Vinted, quando è d’obbligo dichiarare le vendite al Fisco. Tutto ciò che c’è da sapere

Una compravendita di usato su Vinted può far scattare l’obbligo di dichiararla al Fisco? In alcuni casi, sì. Ecco a cosa stare attenti e gli importi.

Una compravendita di usato su Vinted può far scattare l’obbligo di dichiararla al Fisco? In alcuni casi, sì.

Tra gli attuali 45 milioni di iscritti alla famosa piattaforma, è possibile che ci sia anche tu. Vinted è ormai un’App conosciuta in 13 Paesi del mondo, per quanto riguarda la vendita di abbigliamento e accessori già usati.

Quello che ormai è uno dei siti di shopping online di maggior successo in Europa, nasce in Lituania nel 2008. Ad attirare milioni di persone c’è sicuramente il fatto che la sua interfaccia sia molto intuitiva da realizzare.

E ovviamente, tutti colgono al volo l’opportunità di poter ricavare un po’ di denaro dalla vendita di vestiti e scarpe che ormai, per un motivo o l’altro, non usano più.

Ma, vendita dopo vendita, si monetizza e si effettuano scambi commerciali con perfetti sconosciuti. Motivo per cui il Fisco vuole essere messo al corrente.

Ecco tutto ciò che c’è da sapere al riguardo.

Vinted da dichiarare al Fisco? Ecco quando si deve fare

A volte è davvero un peccato dover dare via degli abiti indossati magari solo un paio di volte. In alcuni casi, si possono addirittura trovare capi nuovi con cartellino, magari perché acquistati in anticipo ai saldi e poi non utilizzati (si pensi al periodo del lockdown in cui non potevamo uscire di casa o ai figli che crescono e si ritrovano con un capo già troppo stretto da indossare).

Magari i capi più sfruttati si possono donare ai più bisognosi ma se i propri vestiti sono usati ma seminuovi, non c’è nulla di male a cercare di arrotondare le proprie entrate, rimettendoli in vendita.

La natura sostenibile di Vinted infatti ha senza dubbio contribuito a rafforzare il suo successo, incoraggiando gli utenti a riciclare gli indumenti usati, sia per ridurre l’impatto ambientale della moda, sia per fare beneficenza, dal momento che gli abiti non venduti si possono donare alla Croce Rossa oppure all’Oxfam.

C’è però tutto l’aspetto burocratico da gestire. Quanto si può effettivamente monetizzare su questa piattaforma? Come avvengono gli scambi commerciali di pacchi tra sconosciuti, residenti anche in due Paesi diversi?

Il Fisco vuole essere messo al corrente.

E per questo motivo ha stabilito delle regole al riguardo.

Ecco dunque che, a partire dal 1° gennaio 2023, ci sono degli utenti che sono tenuti a comunicare il modello DAC 7 alla piattaforma.

Si tratta nella fattispecie di tutti coloro che registrano più di 30 vendite nell’arco di un anno o comunque superano la soglia di 2 mila euro di transazioni annuali.

Questo modello è noto a chi effettua operazioni transfrontaliere, nell’area dell’Unione Europea.

All’interno del documento, si inseriscono le vendite effettuate, le imposte che si sono pagate e le persone a cui si è spedita la merce.

Ovviamente l’obiettivo è prevenire le frodi fiscali. Quindi il privato cittadino, che vende in maniera occasionale e non organizzata, deve comunicare queste informazioni a Vinted che si occupa in prima persona di girarle alle varie autorità competenti.

Dal punto di vista amministrativo quindi l’operazione da svolgere è molto semplice e non ci sono commissioni da versare.

Chi vende su Vinted deve pagare tasse

Il punto, come già abbiamo avuto modo di accennare, è che l’attività di vendita di abiti usati deve innanzitutto svolgersi a livello privato.

Quindi, si tratta di scambi occasionali, che non hanno carattere di continuità e non sono il risultato di un’attività organizzata o pubblicizzata.

Non si possono effettuare vendite periodiche, allo stesso cliente, confezionando ad esempio un pacco al mese con della merce.

La vendita deve risultare sporadica e, se così è, non si deve adempiere ad alcun tipo di obbligo fiscale.

Se invece l’attività s’impenna e il numero di vendite aumenta, generando un’entrata media di 160-170€ al mese, allora per il Fisco si tratta di vera e propria attività economica soggetta dunque sia ad obblighi dichiarativi che fiscali.

Quanto posso vendere su Vinted senza partita Iva

Aprire la partita Iva in Italia significa doversi mettere in regola (ergo pagare le tasse) col Fisco, nel momento in cui si intraprende un’attività economica di tipo professionale.

Questo significa che l’attività è continua, organizzata e apporta entrate regolari.

Quindi, la decisione di aprire la partita Iva non si lega all’importo guadagnato bensì alla presenza, oppure no, di regolarità nello svolgere l’attività.

Paradossalmente, si può effettuare una vendita di 100 euro una tantum e non avere problemi, mentre se le transazioni iniziano a svolgersi in maniera regolare, ecco che potrebbero verificarsi le condizioni per aprire una posizione fiscale.

Come tutelarsi quando si vende su Vinted

Ci sono delle regole a cui attenersi, nel momento in cui si decide di vendere su Vinted. Innanzitutto, una volta ricevuto l’ordine, si hanno a disposizione al massimo 5 giorni per preparare il pacco e spedirlo.

Motivo per cui, se si prevede ad esempio di stare fuori città per una settimana o più, bisogna impostare sul proprio profilo la modalità “vacanza”, altrimenti se si riceve un ordine poi si è impossibilitati a spedirlo, questo viene annullato in automatico, l’acquirente riceve un rimborso e possono scattare recensioni negative.

Il profilo deve mostrare una persona reale, pertanto è bene scrivere qualche informazione su di sé, per mostrarsi affidabili.

Una volta venduto un articolo, si prepara il pacco e si spedisce presso un punto di ritiro Vinted (basta trovare su Google) senza spese.

Natalia Piemontese
Natalia Piemontese
Consulente lavoro online e professioni digitali, classe 1977. Sono Natalia, Piemontese di cognome, pugliese di nascita e calabrese d'adozione. Laureata in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Bari, ho conseguito un Master in Selezione e Gestione delle risorse umane. Mamma bis, scrivo sul web dal 2008. Sono specializzata in tematiche del lavoro, business nel digitale e finanza personale. Responsabile del blog #mammachebrand, ho scritto un e-book "Mamme Online, come gestire casa, lavoro e figli".
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