TFR, non sempre viene rimborsato subito: ecco quando viene pagato

Il pagamento del TFR non è immediato, anzi il più delle volte può essere rimandato, o addirittura sospeso. Ecco quando viene pagato

Il rimborso del TFR alla fine di un contratto di lavoro non è sempre immediato, anzi il più delle volte può essere rimandato.

Dipende anche dal tipo di posto di lavoro che s’è lasciato, e anche dal modo. Il Trattamento di Fine Rapporto non è garantito sempre al 100%, perché vanno considerati diversi aspetti, molti dei quali legati al rapporto che c’era tra lavoratore e datore di lavoro.

Inoltre il TFR non va visto come un regalo d’addio, anzi il TFR va visto a tutti gli effetti come una prestazione dovuta, pertanto sottoposta ad una regolamentazione specifica.

TFR, non sempre viene rimborsato subito: ecco quando viene pagato

Intanto guardiamo all’aspetto “temporale” del TFR, ovvero entro quando viene pagato dall’ex datore di lavoro.

Nel caso dei dipendenti privati, ovvero nella maggioranza dei casi, il TFR viene liquidato insieme all’ultima busta paga. Al massimo l’azienda può provvedere al rimborso entro 45, massimo 60 giorni dal termine del rapporto lavorativo.

A titolo d’esempio, se il licenziamento è avvenuto a metà del mese, il TFR verrà corrisposto alla fine del mese successivo, al massimo alla fine del secondo mese successivo. Tuttavia, in alcuni casi può essere pagato in un momento successivo, ma entro un anno dalla fine del rapporto di lavoro.

Attenzione però al caso del dipendente pubblico. Nel caso di lavoratori statali, i tempi per la liquidazione del TFR possono andare dai 12 ai 24 mesi, o anche di più se la somma prevista dal TFR risulta molto alta.

Se l’ammontare del TFR maturato (o meglio del TFS, Trattamento di Fine Servizio, in caso di uscita previdenziale) risulta superiore a 50.000 euro, esso può venire suddiviso su più rate annuali.

Questa disposizione può essere un problema per chi voleva utilizzare il TFR/TFS per eventuali progetti o investimenti. Si raccomanda di fare riferimento al CCNL col quale è stato sottoscritto il contratto di lavoro. In genere la liquidazione del TFR non cambia in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, ma tutto questo dipende dal CCNL di riferimento.

Quando non ti spetta il TFR

Ci sono purtroppo dei casi in cui il TFR non può essere richiesto, o addirittura non potrà venire pagato assolutamente.

Non si potrà richiedere il TFR se esso viene destinato alla formazione della pensione complementare, ovvero ad un fondo pensione che garantisce una serie di benefit, purtroppo non permette una liquidazione immediata rispetto al semplice TFR.

Altri casi in cui non può venire corrisposto è quando il dipendente vuole utilizzarne parte del TFR per l’acquisto della prima casa o per spese sanitarie. Nel caso di anticipo pari al 70%, alla fine del rapporto di lavoro il lavoratore riceverà solo il 30% rimanente.

A sua volta, se c’è un debito in essere col datore di lavoro, l’importo del TFR può venire utilizzato come compensazione.

Se invece è il datore del lavoro ad essere indebitato, al punto da fallire, addirittura il TFR può non essere liquidato al lavoratore.

È un caso particolare, abbastanza raro. La liquidazione del TFR in caso di azienda fallita o insolvente può diventare un problema per il lavoratore.

L’ex dipendente mantiene sempre il proprio diritto a ricevere il TFR, ma solo se riesce ad inviare una diffida al proprio ex datore di lavoro entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro, altrimenti scatta la prescrizione e perde il diritto al TFR.

Da una parte, avviare un procedimento risarcitorio ai danni dell’ex datore di lavoro può richiedere diverso tempo, visto che subentrano una serie procedure lunghe e complesse per ammettere i dipendenti al passivo fallimentare dell’azienda.

Ma dall’altra si ha il vantaggio di avere la precedenza sugli altri creditori. E anche nel caso malsano in cui l’azienda non abbia alcuna liquidità, pur avendo provveduto a seguire tutto il procedimento, l’INPS potrà garantire la copertura del TFR dovuto con il suo fondo di salvaguardia.

A quanto ammonta il TFR a fine servizio o in caso di licenziamento

Il TFR deve seguire un preciso calcolo, come stabilito dall’articolo 2120 del Codice Civile. Bisognerà dividere la retribuzione annuale per 13,5 e poi sommare una quota per ogni anno di lavoro effettuato.

Nel caso di mansioni di durata inferiore ad un anno, bisognerà sommare la quota TFR accantonata ogni mese, o vedere direttamente alla voceTFR accantonamento annuo” sull’ultima busta paga.

L’importo accumulato nel corso degli anni può essere soggetto ad una detrazione, una piccola quota, che viene sottratta come contributo al FAP (Fondo Adeguamento Pensione). Tale quota verrà poi rivalutata all’inflazione, secondo l’indice rilevato dall’Istat dei prezzi al consumo.

A titolo d’esempio, calcoliamo un TFR maturato in un anno su una RAL di 25.000 euro. Dividendo per 13,5, si ottiene 1851,85 euro. Detraendo la quota per il FAP, pari allo 0,5%, si ottiene 1,726,85 euro.

Dopo il primo anno accantonato, bisognerà sommare la rivalutazione ISTAT per il 75% dell’indice di aumento dei prezzi individuato per l’anno di riferimento.

Ricordiamo che il TFR ordinario prevede una ritenuta del 23% in sede di liquidazione, ma in caso di fondo pensione si avrà diritto ad una tassazione agevolata. All’interno della liquidazione sono previste anche le ferie non godute, gli scatti di anzianità e gli straordinari continuativi, mentre non contribuiscono al conteggio le indennità di trasferta o i rimborsi spese.

Seguici
161,688FansLike
5,188FollowersFollow
797FollowersFollow
10,800FollowersFollow

Mailing list

Registrati alla nostra newsletter

Leggi anche
News Correlate