Google e Facebook ancora insieme e questa volta complici di una manipolazione volontaria del prezzo delle inserzioni pubblicitarie, sia per i grandi inserzionisti che per chi usa Google Ads, che ha il carattere di una vera e propria truffa e su cui c’è una causa in atto in USA, intentata dai procuratori di più d’una dozzina di Stati.
Le rivelazione e le prove sono venute a galla qualche giorno fa e riportate dalle principali testate internazionali, nell’ambito di una serie di documenti desecretati che riguardano un’azione legale iniziata più di un anno fa e di cui sono stati finalmente rivelati, per ordine federale, i documenti almeno in parte.
L’articolo che ha portato alla luce questa notizia, insieme al contenuto dei documenti desecretati, è il The Wall Street Journal, in un pezzo il cui contenuto viene ripreso anche dal The Guardian e altre testate molto note.
Stando a quanto si apprende dal WSJ, sia Sundar Pichai, CEO di Google, che Mark Zuckerberg, il CEO di Facebook, avrebbero volontariamente manipolato le vendite pubblicitarie e stretto tra loro un accordo, con alcune parti oscure e non rese pubbliche, ovviamente il tutto fatto allo scopo di aumentare i profitti e assicurarsi il monopolio nel mondo della pubblicità digitale, usando sistemi non legali, compresi software che influenzano le aste.
Di cosa è accusata Google USA rispetto alle inserzioni pubblicitarie?
L’azione legale che vede Google protagonista di questa che, a quanto si apprende dagli ultimi documenti rivelati, è una vera e propria manipolazione delle vendite, risale a dicembre 2020, con l’azienda accusata di aver gonfiato i prezzi delle inserzioni. L’accusa è stata presentata al tribunale di New York e sottoscritta da più di una dozzina di procuratori generali dei vari Stati USA.
Il contenuto dei documenti presentati nell’ambito della causa giunge a noi solo in questi giorni perché è stato ordinato da poco che essi fossero desecretati.
Google, secondo l’accusa, avrebbe volontariamente influito sui processi delle aste gonfiando il prezzo è usando software in segreto che diminuivano i costi per alcuni marchi, ma aumentavano il prezzo agli editori, cioè gli acquirenti degli annunci.
Apriamo una piccola parentesi e spieghiamo che, ovviamente, nel mondo digitale una determinata azienda paga per avere la propria pubblicità che gira su internet, mentre i siti su cui la pubblicità appare sono anche loro ricompensati.
Cioè, esiste un soggetto che mette a disposizione uno spazio pubblicitario e un altro soggetto che lo acquista, per gli Ads questo rapporto di compravendita viene regolato da piattaforme esterne.
Ora, l’accusa mossa a Google, in accordo con Facebook, è che gestendo lo scambio la prima avrebbe comunicato alle parti chiamate in causa prezzi diversi, manipolando le aste, al fine di espandersi e dominare il mercato pubblicitario.
Tra i documenti venuti alla luce appaiono anche messaggi interni dei dipendenti di Google secondo cui la società stava usando “insider information” per imporre il suo monopolio digitale.
Ovviamente, Google sostiene che la causa abbia inesattezze e ovunque e che non sono mai state commesse manipolazioni e che il tutto è perfettamente legale, in ogni suo aspetto.
La notizia viene riportata anche dal video YouTube di Business Insight:
Come ha fatto Google secondo l’accusa a manipolare i prezzi degli Ads?
Scendiamo nei dettagli tecnici di come si sarebbe consumato l’inganno di Google, cioè spieghiamo come avrebbe fatto praticamente l’azienda a manipolare le vendite delle inserzioni pubblicitarie.
Google per gestire i prezzi delle aste pubblicitarie usa una serie di programmi chiamati: Project Bernanke, Reserve Price Optimization e Dynamic Revenue Share.
Attraverso tali software, secondo l’accusa, venivano manipolati in segreto i prezzi delle aste, ad esempio, Google avrebbe indotto molti inserzionisti a credere che stessero partecipando all’asta per il secondo prezzo più alto, per la piattaforma AdX, ma Project Bernanke avrebbe in automatico cancellato la seconda offerta più alta e fatto vincere al suo posto la terza, cioè un’offerta minore, privando così l’editore del guadagno.
Agli inserzionisti però sarebbe comunque stato addebitato il costo della seconda offerta più alta, così che questi pagassero in eccesso e Google potesse tenere per sé questo extra.
Dello stesso programma fu creata una seconda versione Global Bernanke, che invece è stata accusata di aver gonfiato i prezzi dello strumento per i piccoli inserzionisti, cioè il ben noto Google Ads, allora chiamato AdWords.
Inutile dire che i portavoce di Google si difendono sostenendo anche in questo caso sostenendo che non esiste nessuna manipolazione segreta dei programmi, che anzi vengono costantemente ottimizzati.
Che cosa c’entra Facebook in tutto questo? Perché è coinvolta nell’azione legale contro Google?
A questo punto molti si chiederanno, che c’entra Facebook in tutto questo?
Facebook c’entra perché dai documenti appaiono le prove di un accordo pubblico solo in parte, ma fatto di clausole segrete, tra l’azienda e Google, per cui alla prima sarebbe stato garantita una determinata percentuali di annunci a discapito dei concorrenti.
E sembra anche che alcune e-mail in merito alla parte riservata e illecita di questo accordo siano state inviate direttamente da Zuckerberg, mentre non è chiaro se anche il CEO di Google, come sostiene chi accusa, sia personalmente coinvolto. Questo perché a quanto sostengono i portavoce dell’azienda nel corso dell’anno vengono approvati molto documenti relativi ad accordi senza che sia necessaria la firma del CEO, I portavoce di Google sostengono anche che per quanto Pichai sapesse dell’accordo che non è segreto, non avrebbe ami approvato tali pratiche scorrette di cui è accusata l’azienda.
Ad ogni modo, questo aspetto sarà determinante per chiarire le responsabilità personali del CEO dal punto di vista legale, ma non sottrae Google dalle sue responsabilità aziendali.
Il Senato USA prepara la Legge contro Google: internet come le ferrovie!
La causa è partita dallo Stato del Texas, ma comprende più di una dozzina di Stati anche perché più Google aumenta i prezzi delle pubblicità, più questo ha ripercussioni sul prezzo finale dei prodotti stesso per i consumatori.
In queste pagine abbiamo cercato di riassumere e schematizzare, ma il funzionamento delle inserzioni pubblicitarie digitali è complesso e il problema principale che le società lamentano è che Google lo gestisce da ogni punto di vista, detenendo di fatto il monopolio sul mercato.
Intanto, sempre a quanto riporta il WSJ, in America il Senato prepara un disegno di legge che imporrebbe a Google le stesse regole che nel paese vengono applicate per gli operatori ferroviari, cioè con il divieto di trarre vantaggio dal fatto che si posseggono le piattaforme, rispetto ad altre società che operano sulle stesse.
Anche il rapporto Google-Apple al centro di questioni legali negli USA
Se in questa questione legale che coinvolge Google e Facebook (ora Metà) il grande assente sembra Apple non è così.
Poiché i rapporti Google-Apple sono al centro dell’accusa in California e al centro della questione un accordo tra le due società, per cui Apple rinuncia ad ogni tipo di competizione con Google, nell’ambito dei motori di ricerca web, lasciandole il predominio e in cambio riceve però una parte dei sui profitti su questo. Ovviamente, il tutto corredato da un impegno comune a schiacciare i concorrenti e anche da un trattamento preferenziale che Google ha sui dispositivi Apple.
Anche in questo caso la denuncia e la causa chiamano in causa le tariffe delle inserzioni pubblicitarie influenzate da Google al fine di detenere l’assoluto monopolio.