teme che a questo seguirà la perdita di questo stato di benessere e quindi l’infelicità.

In tanti confondono la cherofobia con la depressione e invece sono due condizioni in antitesi. Il depresso è infelice e si sente vuoto, invece il cherofobico non vuole assolutamente sentirsi infelice e triste.

Ha raggiunto il suo status quo e non vuole che nessuno e niente turbi questa condizione. Una routine sempre uguale a se stessa e priva di momenti di gioia ma per il cherofobico rassicurante nella sua staticità.

Una sorta di atarassia pagana, imperturbabilità, che preferisce lo stallo alle emozioni.

In realtà tra cherofobia e atarassia c’è comunque una sottile differenza. Chi rifugge ogni passione, lo fa in senso positivo e negativo. Il cherofobico invece rifugge la felicità non per via delle emozioni che potrebbe regalargli ma solo per paura di perderla e quindi dover sperimentare tristezza e inquietudine.

Come capire se si soffre di cherofobia: sintomi

Ti è sorto il dubbio di vivere in questo modo la tua vita? Ecco un elenco per un piccolo “esame di coscienza” e capire se davvero la paura di essere felice sta condizionando la tua esistenza, così come le amicizie o l’amore.

Ebbene sì, perché avere paura della felicità finisce col coinvolgere, inevitabilmente, anche coloro che fanno parte (o vorrebbero far parte) della nostra vita.

Il primo segnale classico di chi è cherofobico è proprio quello di evitare tutti i cambiamenti positivi. Ad esempio, accettare un nuovo lavoro, un trasferimento oppure di approfondire una relazione che potrebbe portare un nuovo amore nella propria vita.

Proprio per questo motivo, i cherofobici tendono a essere un po’ asociali. Non vogliono partecipare a feste o eventi per paura di conoscere persone interessanti, di cui magari potrebbero innamorarsi.

Il terzo segnale tipico di chi rifugge la felicità è il senso di colpa. Si teme di prendersi dello spazio per sé, di dedicarsi a una passione o interesse che ci fa stare bene, perché poi ci si sente in colpa (e si sta male), credendo ad esempio di aver trascurato i figli o il partner.

Il cherofobico teme di attirare le invidie altrui. Per questo non condivide gioie, progetti, traguardi perché gli altri potrebbero giudicarlo o non riuscire a condividere quella condizione positiva che ha raggiunto.

Purtroppo questo accade spesso anche con le persone più vicine e intime, proprio per il timore che quei risultati brillanti raggiunti possano causare qualcosa di negativo e che “va storto”, se condivisi con altre persone.

Come si cura la cherofobia

È la dottoressa Fiorenza Perris a spiegare le possibili cause di questa forma di ansia.

Spesso si tratta di traumi che risalgono all’infanzia. Ad esempio si era felici e spensierati e si è subito un traume fisico, una punizione ingiusta o addirittura un lutto.

Ecco allora che l’inconscio associa, da quel momento in avanti, il fatto di provare gioia e felicità con l’imminente angoscia, rabbia o dolore a seguire (per il nesso causa-effetto).

Ovviamente non è così, si tratta di un’interpretazione distorta delle realtà ma che il cherofobico porta avanti per tutta la vita, se non trova il modo (ma soprattutto la volontà) di spezzare quella catena.

Come sottolinea la dottoressa, non trattandosi di una patologia, non ci sono cure specifiche da seguire. Sicuramente però un percorso con lo psicoterapeuta può essere di grande aiuto per ricominciare ad aprirsi alla vita e a fidarsi di chi ci circonda.

Natalia Piemontese
Natalia Piemontese
Consulente lavoro online e professioni digitali, classe 1977. Sono Natalia, Piemontese di cognome, pugliese di nascita e calabrese d'adozione. Laureata in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Bari, ho conseguito un Master in Selezione e Gestione delle risorse umane. Mamma bis, scrivo sul web dal 2008. Sono specializzata in tematiche del lavoro, business nel digitale e finanza personale. Responsabile del blog #mammachebrand, ho scritto un e-book "Mamme Online, come gestire casa, lavoro e figli".
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