Russia esclusa dallo SWIFT: 5 conseguenze sull’economia!

Crollo del rublo, banche in ginocchio, produttori di autoveicoli si ritirano dal commercio, i giganti del web boicottano la Russia, sequestri agli oligarchi.

Nonostante le iniziali riserve di molti capi di stato, tra cui Mario Draghi, e della stessa Wall Street, gli effetti dello SWIFT che estromettono la Russia dalla possibilità di avvalersi di sistemi di pagamento tracciabili, celeri e sicuri, iniziano a vedersi.

L’isolamento dell’oligarca Putin sta trovando, passo dopo passo, il suo compimento.

La Banca Centrale Europea afferma che la filiale sita in Austria del principale istituto bancario rusoo, Sberbank, si avvia verso la procedura fallimentare.

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Ma non è tutto:

A parte la regina di tutte le sanzioni, bloccando le riserve in moneta estera, l’occidente ha trafitto il cuore della Banca Centrale Russa, e di coseguenza ha fatto tremare Mosca.

dice il sito ispionline.it mettendoci davanti a un’evidente deficit strategico, qualcosa che il Cremlino non aveva calcolato bene: erano convinti di avere abbastanza fondi per evitare il crollo del rublo.

Infatti, nel 2014, per fronteggiare le azioni punitive d’occidente in seguito al fatto di aver incorporato la Crimea, la Banca Centrale riuscì a cavarsela nonostante le ingenti perdite: parliamo di circa centosettanta milioni di dollari estratte dalle riserve di valuta internazionale.  

Da allora infatti la Russia non ha fatto altro che incrementare le misure necessare per l’aumento di tali riserve, al fine di affrancarsi progressivamente dal dollaro.

Stavolta, contare sulle riserve non sarà possibile perchè i paesi dell’alleanza atlantica han giocato d’anticipo: oltre al divieto imposto alla Banca centrale di cedere le proprie riserve in cambio di dollari yen o euro, sono state congelate le riserve che han trovato deposito nei paesi sanzionatori.

Quello a cui ha dovuto ricorrere la Russia non sarà certo indolore per la sua popolazione: si parla di un’aliquota sul tasso di interesse chiave più che raddoppiata, con gravi ripercussioni su mutui e prestiti.

Inoltre, nel tentativo di evitare un deficit di liquidità, Mosca ha imposto ai cittadini il veto di partire dal paese con più dell’equipollente di diecimila dollari e di spostare i propri conti altrove. 

Nessuna delle misure adottate sembra per ora poter evitare lo schianto fatale del rublo: anche con la proibizione agli investitori di cedere i propri asset al di fuori dai confini russi.

A quanto pare lo SWIFT, inizialmente un po’ temuto, un po’ sottovalutato, sta affondando la nave verso cui è stato sparato come un colpo di cannone. Gioiamo per il graduale isolamento di Putin, non solo dai mercati, ma anche dai suoi amici oligarchi che gli stanno voltando la schiena.

Dispiace per la popolazione civile russa, che a quanto pare sta andando davvero incontro alla recessione economica che la NATO aveva architettato e auspicato per penalizzare Putin e il suo governo guerrafondaio.

Ford e le altre: sospese le attività in Russia

Il provvedimento tempestivo di Ford resterà attivo finchè le cose non cambieranno radicalmente, come da comunicato stampa dell’importante casa di produzioni di autoveicoli.

Aggiunge nel suo comunicato stampa, peraltro, che Ford è in estrema apprensione per le sorti della popolazione civile e per la situazione globale, per come si è configurata in seguito all’allusione al possibile utilizzo di armi nucleari.

Tale avviso suona non solo come una legittima volontà dell’azienda di proteggere i propri interessi, ma anche come una presa di posizione, umanitaria e politica, che le fa onore. Va detto inoltre che la partecipata Ford Sollers, che comprende quindi anche le quote della russa Sollers, ha devoluto centomila dollari alla causa Ucraina.

Il sostegno economico a soggetti e famiglie drammaticamente coinvolti nel conflitto conferma il lustro e la credibilità dell’azienda americana, che non è rimasta insensibile alla sofferenza di un popolo.

Volvo è stata quella che ha creato il precedente: la prima a congelare le proprie vendite in Russia, già dalle prime avvisaglie dello SWIFT.

Toyota ha bloccato invece la produzione nello stabilimento di San Pietroburgo, annunciando anch’essa tale provvedimento con un comunicato dove si augura la raggiunta di un accordo di pace quanto prima.

Stellantis, che aveva in programma di allargare la propria produzione industriale in Russia ha fatto marcia indietro e ora si sta guardando intorno per cercare altri luoghi dove far sorgere dei nuovi stabilimenti.

BMW, per un problema legato al fatto di reperire materie prime e per una forma di cautela, decide di chiudere per il momento tutti gli stabilimenti europei, mantenendo attivi solo quelli statunitensi, cinesi e messicani.

Apple sospende rapporti in Russia

Da dire che Apple con la Russia ci è andata giù pesante, e lo ha fatto su più fronti.

Sono state tolte le app di matrice russa dall’App Store, ritirare dalle mappe qualunque informazione che potrebbe essere usata contro i civili ucraini e limitare le transazioni con Apple Pay sulla Russia. 

questi i provvedimenti dell’azienda nata a Cupertino, cofondata da Steve Jobs, come descritto sul sito news.mrw.it e viene da pensare che Jobs sarebbe stato assolutamente concorde.

L’imprenditore Tim Cook e colleghi sono ufficialmente schierati contro ogni forma di violenza e sopraffazione, penalizzando a loro volta il territorio russo, cercando con i propri mezzi di mettere i bastoni tra le ruote degli invasori.

E si sono fatti intendere benisimo. I russi al dato attuale non possono visualizzare intere porzioni di mappe.

Non c’è un limite temparale a quelle che possiamo ridefinire come “le sanzioni di Apple”: un monito che può significare che se le cose non cambiano e non si sancisce un accordo di pace, bye bye hi-tech.

Va inoltre ricordato che prima che l’azienda si pronunciasse in tal senso il commercio dei suoi prodotti era già stato interrotto, così come accaduto a gran parte delle spedizioni in generale, per l’impedimento del trasporto via cielo e via mare.

Twitter, Google e Meta seguono Apple

Quello che ha il sapore di un boicottaggio e di una presa di posizione dei giganti del web, si estente anche allo stesso Google:

Google, non consente la compravendita e la pubblicità russa neanche utilizzando la funzione search.

leggiamo su dday.it

Oltre a impedire ai media di regime di avvalersi ogni tipo di pubblicità e monetizzazione dei loro contenuti, sarà loro precluso l’uso di vari tools, compreso banalmente il fatto di comunicare tramite Gmail. 

Accolta anche l’istanza del primo ministro ucraino Mykhailo Fedorov, per la quale l’accesso ai canali ucraini mediante Youtube da parte dei russi sarà del tutto impraticabile.

Le decisioni imposte alla Russia dai colossi tecnologici si avviano quindi sulla falsa riga del tracciato segnato dal comparto sportivo, dell’intrattenimento e quello fieristico: tutte realtà con un indotto piuttosto importante. 

La Russia è sempre più sola e se non cesserà i soprusi sull’Ucraina lo sarà sempre di più, fino a conseguenze complesse da immaginare.

Twitter attualmente impedisce il login e l’attivazione di account russi, con la sospensione della pubblicità tra i due paesi in conflitto per non spostare l’attenzione da quelli che dovrebbero essere i canali informativi ufficiali, pur essendo al corrente del fatto che molti possono ancora avvalersi dell’utilizzo di VPN per mascherarsi.

Meta agisce principalmente tramite le restrizioni su Facebook: i media di affiliazione russi sono estromessi da ogni forma di guadagno tramite la piattaforma.

Inoltre META ha messo in guardia i cittadini dell’Ucraina, con un invito a cambiare le impostazioni della privacy al fine di far visualizzare i propri contenuti solo a utenza di cui si conosce la vera identità, togliendo anche la possibilità di cercare cittadini ucraini sul suo motore onde evitare di renderli vulnerabili.

Le sanzioni colpiscono gli oligarchi

I governatori d’occidente sembrano ben agguerriti e intenzionati a non dare tregua all’oligarchia, colpendola nei suoi beni più preziosi.

L’elitè amica di Putin passerà dei brutti momenti.

Le sanzioni stanno facendo sanguinare il popolo russo, perchè chi è già prostrato è il primo a risentirne, ma stavolta sembra ci sia tutta la determinazione necessaria a non lasciarsi sfuggire neanche coloro che sono talmente pieni di capitale che tanto, se la cavano sempre.

La sinergia tra azioni atte a indebolire determinati soggetti, persone, vicine a Putin e le punizioni di tipo sanzionatorio collettivo dovrebbe creare un gorgo a cui resistere non dovrebbe essere facilissimo.

Alcuni Stati dell’UE hanno preso di mira gli oligarchi col sequestro di yacht e altri beni di lusso, che è una circostanza senza precedenti. Alcuni di questi beni possono creare dei buchi di capitale che non lascerebbero indenne neppure il più potente e baldanzoso dei miliardari.

Ed è come piazzare una bomba sotto il fortino degli oligarchi. Basta feste lussuose, basta annegare sè stessi nello sfarzo come se là fuori nessuno stesse morendo per consentirvi un tenore di vita al di fuori da ogni immaginazione per coloro che adesso, partono da una città distrutta con un fagotto e un gatto.

Vien quasi da citare quel vecchio titolo: anche i ricchi piangono.

E speriamo che lo facciano, perchè l’oligarchia i suoi danni li ha fatti, sostenendo politiche discutibili dopo aver sancito accordi di dubbia moralità e conflitti d’interesse dentro le stanze del potere.

I grandi colossi economici del mondo si stanno schierando: verrà il momento di schierarsi anche per gli amici di Putin, se non vogliono rischiare di perdere tutto.

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