Scoppia la guerra in Italia! Chi è chiamato alle armi

Speriamo che la guerra in Italia non scoppi mai. E che la crisi in Ucraina rientri velocemente. Ma in caso di conflitto chi dovrà partire per il fronte?

Speriamo che la guerra in Italia non scoppi mai. E che la crisi in Ucraina rientri velocemente. Ma in caso di conflitto chi dovrà partire per il fronte? Questi timori e queste preoccupazioni iniziano ad accomunare molti Italiani. Le immagini che arrivano dall’Ucraina, invasa in queste settimane dalla Russia di Vladimir Putin, aprono una serie di domande, alle quali molti nostri lettori cercano risposta.

Città devastate dalle bombe e combattimenti che si svolgono per le strade sono scioccanti. La guerra non sta risparmiando i civili e a rischiare la vita sono anche donne e bambini. I profughi cercano di scappare e purtroppo i negoziati di pace non stanno dando gli esiti sperati e previsti. A questo punto la domanda, che in molti si pongono, è quali possano essere le conseguenze per l’Italia. Non ci riferiamo, in questa sede, a quelle meramente economiche. Il nostro paese è vincolato al trattato Nato: nel caso in cui uno Stato membro venga attaccato, correrebbe il rischio di essere coinvolta direttamente. Gli Italiani possono essere chiamati ad imbracciare il fucile e a partire per il fronte? Scopriamo insieme cosa potrebbe accadere. 

L’Italia ripudia la guerra

La posizione del nostro paese nei confronti della guerra è chiara. Lo troviamo indicato molto chiaramente nella Costituzione, nel cui articolo 11 è scritto a chiare lettere:

l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Cosa significa tutto questo? La risposta è molto semplice ed è alla portata di tutti: l’Italia non potrà partecipare ad una guerra offensiva o di conquista. Altro discorso, invece, è quella di difesa, nel cui ci dovesse essere un attacco da parte di un qualsiasi altro Stato.

Il nostro paese fa, comunque, parte della Nato. Questa è un’alleanza che è stata creata nel 1949, subito dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale. Il trattato Nato, all’articolo 5, prevede che nel caso in cui ci sia un attacco armato di un paese membro, gli altri componenti dell’alleanza hanno l’obbligo di intervenire militarmente in suo soccorso. Questo significa che se la crisi in Ucraina si dovesse allargare e dovesse coinvolgere altri paesi membri della Nato, l’Italia, come membro dell’Alleanza, avrebbe l’obbligo di intervenire ed entrare in guerra. Ricordiamo che, per il momento, l’Ucraina non è un paese membro della Nato.

L’Italia entra in guerra: le conseguenze

Torniamo alla domanda che si stanno ponendo molti nostri lettori: cosa accade nel momento in cui l’Italia dovesse entrare in guerra? In questo caso si dovrebbero applicare le norme costituzionali, che disciplinano i periodi di guerra. L’articolo 52 della Costituzione ricorda che

la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino

mentre l’articolo 78 ha previsto espressamente

le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.

Queste sono, a tutti gli effetti, delle situazioni che non possono essere preventivate anticipatamente. Questo significa che gli estremi della delega, che verrebbe concessa al Governo, compresi i poteri che gli verrebbero attribuiti, dovranno necessariamente essere decisi dal Parlamento, una volta verificata l’entità del conflitto armato e le possibili conseguenze che questo potrebbe avere per l’Italia.

Con ogni probabilità, nel caso in cui il nostro paese dovesse essere chiamato alle armi, non si andrebbe nemmeno a votare per le elezioni politiche. L’articolo 60 della Costituzione, in deroga ai principi che regolamentano la durata della legislatura a non più di cinque anni, dispone che la durata di Camera e Senato venga prorogata nel caso in cui ci sia la guerra.

Chi sarà chiamato per andare in guerra

Bene, fin qui abbiamo capito che l’Italia ripudia la guerra. Può accadere, comunque, che per rispettare gli accordi internazionali il nostro paese sia costretto ad inviare dei propri contingenti nelle zone calde. A questo punto la domanda molto diretta è la seguente: chi può essere chiamato alle armi? Ricordiamo che nel 2005 venne abolita la leva obbligatoria, ossia l’obbligo a prestare il servizio militare. A voler essere corretti dobbiamo spiegare che non è stata completamente eliminata, ma solo sospesa.

A prevedere la reintroduzione della leva obbligatoria è il Codice Militare, che ipotizza questi due casi:

  • l’entrata in guerra dell’Italia a seguito di una deliberazione adottata dal Parlamento, ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione;
  • il verificarsi di una grave crisi internazionale, nella quale l’Italia risulti essere coinvolta direttamente o in virtù di una sua adesione ad un’organizzazione internazionale, come è il caso della Nato. Questa situazione apre ad un ventaglio di possibilità leggermente più estese.

In questo momento Esercito, Marina ed Aeronautica sono composti da veri e propri professionisti, ossia da persone che hanno deciso di intraprendere la carriera militare. Sono persone che si arruolano come volontari. Altri soggetti potrebbero venire chiamati solo e soltanto nel caso in cui il personale volontario in servizio fosse insufficiente o nel caso in cui si dovesse verificare

l’impossibilità di colmare le vacanze dell’organico in funzione delle predisposizioni di mobilitazione.

Nel caso in cui si dovessero verificare queste situazioni, verrebbero richiamati, prima di tutto i Vpf, Volontari in ferma prefissata, che hanno terminato il servizio da non più di cinque anni precedenti. Non possono, invece, essere richiamati alle armi gli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile, come la Polizia di Stato, la Polizia penitenziaria, corpi di Polizia locale e i Vigili del fuoco.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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