Fallimento porta fallimento e non esperienza e intuizione. Questa la conclusione di uno studio di Zew Mannheim e IFM, l’Istituto per la ricerca sulle PMI dell’Università di Mannheim.
C’è una probabilità superiore alla media che i fondatori con esperienze fallimentari in passato falliscano di nuovo con future start-up.
Fallimento come parte del processo
Negli ultimi anni gli incentivi statali per la creazione di nuove imprese ha fornito una spinta a molti giovani aspiranti imprenditori. Su 100 imprese che nascono, tuttavia, 67 almeno falliscono o riescono a fatica a rimanere autosufficienti ma senza prospettive di crescita. Questo è quanto emerge da uno studio di CB Insights che sottolinea come solo l’1% (al mondo) riesca a traguardare una valutazione da 1 miliardo.
Alla luce di questi numeri, molti neo imprenditori affrontano la creazione di una startup con la consapevolezza che probabilmente falliranno, ma acquisiranno nuove competenze, utilizzabili in prospettive future. A patto che si impari la lezione! In questo caso il fallimento è considerato come parte del processo di creazione d’impresa.
Lo studio di Zew ribalta la tesi che esalta il fallimento
Lo studio Zew ribalta invece una tesi assodata negli ultimi anni secondo cui “il fallimento”, ripetuto e veloce, sia un’esperienza necessaria per raggiungere il successo.
Gli esperti di Zew forniscono anche delle percentuali a sostegno della propria tesi: la probabilità che una start-up creata da fondatori già falliti sopravviva il primo anno si riduce di 3,8 punti percentuali rispetto a quella fondata da nuovi imprenditori.
La probabilità scende dello 6,5% se viene dichiarata la bancarotta.
Il fallimento riflette la mancanza di capacità imprenditoriali
Una startup fallisce a causa delle scarse capacità imprenditoriali dei fondatori. Questa è la conclusione alla quale sono giunte le due autrici del report, Bettina Müller, ricercatrice presso l’istituto ifm dell’Università di Mannheim, e Sandra Gottschalk, ricercatrice nel dipartimento “Economia dell’innovazione e dinamica industriale” della ZEW.
“Nella nostra analisi empirica, abbiamo controllato tutte le variabili (l’età, il background formativo, l’esperienza manageriale, nonché nel settore della start-up) e abbiamo dimostrato che non sono decisive per il fatto che le start-up di fondatori falliti sopravvivono meno spesso di quelle di fondatori per la prima volta. Piuttosto, il motivo sembra essere che i fondatori falliti in media mancano di capacità imprenditoriali” dichiarano le ricercatrici.
Valutazione dei programmi di finanziamento
Lo studio Zew critica i programmi di finanziamento che supportano i fondatori falliti nell’avvio di una nuova attività e indica la necessità di adottare un approccio differenziato.
“Sarebbe opportuno filtrare gli imprenditori promettenti dal gruppo dei fondatori falliti e fornire loro un supporto mirato. Supportare l’intero gruppo di fondatori falliti in ulteriori start-up consumerebbe risorse senza creare valore. Queste risorse potrebbero essere utilizzate in modo più sensato altrove. Un tale approccio danneggia sia i singoli imprenditori che la società nel suo insieme” conclude lo studio.
(Claudia Cervi)