Riforma pensioni: novità e probabile blocco causa guerra!

La Riforma delle Pensioni avrebbe dovuto vedere la luce nel 2023 ma, a causa della guerra in Ucraina e di dissidi interni al governo, ciò non avverrà.

La tanto attesa Riforma delle Pensioni che avrebbe dovuto impedire il temuto ritorno alla Legge Fornero e che avrebbe dovuto vedere la luce nel 2023, potrebbe restare bloccata a causa della crisi in Ucraina.

Non possiamo dire che la Riforma delle Pensioni stesse procedendo spedita, visti i contrasti e i pareri opposti di partiti politici, appartenenti al Governo, gli strascichi politici della corsa al Quirinale e la mancanza di un tavolo di confronto tra governo e sindacati, fermo da più di un mese, dopo essere stato rinviato l’incontro del 7 febbraio.

Voci di corridoio provenienti dal Governo parlando di un eventuale nuovo tavolo di confronti con i sindacati tra qualche giorno, verso la metà di questo mese di marzo.

Riforma pensioni: al momento c’è una sola certezza, Quota 102

Dopo la scadenza di Quota 100, avvenuta il 31 dicembre 2021, che ha portato all’uscita anticipata dal mondo del lavoro di 166mila lavoratori privati e 107mila lavoratori pubblici, il governo ha previsto una misura ponte: Quota 102, ovvero la possibilità di andare in pensione dopo aver compiuto 64 anni e 38 anni di contributi previdenziali versati. 

La Legge di Bilancio ha stabilito che Quota 102 durerà per tutto il 2022, anche se, nel caso in cui la Riforma delle Pensioni non dovesse andare in porto nel 2023, Quota 102 potrebbe essere prolungata anche per l’anno prossimo. Per tutto il 2022 si potranno utilizzare anche l’Ape sociale e Opzione donna.

Ora l’obbiettivo prioritario del Governo Draghi è attuare il Pnrr, arginare i nefasti effetti del caro bollette e tentare di proteggersi dalle ricadute economiche della guerra in Ucraina.

Riforma pensioni, se non verrà varata nel 2023, cosa potrebbe accadere?

A causa dei problemi geopolitici, della guerra, ma anche delle discordanze esistenti nel Governo stesso e tra i partiti politici, è molto probabile che la Riforma delle Pensioni non vedrà la luce nemmeno nel 2023, a quel punto,  non si esclude la possibilità che la misura ponte di Quota 102 che sarebbe dovuta durare solo fino a fine 2022, possa essere prolungata anche per tutto l’anno prossimo.

Questa misura è molto importante per tutti coloro che avevano visto in Quota 100 la possibilità di poter andare in pensione anticipata.

Anche per prendere una tale importante decisione, è necessario che si instauri, finalmente, un tavolo di confronto tra sindacati e Governo. I ministri Andrea Orlando e Daniele Franco avrebbero dovuto incontrare i leader sindacali il 7 febbraio, ma ciò non è avvenuto. Come abbiamo accennato prima, adesso si vocifera che tale incontro avverrà verso la metà di marzo, ovvero tra qualche giorno.

I sindacati hanno dichiarato che, ad oggi, sono ancora in attesa di una convocazione ufficiale da parte del Governo Draghi. Ci mancava solo la guerra in Ucraina per far di nuovo cambiare tutte le date dell’agenda di Governo.

Riforma pensioni bloccata: c’è il pericolo di tornare alla Legge Fornero?

Con il congelamento della Riforma sulle Pensioni, si ritornerà alla Legge Fornero o si cercherà una soluzione più flessibile?

I sindacati sono tornati alla carica chiedendo l’applicazione di una pensione per tutti coloro che hanno compiuto 62 anni di età, indipendentemente dai contributi versati, oppure per tutti coloro che hanno versato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Quindi basterebbe il raggiungimento di una delle due condizioni per poter andare in pensione. Il governo aveva ribadito la disponibilità a valutare questa soluzione se si fosse basata, però, interamente sul calcolo contributivo. 

Comunque, se si trovasse l’accordo su questo punto, sarebbe un modo per evitare certamente il ritorno all’odiata Legge Fornero.

Sul tavolo anche la proposta del Presidente dell’Inps, Tridico: andare in pensione a 64 anni con il calcolo contributivo e aggiungervi una quota retributiva solo al raggiungimento del limite di vecchiaia.

Insomma le proposte non mancano, ma il tempo da dedicare seriamente a questa riforma, pare proprio di sì.

Riforma pensioni: che ne sarà di Ape sociale e Opzione donna?

La consapevolezza che la riforma delle pensioni potrebbe non essere approvata nemmeno l’anno prossimo, rende il futuro incerto, anche quello riguardante alcune misure di uscita anticipata come l’Ape Sociale e Opzione donna, molto utilizzate sinora.

Entrambe sono state prolungate fino a fine 2022, proprio in funzione del fatto che nel 2023 ci sarebbe stata la Riforma delle Pensioni. Ma se così non sarà, cosa avverrà a queste due misure?

L’Ape sociale è uno dei punti cardine dei sindacati che vorrebbero renderla strutturale e definitiva e vorrebbero anche ampliare la platea dei beneficiari, allungando la lista dei lavoratori impegnati in lavori gravosi e usuranti.  

Per quanto concerne l’Ape sociale, se doveste volerne usufruire, non dimenticate che questo scivolo non può superare un importo mensile di 1.500 euro. Se il calcolo pensionistico dovesse portare ad un risultato maggiore di 1500 euro, la mensilità sarà ridotta fino ad arrivare alla suddetta cifra. Per le pensioni molto ricche, dunque, l’Ape sociale non è particolarmente conveniente. 

Opzione Donna, invece, anch’essa prorogata fino a fine 2022, è uno scivolo pensionistico che dà la possibilità alle lavoratrici di andare in pensione con almeno 35 anni di contributi previdenziali versati e un’età anagrafica di 58 anni, se si parla di lavoratrici private, o di 59 anni se si parla di lavoratrici della Pubblica Amministrazione.

Il Ministro Orlando vorrebbe renderla strutturale, contrariamente a quanto vorrebbe Draghi. Per renderla strutturale lo Stato spenderebbe in un anno circa 100 milioni di euro per favorire. Sarebbero circa 29.500 le lavoratrici ad averne diritto, secondo le stime riportate da Il Sole 24 Ore, ma si prevede che ne usciranno circa 17.000.

L’impatto sui bilanci pubblici è basso, anche perché Opzione Donna viene liquidata interamente con il calcolo contributivo.  

Riforma delle Pensioni: la proposta di poter restare a lavoro, se lo si vuole, fino ad un massimo di 70 anni

Sì sul tavolo c’è anche questa proposta. Chi dovesse desiderarlo potrebbe restare così a lavoro dai 66 anni ai 70 anni di età e potrebbe guadagnare un incentivo dell’1,5% all’anno.  

In questo modo ci sarebbe una sorta di separazione tra previdenza e assistenza; Opzione Donna e Ape Sociale potrebbero diventare strutturali e definitivi come scelte di pensione anticipata; uscita anticipata dal mondo del lavoro senza penalizzazioni per casi particolari di disoccupazione, lavori usuranti, malattia e invalidità;

Si sta pensando anche ad una no tax area per le pensioni fino a 10.000 euro, eliminare le addizionali per le pensioni fino a 30.000 euro e indicizzazione delle pensioni al 100% a causa dell’inflazione.

Riforma pensioni bloccata: ipotesi pensioni anticipate per tutti nel 2023

Visto il blocco della riforma delle pensioni anche nel 2023, il Governo potrebbe decidere di ampliare la possibilità di pensione anticipata a tutti, secondo alcuni requisiti. Ma il lavoratore dovrebbe essere disposto a perdere una cifra a causa di un taglio sull’assegno mensile che effettuerebbe l’Inps. A questo proposito, i sindacati propongono Quota 41

Quota 41 permetterebbe a tutti di andare in pensione con 41 anni di contributi previdenziali versati e nessun’altro requisito da soddisfare; con un assegno mensile calcolato sempre con un sistema misto contributivo/retributivo.

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