In Italia, la Silver economy può valere il 30% del Pil

La vecchiaia è la più inattesa tra tutte le cose che possono capitare a un uomo, scriveva Lev Tolstoj.

La vecchiaia è la più inattesa tra tutte le cose che possono capitare a un uomo, scriveva Lev Tolstoj. Chi si occupa di gestire portafogli finanziari, invece, sembra pensarci con parecchio anticipo. L’invecchiamento della popolazione è infatti un fenomeno globale che si sta trasformando in una grande fonte di opportunità d’investimento. Gli esperti hanno chiamato questa tendenza Silver economy (economia d’argento), cioè l’insieme di quelle attività dedicate all’invecchiamento delle nostre società.

Se la Silver Economy fosse uno Stato Sovrano, secondo la Commissione UE, per dimensioni si posizionerebbe alle spalle solo di Stati Uniti e Cina e con un tasso di crescita stimato in un 5% annuo (un dato superiore a quello di quasi tutte le economie del mondo pre-COVID, con l’eccezione di Cina e India).

I cambiamenti nei dati demografici globali, che non riguardano solo l’età media della popolazione mondiale, ma anche la densità, il livello di istruzione e altri aspetti, determineranno un cambiamento sociale significativo e quindi sfide e opportunità nuove, sia per i governi sia per le imprese.

L’Italia, complice la sua demografia, è tra i Paesi più interessati. Ebbene, secondo l’ultimo Quaderno di Approfondimento curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, l’impatto sul Prodotto interno lordo italiano degli ultra65enni avrebbe un valore stimabile tra i 323,5 e i 500 miliardi di euro, vale a dire tra il 20% e il 30% del Pil del 2020.

Insomma, “quello dei Silver si presenta con evidenza come un bacino (di consumatori) quantitativamente e qualitativamente sempre più significativo, cui guardare forti di un approccio nuovo nei confronti del tema dell’invecchiamento, troppo a lungo considerato un peso per l’economia nazionale e per la collettività ma che, in questa transizione demografica, sarà invece una grande risorsa”, si legge nell’analisi, secondo la quale – in ultima analisi – “la sfida della longevità, se ben gestita, può diventare un’opportunità di investimento e sviluppo per il Paese”.

Non è un Paese per giovani

Per dare una dimensione numerica e circoscritta al nostro Paese, gli ultra65enni rappresentano il 23,81% della popolazione italiana, pari a circa 14 milioni di persone (di cui oltre la metà donne): una percentuale destinata a salire, secondo le proiezioni Istat, al 30% nel 2035 e fino al 35% nel 2050, quando 1 italiano su 3 avrà un’età superiore ai 65 anni. “Nonostante il severo impatto del COVID-19, che ha sì frenato ma non interrotto il progressivo scivolamento della popolazione italiana verso le età senili, l’Italia si colloca del resto ormai stabilmente tra i Paesi più longevi al mondo, con una speranza di vita a 65 anni, pari nel 2019 (ultimo anno disponibile) a 19,7 anni per gli uomini e 22,9 per le donne, dunque ben al di sopra della media europea, ma che se si considera l’aspettativa in buona salute si riduce a 10,6 anni per gli uomini e 10,2 per le donne”, leggiamo nel Quaderno.

Per valutare al meglio sia il ruolo sempre più preponderante che i Silver avranno in ambito economico sia l’implementazione di politiche pubbliche che tengano conto delle loro specifiche necessità, dall’invecchiamento attivo al rischio di non autosufficienza, la pubblicazione curata da Itinerari Previdenziali non si limita ad analizzare la questione da un punto di vista prettamente anagrafico, ma restituisce al contrario l’articolata fotografia di una popolazione da un lato sempre più “sola” e, dall’altro, caratterizzata da una condizione economica migliore e da una capacità di spesa superiore a quella delle altre fasce d’età.

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Un patrimonio importante

D’altro canto, gli over 65 si rivelano – dati alla mano – l’unica classe anagrafica il cui rischio e il cui livello di povertà è diminuito nell’ultimo decennio, così come l’unica fascia di popolazione a vedere il proprio reddito medio equivalente aumentato, di circa 300 euro, nel periodo 2006-2016 (malgrado la crisi economica) e quella meno indebitata in assoluto.

Nel complesso, il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali ipotizza un valore di 283,6 miliardi dello spendibile netto annuo dei Silver italiani. “Si tratta insomma di una patrimonializzazione importante, capace di resistere anche agli effetti della pandemia di COVID-19, e che, nei prossimi 20/25 anni, verrà in parte destinata ad ampliare i volumi dei consumi dei Silver e in altra parte trasferita a figli o parenti oggi over 40, incrementando ulteriormente il valore complessivo della Silver Economy del nostro Paese”, ha spiegato il presidente Alberto Brambilla nel ricordare che gli over-65 hanno in linea di massima una posizione familiare ed economica ormai consolidata e si trovano quindi nella maggior parte dei casi in una fase di decumulo.

Anzi, sono più propensi non solo ad acquistare o usufruire di beni e servizi riguardanti la cura della persona e della salute (assistenza, farmaci e altre spese sanitarie), ma anche in ambito ricreativo (spese per viaggi, turismo, tempo libero, strutture ricettive o di ristorazione). Dati che ribadiscono con forza come vada superata un’immagine fin troppo stereotipata degli “anziani” dediti ai soli servizi sanitari e sociali.

Opportunità da cogliere

Tutte ragioni per le quali, come rilevato dallo studio di Itinerari Previdenziali realizzato con il patrocinio di ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e FUTURAnetwork, il progressivo ampliamento della platea Silver si tradurrà positivamente nel fiorire di molte nuove attività dal grosso potenziale economico-finanziario.

D’altro canto, l’economia d’argento ha già oggi importanti ricadute sull’occupazione, destinate ad aumentare ulteriormente in futuro: secondo il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, la Silver Economy genera in Italia un’occupazione pari a circa 4,6 milioni di lavoratori. Coinvolti in particolar modo l’industria per l’abitare, la domotica e la mobilità, i settori dei servizi e del commercio, il mondo del risparmio gestito, delle SGR e delle banche, chiamato a costruire prodotti di investimento ad hoc, e il comparto assicurativo per soddisfare il più rilevante dei bisogni, vale a dire quello di avere una aspettativa di vita il più a lungo possibile in buona salute.

“In uno scenario che vede gli ultra65enni in forte aumento nei prossimi 20-30 anni, il sistema – ha chiosato il Professor Alberto Brambilla – si sta rendendo conto del potenziale di questa platea, non solo sempre più numerosa ma anche ‘ricca’ e con una forte attitudine al consumo”.

Di Valerio Baselli

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