Chi era Nicoletta Golisano, amica della premier Meloni e vittima del killer di Fidene

La storia di Nicoletta Golisano: chi era la commercialista amica della Meloni, morta per mano del killer di Fidene.

Doveva essere una normale mattina quella di ieri, 11 dicembre. In diversi si erano riuniti per fare una normale riunione consorziale, una delle tante che avevano già fatto.

Poi, all’improvviso, appare un 57enne, disperato, accecato dalla rabbia, e armato.

E’ Claudio Campiti, quello che oggi viene soprannominato “il killer di Fidene”. Tira fuori la pistola e spara 7 colpi (la pistola s’inceppa).

Solo i primi tre colpi vanno a segno, e colpiscono a morte tre donne: la 71enne Sabina Sperandio, la 50enne Elisabetta Silenzi.

E la 50enne Nicoletta Golisano.

Chi era Nicoletta Golisano, amica della premier Meloni e vittima del killer di Fidene

Nata nel 1972, Nicoletta Golisano non era solo una professionista, ma anche amica dell’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

La stessa premier ha voluto ricordarla in un post su Facebook, raccontando di quanto Nicoletta Golisano fosse “una mamma protettiva, un’amica sincera e discreta, una donna forte e fragile allo stesso tempo“.

Di Nicoletta Golisano sappiamo quanto riporta la premier stessa: madre di “uno splendido bambino di dieci anni, Lorenzo“, nonché moglie di Giovanni.

La stessa Meloni spera che la “giustizia faccia quanto prima il suo corso“, anche se nutre perplessità, da come si può evincere dalla fine del suo post:

“la parola «giustizia» non potrà mai essere accostata a questa vicenda. Perché non è giusto morire così”.

Chi sono le altre vittime del killer di Fidene

Oltre a Nicoletta Golisano, si sa qualcosa anche delle due restanti vittime: Sabina Sperandio ed Elisabetta Silenzi.

Secondo Repubblica, di Sabina Sperandio si sa solo che era una pensionata di 70 anni, nonché consigliera del consorzio Valleverde.

Di Elisabetta Silenzi si sa invece che era una 55enne, nata a Roma il 24 marzo 1967, madre di due figlie e separata dal marito. Oltre alla Nicoletta Golisano, anche Elisabetta aveva deciso di partecipare alla riunione, anche perché unica dipendente pagata dal consorzio, in qualità di segretaria contabile.

Tutte e tre erano partecipi a quella riunione, abbastanza informale, all’interno di un gazebo nei pressi di un bar a Fidene, a Roma, e tutte per conto di un consorzio che amministra un’area turistica residenziale di oltre 25 ettari tra i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda (Rieti).

Oltre a loro sono state colpite due donne: una 80enne ora ricoverata al Policlinico Gemelli per una grave ferita al cranio, e una 50enne, ricoverata al Policlinico Sant’Andrea, sempre con ferite gravi al cranio.

Fortunatamente il killer di Fidene è stato prontamente fermato dagli altri consorziati, anche grazie all’inceppo della pistola.

Se così non fosse, avrebbe potuto continuare a sparare: la polizia lo ha trovato in possesso di 170 proiettili e di un secondo caricatore. E probabilmente sarebbe scappato, dato che, oltre ai proiettili, sono stati trovati anche un passaporto e 6000 euro in contanti.

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Perché Nicoletta Golisano è stata uccisa

Oltre ad essere una commercialista, Nicoletta Golisano era anche revisore contabile per conto del consorzio Valleverde.

Lei stessa partecipava al consiglio di amministrazione consortile, riunito per l’occasione la mattina dell’11 dicembre, in Via Monte Giberto.

A riferirlo è l’ADC, l’organizzazione sindacale rappresentativa dei dottori commercialisti ed esperti contabili. L’organizzazione ha confermato l’iscrizione di Nicoletta Golisano, e anche la sua presenza alla riunione.

Si presume che sia per il suo ruolo all’interno del consorzio che Claudio Campiti, il killer di Fidene, abbia deciso di sparare a Nicoletta e alle altre tre donne, con la sua pistola semiautomatica Glock, trafugata da un poligono di Tor di Quinto.

Infatti, tra le vittime della strage, una era segretaria della presidente del consorzio, e l’altra una consigliera del consorzio stesso.

Da tempo Claudio Campiti, nel suo blog privato, accusava il consorzio di malefatte ai suoi danni, non lesinando minacce vere e proprie ai suoi iscritti.

Proprio per queste minacce i Carabinieri avevano impedito a Claudio Campiti di ottenere un porto d’armi, quando fece richiesta tempo addietro.

Stando a quanto raccontato dai superstiti della strage, sembrerebbe che all’origine di questo comportamento folle ci sia un tragico evento: la morte del figlio 14enne, nel 2012, per un banale incidente con lo slittino.

Leggi anche: Chi è Claudio Campiti, il killer di Fidene con un passato tormentato

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