SEO black hat: 5 strategie da evitare assolutamente!

La voglia di posizionarsi ai primi posti sui risultati di ricerca potrebbe spingerti a usare tecniche disoneste. Perchè dovresti evitare la SEO Black Hat?

Se pensiamo a 10 anni fa, la SEO ci sembrava una tecnica manipolatoria per “truccare l’algoritmo”, utilizzando tattiche utili a convincere Google che il tuo sito web era il migliore per un determinato intento di ricerca. Oggi questo comportamento è detto SEO Black Hat.

La realtà è che la vera SEO aiuta l’esperienza utente: il focus di questa particolare tecnica per l’ottimizzazione dei motori di ricerca è infatti proprio l’intento di ricerca dell’utente, quindi è una situazione in cui tutti vincono. 

Fino a qualche anno fa, l’algoritmo di Gogle aveva diverse lacune rispetto a quello moderno, quando si parla di spam. Tantissimi professionisti riuscivano – ma riescono ancora oggi – infatti davvero ad “hackerare” i motori di ricerca, con tecniche davvero poco raccomandabili. 

In questo articolo parleremo proprio di questo: cos’è la SEO Black Hat, in quali metodi consiste e perché dovresti evitarla a tutti i costi. 

Cos’è la SEO Black Hat? 

Quando parliamo di SEO Black Hat, ci riferiamo a una serie di metodologie che mirano ad “hackerare” l’algoritmo per posizionarsi ai primi posti sul SERP, aggirando e spesso violando direttamente le regole imposte da Google. Manipolano l’algoritmo a prescindere dai contenuti delle proprie pagine, così da arrivare sempre primi.

I motori di ricerca come Google o Bing rendono chiarissimi i propri termini di utilizzo, delineando ciò che si può e non si può fare. E parlano anche delle conseguenze nel caso in cui qualcuno decidesse di utilizzare metodi scorretti.

La SEO Black Hat non è quindi una garanzia di successo, anzi, più volte che no Google riesce a beccare i furbetti che la utilizzano, andando ad applicare sanzioni salatissime in termini di algoritmo. Il tuo sito potrebbe essere penalizzato a lungo termine, e tornare rilevante e autoritativo potrebbe risultarti molto difficile. 

La triste realtà è però che tantissimi professionisti poco etici ci provano sempre, con ottimi risultati all’inizio, ma una reputazione danneggiata a lungo termine. 

Perchè evitare la SEO Black Hat? 3 semplici ragioni 

Cosa potrebbe succedere se Google ti beccasse ad utilizzare tecniche “proibite”? 

Dai termini e le condizioni di Google, possiamo vedere chiaramente che le conseguenze di certe violazioni potrebbero risultare in una rimozione totale del sito web dagli indici di Google, o al più annoverarlo nella lista dei siti spam. 

Le tecniche Black Hat potrebbero sembrarti invitanti, perchè ti permetterebbero di ottenere risultati immediati e consistenti, tuttavia ecco tre ragioni per cui dovresti evitarle. 

1. Potrebbero impattare negativamente sul tuo posizionamento e sulla visibilità del tuo sito 

In primo luogo, se Google dovesse “beccarti” a utilizzare questo tipo di tecniche, le penalizzazioni che il tuo sito web potrebbe subire sarebbero così consistenti da compromettere la posizione e la reputazione del tuo sito web a lungo termine, risultando in una conseguente perdita di profitti. 

2. I risultati dell’utilizzare queste tecniche non sono a lungo termine 

Anche nei casi in cui il posizionamento e il traffico organico dovessero inizialmente aumentare grazie a queste tecniche manipolatorie, è raro che questi risultati si autosostengano a lungo termine. 

Se Google ci metterà un po’ a capire che stai utilizzando la SEO Black Hat, una volta che ciò avverrà ti troverai a perdere non solo il nuovo traffico acquisito, ma anche quello che avevi prima di farti venire in mente questa geniale idea.

3. Tipicamente si traduce in una user experience scarsa

Se c’è una cosa su cui Google lavora continuamente è l’offrire un’esperienza utente come si deve a volte addirittura a scapito dell’ottimizzazione . 

La SEO deve prima di tutto considerare l’esperienza utente, e lavorare per offrire i contenuti migliori. Tuttavia, le tecniche Black Hat fanno esattamente l’opposto. Ottimizzano sì per i motori di ricerca, ma non per l’utente. 

Quali tecniche si classificano come SEO Black Hat? 4 esempi 

Se sei agli albori della tua avventura nella SEO, è difficile spesso capire quali tecniche puoi e non puoi utilizzare. Sebbene tantissime strategie vengono insegnate come base, tantissime altre più avanzate richiedono maggiore attenzione al dettaglio. 

Ad ogni modo, assicurati di seguire sempre i consigli di esperti con una buona reputazione. Alcune tecniche su blog “oscuri”, gruppi sui social media o connessioni su LinkedIn potrebbero sembrarti strategie avanzate, ma ti guidano in realtà verso il lato oscuro della SEO. 

Più conosci queste tattiche quindi, più le eviti. Ecco le 5 più celebri a cui fare attenzione: se dovessi vederle da qualche parte, ignorale e segnalale. Violano infatti i Termini e le Condizioni di utilizzo di Google per i Webmaster. 

1. Keyword Stuffing

Ripetere eccessivamente una keyword su una determinata pagina – anche se si tratta di una parola chiave principale – non ti aiuterà a posizionarti più in alto. Anzi, succederà il contrario! 

Ripetere allo sfinimento una parola chiave andrà a impattare sulla qualità del tuo contenuto, rendendolo incomprensibile o fastidioso all’utente; in più, Google se ne accorgerà e ti penalizzarà. Le parole chiave vanno integrate nel contenuto in maniera organica, e questo può avvenire solo quando il contenuto è davvero rilevante. 

2. Contenuto generato automaticamente o duplicato

Creare un buon contenuto non è un lavoro facile e non è per tutti, tuttavia non si scappa: la qualità di un contenuto è uno dei tre fattori principali per posizionarsi ai primi posti su Google. 

Una tecnica che in tantissimi utilizzano quando si parla di SEO Black Hat è quella di generare automaticamente contenuti che abbiano al loro interno le keyword prescelte, senza in realtà offrire nessun valore aggiunto all’utente che vi si imbatte. 

Un esempio potrebbe essere una moltitudine di pagine uguali in cui cambia solo un nome o una geolocalizzazione. Google penalizza tantissimo questo tipo di comportamento, quindi assicurati di offrire sempre contenuti di qualità agli utenti senza duplicarli. 

3. Testi nascosti 

Un testo nascosto contiene solitamente parole chiave per cui si vuole rankare sparse qua e là all’interno del contenuto, nascoste tramite la formattazione del testo così da essere invisibili agli utenti. In questo modo, le keyword non inficiano sull’esperienza utente, ma si tratta comunque di una tecnica di keyword stuffing. 

Si tratta di una tecnica estremamente manipolatoria che però viene utilizzata fin troppo spesso per il keyword stuffing. Tantissimi professionisti utilizzeranno tutte le tecniche possibili per inserire tutte le parole chiave attraverso le quali vorranno posizionarsi sui motori di ricerca. 

In realtà è un tentativo truffaldino di nascondere completamente un testo – quindi non di metadati come la descrizione delle immagini o lo snippet per i motori di ricerca. L’utilizzo dei testi nascosti è sconsigliatissimo, perché i crawlers di Google riescono immediatamente a identificarlo e segnalarlo come spam. 

4. Pagine di transizione 

Creare pagine che si focalizzano specificatamente in determinati intenti di ricerca – e che fungono solo come un passaggio verso un altro contenuto che non centra niente. Google considera scorretto questo atteggiamento, e ne sconsiglia l’utilizzo. 

Alcuni esempi possono includere: 

  • Creare pagine che si focalizzino su una determinata area geografica anche se la tua azienda non opera in quella località specifica. 
  • Pagine create esclusivamente per posizionarsi in intenti di ricerca specifici che però non incontrano le esigenze dell’utente

La SEO Negativa: quando attacchi un sito web altrui

Esiste un metodo di SEO Black Hat specifico per fare concorrenza sleale ai competitors: l’hacker andrà quindi non ad applicare queste tecniche sul proprio sito web, ma su quello di un diretto rivale, danneggiando così la sua reputazione e il suo posizionamento. 

Questo si traduce in utilizzare tecniche di SEO Black Hat su siti web altrui, e non sul proprio, danneggiando così il posizionamento di qualcun altro senza intaccare il proprio lavoro. Un comportamento estremamente poco etico. 

In poche parole, si parla di puntare un vasto numero di link dannosi a un sito web specifico, nella speranza di penalizzarli. Sebbene questa tecnica non sia molto utilizzata, perché richiede tempo e risorse per essere implementata, è bene sempre farvi attenzione. 

Specialmente se il tuo sito web è uno dei migliori nel tuo settore, potresti attirare le invidie di competitors poco corretti. Analizza regolarmente il tuo profilo link tramite strumenti esterni per verificare che qualcuno non stia tentando di sabotarti tramite la SEO negativa. 

Evitare la SEO Black Hat utilizzando tecniche genuine

Ti starai chiedendo ora come comportarti se noti che qualcuno sta utilizzando delle tecniche di SEO Black Hat, specialmente se si tratta di SEO negativa che danneggia il tuo sito web

Prima di tutto, apri un ticket di segnalazione spam con Google Sebbene segnalare un sito web non si traduce necessariamente in un’azione decisiva, aiuti l’algoritmo a comprendere meglio i comportamenti scorretti. 

Come professionista, potrebbe risultare scoraggiante vedere un sito web che “bara al gioco” posizionarsi per primo e farla franca. Sebbene l’algoritmo di Google migliori di giorno in giorno, spesso questo non è abbastanza. 

Tuttavia, man mano che le tecniche si raffinano e modificano, Google tenta sempre di rimanere al passo, e quindi non è raro veder penalizzato un sito che utilizza questo tipo di tecnica. 

Quindi, il consiglio che ti diamo è di evitare la SEO Black Hat a tutti i costi: se vorrai incrementare il tuo posizionamento sui risultati di ricerca, esistono centinaia di tecniche genuine che non compromettono l’esperienza utente e che ti aiutano a rimanere rilevante e autoritativo. 

L’ottimizzazione per i motori di ricerca di un sito web è una procedura lenta ma genuina, che ti garantirà un posizionamento solido a lungo termine – e uno stuolo di clienti fidelizzati. 

Perché non dare un’occhiata ai nostri consigli SEO sulla pagina dedicata di Trend Online? 

Francesca Di Feo
Francesca Di Feo
Copywriter SEO e Social Media Manager per piccole e medie imprese, classe 1994. Ho studiato Scienze Politiche e Sociali presso l'Istituto Federico Albert. Grazie al mio ruolo di Project Manager e Writer nell’ambito del programma Erasmus + ho sviluppato un forte interesse sui temi della Transizione Ecologica e Digitale. Appassionata da sempre di scrittura e tecnologia, ho continuato a formarmi autonomamente su come farne un lavoro attraverso il Marketing Digitale. Attualmente sono redattrice per Trend Online e Social Media Manager per due piccole aziende, e sto lavorando per costruire Valade D’Lans, Travel Blog sulle Valli di Lanzo, gioiello montano piemontese.
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