Criptovalute e sostenibilità: è una combinazione possibile?

Sebbene le criptovaute che adottando un protocollo Proof of Work (PoW) come Bitcoin siano state molto criticate begli ultimi anni, e nonostante le...

Sebbene le criptovaute che adottando un protocollo Proof of Work (PoW) come Bitcoin siano state molto criticate begli ultimi anni, e nonostante le fluttuazioni, il prezzo di mercato di molte è salito tanto che è sempre più difficile per il settore finanziario convenzionale ignorarle.

Tuttavia, l’eccessivo consumo di energia e le emissioni di CO2 delle criptovalute sono una delle principali preoccupazioni per i gestori degli investimenti, sempre più sotto pressione per dimostrare di seguire i principi ambientali, sociali e di governance (ESG).

Definire quali sono le caratteristiche che deve avere una criptovaluta per essere sostenibile a livello ambientale, sociale ed economico non è così semplice. C’è il rischio che si perda di vista il concetto stesso di “estrazione” e di come funziona il mining, il quale resta un metodo indispensabile per l’esistenza delle cripto e richiede moltissima energia.

Detto ciò per definire “green” una criptovaluta dobbbiamo accettare determinati compromessi tra l’ambiente e la tecnologia modernaAl giorno d’oggi non possiamo soddisfare il 100% della domanda con fonti di energia rinnovabile e soprattutto garantire un ciclo sostenible dall’inizio alla fine, ossia dall’estrazione di materie prime alla cripto che stiamo scambiando.

Molti articoli cercano di minimizzare il problema, vendendo titoli come “le criptpvalute green” soffermandosi solo su alcuni aspetti e trovando soluzioni sostenibili in pochi paragrafi. Beh non è così, anzi questo spesso porta solo ad una cattiva informazione che virtualmente si espande come una macchia d’olio.

Criptovalute e ambiente: la sostenibilità

La definizione di criptovaluta “sostenibile” che prenderemo come base di parteza è questa:

Condizione di un modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. 

Inoltre quando parliamo di sostenibilità facciamo riferimento all’intero pianeta e non solo al nostro orticello. Questo perchè con la globalizzazione non ha più senso parlare di un’area in particolare dal momento che non esiste nessun posto al mondo che sia “isolato” dalla contaminazione di altri Paesi.

Attenendoci a questa definizione di sostenibilità, occorre spendere due parole sui termini “ambientale”, “sociale” ed “economico” proprio per evitare che la sostenibilità ambientale di alcuni Paesi impatti il territorio e la società di altri.

Criptovalute e ambiente: la regolamentazione 

Questo è uno dei grandi dilemmi della normativa europea perchè proporre nuove leggi più severe per la tutela ambientale, economica e sociale implica che le miniere di criptovalute semplicemente si spostino verso Paesi che permettono uno sfruttamento spirtato del territorio.

Uno dei benefici – teoricamente – delle cripto è quello di offrire nuove opportunità per aiutare a ridurre la povertà a livello globale abilitando istituzioni politiche forti e fornendo chiari diritti di proprietà combattendo la corruzione. Inoltre potrebbero promuovere al contempo l’imprenditorialità e le pari opportunità.

Però come dimostra uno studio pubblicato dalla Northumbria University, la crescita delle criptovalute sta avendo un impatto sproporzionato sulle persone più vulnerabili alla crisi climatica e quindi sui Paesi più poveri. 

“Circa 1 terzo dei minatori PoW si trova attualmente in Paesi con un punteggio dell’indice di sviluppo umano (HDI) inferiore a 0,85. È probabile che alcune delle persone più povere e vulnerabili del mondo siano quelle colpite in modo sproporzionato dai problemi sociali e ambientali locali dell’estrazione di PoW.”

Criptovalute e ambiente: l’impatto ecologico

L’innovazione del mondo cripto ha un grande potenziale ma nello stesso tempo implica che la gestione delle risorse per il funzionamento delle criotovalute sia gestita in modo sostenibile, a livello globale. Alcuni protocolli come il Proof of Work (PoW) incentivano la competizione tra “minatori” ricorrendo a qualsiasi strategia per vincere.

L’aumento del prezzo di mercato e la crescita di una criptovaluta infatti sono grandezze direttamente proporzionali così come l’impatto ambientale generato, anche nel caso in cui il volume delle transazioni rimanga lo stesso. 

Per esempio Bitcoin per ogni singola transazione utilizza la stessa quantità di elettricità di quasi 800 mila transazioni con carta di credito. A queste bisogna sommare altri consumi relativi al processo di minig come l’energia impegata per il raffreddamento:

per ogni transazione in Bitcoin, 1 milione e 200 transazioni con carta di credito.

Per avere un’idea di come stanno impattando le miniere di criptovalute nel Paesi più poveri puoi guardare questo video di Motherboard che ti mostrerà l’impatto delle criptovalute dopo la pandemia, dove molte persone in crisi economica si sono buttate nell’investimento di cripto.

Criptovalute e ambiente: la migrazione delle miniere

Ancora una volta un’idea innovativa si trasforma in una nuova fonte di guadagno, speculazione e truffa che per una maggiore redditività trae vantaggio dalle instabilità economiche dei Paesi più poveri dove le normative sono più deboli e l’accesso all’energia è a basso costo.

Si può parlare infatti di una migrazione delle miniere verso altri Paesi. Fino a poco tempo fa la Cina era la prima in classifica proprio per il basso costo dell’energia dove si minavano 3/4 dell’estrazioni di Bitcoin.

Come scrive Lili Cariou su Impakter, l’anno scorso il presidente cinese Xi Jinping ha spostato la sua politica, muovendosi verso una direzione più attenta all’ambiente e all’economia locale creando una crisi interna e una migrazione delle miniere:

“Approfittando dei paesi politicamente meno stabili, con normative deboli e un accesso abbondante a energia a buon mercato, abbondante e sporca. Il Kazakistan e la Russia hanno assistito a un immenso aumento delle operazioni minerarie, così come il Canada e gli Stati Uniti per le loro deboli normative.”

Come puoi vedere da questa mappa, le miniere di criptovalute si spostano dipendendo dal costo dell’energia elettrica e delle normative di ciascun Paese: il terreno più fertile è proprio quello in cui il costo dell’energia è basso e le normative sono deboli.

Criptovalute e ambiente: i Paesi più attenti all’ambiente

In Europa alcuni Paesi come la Norvegia stanno seguendo la Svezia, bloccando il mercato delle criptovalute per l’insostenibilità ambientale senza criticarne i benefici che apporterebbero a livello sociale:

“Sebbene il mining di criptovalute e la sua tecnologia possano rappresentare alcuni possibili vantaggi a lungo termine, è difficile giustificare il suo ampio uso di energie rinnovabili oggi.”

– Bjørn Arild Gram, ministro norvegese per lo sviluppo regionale e locale

Così molti altri Paesi tra cui Russia, Bolivia, Turchia, Kazakhstan, la Macedonia del nord, hanno deciso di restringere drasticamente gli scambi di criptovalute soprattutto di quelle che utilizzano il protocollo Proof of Work (PoW). 

L’est Europa, il Medio oriente e l’Asia così come il Sudamerica non presentano le caratteristiche ideali per incrementare nuove miniere di criptovalute, infatti molto probabilmente il continente che vedrà un boom di miniere sarà l’Africa

Uno di questi Paesi sarà proprio Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove la popolazione locale è superata dai minatori di bitcoin per l’accesso all’energia rinnovabile a basso costo. Dal momento che le operazioni minerarie utilizzano grandi quantità di hardware altamente specializzati e di breve durata, è probabile che apparecchiature obsolete causino ulteriori danni all’ambiente e alla salute umana.

Le aree in via di sviluppo non posseggono delle politiche di trattamento o di riciclo degli scarti, infatti gran parte di questi rifiuti elettronici pericolosi viene smaltita in modo illegale.

Criptovalute e ambiente: il protocollo Proof of Stake

Senza entrare nel dettaglio dei consumi intrinseci alla produzione e gestione dei componenti dei computer che servono per sostenere la tecnologia Blockchain, si può migliorare fino al 90% il consumo di energia usano fonti di energia rinnovabile e dei protocolli più sostenibili.

Infatti il Proof of Work è anche chiamato Proof of Waste da Peter Howson e Alexde Vries perchè intransicamente il protocollo è disegnato senza prendere in considerazione la componente di sostenibilità e non può evitare di aumentare i livelli di contaminazione esponenzialmente.

Il protocollo Proof of Stake (PoS) è più sostenibile perchè invece di premiare coloro che risolvono il complesso calcolo matematico per aggiungere un blocco alla catena nel mining, fanno riferimento alla proporzione di monete virtuali che un minatore possiede.

Quindi non si presenta mai la necessità di sprecare energie per risolvere complessi enigmi. Il “vincitore” in questo caso, ossia la persona che riceve una ricompesa, è quello con la “stake” più alta, cioè mettendo in “pledge” il maggior numero di monete, per poi essere premiato.

Criptovalute e ambiente: i consumi del Proof of Stake

Questo metodo riduce la competizione tra minatori ma nello stesso tempo aumenta la disparità di reddito tra la comunità di mining di criptovalute dal momento che vengono premiati coloro che posseggono più monete virtuali.

Se facciamo riferimento agli impatti ambientali le cose cambiano drasticamente: secondo degli studi recenti pubblicati da Ethereum si calcola che il Proof of Stake potrebbe ridurre il consumo di energia anche del 99%.

Proprio per questo Etherem, la seconda criptovaluta più popolare al mondo sta passando da un protocollo Proof of Work al Proof of Stake, e sarà maggiormente accolta dai Paesi che abbiamo menzionato prima che hanno bloccato e ristretto l’accesso alle criptovalute che si basano sul Proof of Work.

La transazione quindi è possibile anche se con il protocollo Proof of Work ci sono troppi guadagni facili che attirano l’attenzione di molti investitori. Al giorno d’oggi ancora non c’è una soluzione ottimale ma come sempre è emglio optare per la “meno peggio”. 

Redazione Trend-online.com
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