Quanto tempo deve passare tra la firma del compromesso a quella del rogito?

Tra la firma del contratto preliminare, il compromesso, e la firma del rogito davanti il notaio deve passare un intervallo di tempo. Quanto?

Nella compravendita immobiliare, il compromesso e il rogito rappresentano due fasi molto importanti. Il primo, chiamato anche preliminare di vendita, è un accordo che viene stipulato tra il venditore e il compratore e delinea le condizioni della compravendita. Il secondo, è l’atto notarile che ufficializza il trasferimento di proprietà.

Dalla firma del contratto preliminare al rogito deve passare un determinato periodo di tempo, indicato proprio nel compromesso.

Vediamo, quindi, quali sono le caratteristiche di entrambi i contratti e quanto tempo deve passare dalla firma dell’uno e dell’altro. Infine, vediamo cosa accade in caso di inadempienza del venditore.

Quali sono le differenze tra compromesso e rogito

Il compromesso, ovvero il contratto preliminare di compravendita, viene stipulato dall’acquirente e dal venditore per regolare l’acquisto dell’immobile.

Si tratta, quindi, di un contratto volto ad obbligare entrambe le parti coinvolte nella compravendita immobiliare, a stipulare l’atto di vendita definitivo, il rogito, presso un notaio.

Solo il rogito trasferisce la proprietà in via definitiva. Il compromesso serve, quindi, a delineare tempistiche e condizioni e impegnare entrambe le parti. Infatti, molto spesso, è prevista la caparra, ovvero il primo atto che segna l’impegno dell’acquirente.

La firma del compromesso non obbliga automaticamente le parti alla sottoscrizione del rogito, ma il notaio potrebbe anche chiedere di versare un acconto sul prezzo totale, così da avviare il processo burocratico.

Quindi, il vero e proprio contratto definitivo che formalizza l’accordo e ufficializza il trasferimento è il rogito. Ad occuparsene è il notaio, il quale legge pubblicamente dinnanzi alle parti e ai testimoni l’intero contratto, ne spiega i passaggi cruciarli e procede alla verifica della regolarità della documentazione.

Quanto tempo deve passare tra il compromesso e il rogito

Il termine entro cui presentarsi dal notaio per stipulare il contratto definitivo, di norma, viene indicato nel compromesso. Se dovesse mancare tale indicazione, il contratto sarebbe comunque valido. Potrebbe anche capitare che le parti entrino in contrasto tra di loro e, in questo caso, si dovrebbero rivolgere al giudice affinché fissi una data di scadenza del compromesso.

Quanto tempo deve passare tra la firma del compromesso e il rogito? Solitamente, il tempo che intercorre tra la firma del compromesso e il rogito notarile può oscillare tra circa due o tre mesi.

Si tratta, però, di un intervallo di tempo indicativo che può variare in base alle condizioni e alle circostanze, oltre che alle normative locali.

Come abbiamo spiegato, tra acquirente e venditore, con la firma del compromesso si definiscono le condizioni della compravendita, inclusa la data entro cui si dovrà firmare l’atto definitivo davanti al notaio.

Il contratto preliminare può essere fatto autonomamente e registrato all’Agenzia delle entrate entro 20 giorni. Se, invece, si opta per la firma davanti al notaio, deve essere registrato entro 30 giorni.

Chi deve fissare la data del rogito?

La data del rogito può essere fissata già nel contratto preliminare di compravendita, liberamente dalle parti.

Come abbiamo appena spiegato, la legge non fissa un termine preciso, ma l’intervallo che intercorre tra le due firme può oscillare in base a diversi fattori. In ogni caso, la data viene stabilita da entrambe le parti, liberamente e in comune accordo.

Se una delle parti non rispetta la data fissata, allora, l’altro può inviare una diffida in cui si richiedere un nuovo appuntamento per stipulare il contratto definitivo.

Solitamente, però, se non ricorrono gravi di casi di inadempienza e la parte che non riesce a rispettare la data prefissata avvisa l’altro e il notaio, il rogito si può semplicemente posticipare.

Cosa succede se dopo il compromesso il venditore si ritira?

Una volta stipulato il compromesso d’acquisto, entrambe le parti coinvolte nella compravendita sono tenute a stipulare il rogito dal notaio.

Può capitare, però, che il venditore si ritiri. Si tratta di una casistica molto sfortunata e anche, tutto sommato, abbastanza rara. Ma questa situazione, se si verifica, accade dopo la firma del preliminare. L’acquirente può percorrere diverse strade.

Ipotizziamo che nel compromesso sia stata specificata la data in cui le parti devono recarsi dal notaio. Se il venditore non si presenta, l’acquirente può ricorrere al giudice e richiedere il doppio della caparra versata antecedentemente o, in altri casi, richiedere il passaggio di proprietà coattivo.

Quando nel contratto preliminare non è stata specificata la data entro cui stipulare il rogito, allora l’acquirente può inviare al venditore una lettera di diffida per l’inadempienza.

Nella lettera, inoltre, può comunicargli il giorno in cui presentarsi dal notaio, entro 14 giorni dalla stessa, e che in caso di ulteriore inadempienza, il contratto verrà sciolto in sede giudiziaria.

Leggi anche: Contratto preliminare di compravendita: ecco quanto si paga e quali sono tutte le spese

Sara Bellanza
Sara Bellanza
Aspirante storica contemporaneista, classe 1995.Amante della lettura e della scrittura sin dalla tenera età, ho una laurea triennale in Filosofia e Storia e una laurea magistrale in Scienze Storiche, conseguite entrambe presso l’Università della Calabria. Sono autrice di alcune pubblicazioni scientifiche inerenti alla storia contemporanea e alla filosofia: "L'insostenibile leggerezza della storia" e "L’insufficienza del linguaggio metafisico" per la rivista "Filosofi(e)Semiotiche", e "Il movimento comunista nel cosentino" per la "Rivista Calabrese di Storia del '900".Nonostante la formazione prettamente umanistica, la mia curiosità mi ha spinto a conoscere e a informarmi sugli ambiti più disparati. Leggo, scrivo e fotografo, nella speranza di riuscire a raccontare il mondo così come lo vedo io.
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